Le cerimonie del drago tonante
La maggior parte degli dzong e dei goemba
celebrano in settembre i cham, danze e feste annuali che propongono
ipnotici spettacoli di danza. Le più importanti vengono chiamate
tsechu e prevedono danze in onore di Guru Rinpoche. Le danze vengono
eseguite da monaci e da laici vestiti con abiti colorati, e i
danzatori assumono l’aspetto di divinità adirate o compassionevoli,
eroi, demoni e animali. Durante le danze gli atsara (pagliacci)
scimmiottano i danzatori ed eseguono numeri comici, tormentando il
pubblico per farsi dare soldi in cambio della benedizione di un
fallo di legno!
Calendario annuale per mese
Cham, le Danze rituali
A cura di Pietro Verni, coautore di "Tibet
le danze rituali dei lama" (Verni Piero ; Sevegnani Vicky 1990)
Uno degli aspetti più complessi ed
affascinanti dell'intera tradizione tibetana è senza dubbio
costituito dai cham, le danze rituali eseguite dai monaci buddhisti
e da quelli appartenenti al Bon, l'antica religione autoctona del
Tibet. La policromia di costumi, maschere e ornamenti; i suoni
profondi e drammatici degli strumenti musicali; la potenza simbolica
dei movimenti dei danzatori e le stesse valenze archetipiche delle
"storie meravigliose" raccontate tramite i cham, sono comunicazioni
che toccano con forza il cuore e la mente di quanti assistono alla
sacra rappresentazione.
La maggior parte delle danze rituali
viene eseguita pubblicamente nei cortili dei monasteri davanti a un
gran pubblico che, a volte, giunge da luoghi distanti settimane o
mesi di cammino . Tutte le fasi del cham sono scandite dal suono di
un'orchestra monastica la cui composizione può variare da cinque-sei
elementi a oltre una ventina. Gli strumenti usati dall'orchestra
sono per lo più i cembali (rolmo), i tamburi a manico (nga), le
trombe telescopiche (dung-chen) e quelle corte (gya-ling).
La danza rituale fa parte
dell'addestramento interiore del praticante e comprende anche
meditazioni, visualizzazioni ed elaborate tecniche di
concentrazione. Si può definire il cham, sia pure con una certa
libertà di linguaggio, una sorta di meditazione in movimento. Per
suo tramite il danzatore, aiutato dalla musica, da apposite
preghiere e dal simbolismo dei costumi che indossa, entra in un
rapporto diretto con la divinità che rappresenta. Infatti ogni
danzatore esegue la danza di un ben preciso personaggio del pantheon
tantrico e con esso stabilisce un legame profondo. Il monaco, grazie
al potere del cham, "diventa" la divinità stessa, ci si identifica
completamente e, tramite questa identificazione, ne acquisisce le
qualità fondamentali raggiungendo così una superiore consapevolezza
spirituale: è in questo stato mentale completamente purificato e
trasfigurato che deve danzare.
Attraverso la meditazione in rapporto
alla divinità il praticante tantrico purifica la sua intera
struttura psico-fisica e quindi "protegge" quelle che vengono
chiamate le tre basi: corpo, parola e mente. Proteggere il corpo
significa assumere le varie attitudini della divinità in modo da
rimuovere l'apparenza "ordinaria" del corpo. Proteggere la parola
vuol dire che il danzatore mentre esegue il cham deve continuamente
ripetere un mantra (formula di preghiera) della divinità o, se
canta, deve essere in accordo con la particolare melodia associata
ad essa. Infine, con protezione della mente, si intende quello stato
di consapevolezza interiore che mette in grado il danzatore, mentre
esegue i differenti movimenti rituali, di non essere distratto da
nulla, di essere pienamente concentrato sulla dignità che il suo
"ruolo" comporta.
Il cham viene solitamente diviso in tre
livelli: esterno, interno e segreto. Al livello esterno appartengono
le gestualità, i movimenti e i "passi" veri e propri che sono
l'oggetto della coscienza visiva. Quello interno si riferisce invece
ai diversi ornamenti simbolici indossati dai danzatori; ad esempio
la collana è in relazione con la perfezione della generosità, gli
orecchini a quella della pazienza, i bracciali a quella della
moralità, e così via. Quello segreto è il livello più profondo. Si
tratta della dimensione nella quale la mente di colui che danza è
del tutto purificata e "dimora" nella visione, lo stato di totale
chiarezza al di là delle concettualizzazioni. Quello stato dove le
cose vengono viste nella loro nuda essenzialità, così come esse
sono.
I principali personaggi dei cham sono in
genere le divinità, i Protettori della Fede (Dharmapala) e i maestri
con cui il monastero è particolarmente connesso. Vi sono inoltre
delle "figure" che compaiono praticamente in tutti i cham
indipendentemente dalle differenti scuole e tradizioni. Di queste
"figure" varrà la pena ricordarne alcune. I Signori dei Cimiteri (Durdag),
che portano una maschera raffigurante un teschio e indossano un
abito rappresentante uno scheletro, simboleggiano l'evoluzione della
mente verso la pura consapevolezza. I Cappelli Neri (Sha-nag),
praticamente gli unici danzatori che non hanno maschere sul volto,
affidano il loro messaggio simbolico ad un elaborato costume e ad un
largo cappello nero diviso in tre sezioni che rappresentano i tre
livelli di esistenza. La tesa ornata di pelliccia raffigura i più
elevati mondi spirituali dei reami senza forma (Arupadathu),
la calotta conica simboleggia il mondo delle dinamiche meditative e
delle forme spirituali (Rupadathu) e infine la parte
terminale è in relazione con il mondo del desiderio e degli esseri
umani e celesti (Kamadathu). Gli Animali, sovente legati al
ciclo della divinità Mahakala, svolgono spesso un ruolo di primo
piano nei cham, soprattutto il Cervo, il Corvo e il Toro e
solitamente incarnano il potere spirituale che riesce a sconfiggere
tutte le negatività (interiori ed esteriori).
Altrettanto importanti delle maschere e
dei costumi sono gli oggetti rituali che i danzatori impugnano
durante l'esecuzione dei cham. Anche gli oggetti altro non sono che
elementi simbolici attraverso i quali il danzatore articola il suo
discorso esteriore ed interiore. In passato molti dei viaggiatori
occidentali che assistevano a un cham non ne comprendevano
l'autentico significato e pensavano di trovarsi di fronte a
pantomime primitive o, peggio ancora, a riti di magia nera. Non
riuscivano a comprendere che, ad esempio, la maschera di una
divinità irata rappresenta, oltre che un Protettore della Fede anche
l'aspetto dinamico della mente; che il Pugnale a Tre Lame (Phurba)
impugnato dai danzatori altro non è che il simbolo della capacità
della coscienza di recidere i nodi dell'ignoranza metafisica. Non
riuscivano, cioè, a cogliere l'elemento essenziale del cham:
rappresentare un potente linguaggio espressivo tramite il quale
l'essere umano può entrare in contatto con le sue energie psichiche
più profonde e padroneggiarle lungo il cammino che conduce alla
liberazione interiore.
di Piero Verni (estratto dal sito di
Italia Tibet)
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