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lento pede ambulabis

Lhasa Tibet Breve

1-18 agosto 2024

con AnM e Marco Vasta nel Paese delle nevi

 

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Queste pagine sono una ipotesi di percorso che verrà predisposto in base al
Piano dei Voli definitivo

Yesteang e dintorni

Gongkhar ] [ Yarlung e Chongye ] Samye བསམ་ཡས་ ]

Valli di Yarlung e Chongye

 

Tsetang https://en.wikipedia.org/wiki/Tsetang

Valledello Yarlung https://en.wikipedia.org/wiki/Yarlung_Valley

Mindrolling Monastery https://en.wikipedia.org/wiki/Mindrolling_Monastery

 

Valle dello Yarlung

 

La Valle dello Yarlung (Yǎlǔ Liúyù) è considerata la culla della civiltà tibetana. I miti della creazione narrano come il popolo tibetano abbia avuto origine dall’unione tra una scimmia e un demone e le storie antiche raccontano che i primi re scesero dal cielo per mezzo di una corda sul Monte Yarlha Shanpo, ai margini occidentali della valle. Da questa sede nel VII secolo i primi re del Tibet avviarono il processo di unificazione del paese e i loro imponenti tumuli sepolcrali dominano ancora la zona occidentale di Chongye. Arroccato sulla sommità di un dirupo come un castello medievale europeo, lo Yumbulagang è considerato l’edificio più antico del Tibet, e nelle sue vicinanze si dice che si trovi il primo campo coltivato del paese.

 

Yumbulagang (ཡུམ་བུ་བླ་སྒང་, Yōngbùlākāng

 
 
 

Elegante e affusolata struttura che spunta da uno scosceso crinale affacciato sui campi della Valle dello Yarlung, lo Yumbulagang è considerato l’edificio più antico del Tibet. Tale doveva essere, per lo meno, la struttura originale, dal momento che gran parte del complesso che si può vedere oggi è stato ricostruito nel 1982 e nel 2018. In ogni caso, resta un palazzo di grande pregio, incorniciato da uno splendido scenario.

La fondazione dello Yumbulagang è avvolta dal mito. Secondo la versione più diffusa, il complesso fu costruito per il re Nyentri Tsenpo (Nyatri, Nièchì Zànpǔ) un personaggio effettivamente esistito ma anch’egli circondato da un’aura di leggenda. Si narra infatti che questa figura sia discesa dal cielo e sia stata accolta come sovrano dalle genti della Valle dello Yarlung.

Tra i castelli di quest'epoca solo uno si è conservato sino ai giorni nostri: Yumbu Lhakhang. Alto e imponente, esso si erge sulla cima di un picco roccioso, i suoi muri imbiancati si inclinano leggermente verso l'interno, privi di finestre nei piani più bassi, mentre una torre a sezione quadrata consente la visuale in ogni direzione, nel raggio di chilometri. Yumbu Lhakhang offre una potente evocazione di quanto debba essere stata pericolosa la vita per i primi capi clan tibetani.

Sempre secondo il mito, nel V secolo presso lo Yumbulagang sarebbero caduti dal cielo oltre 400 testi sacri buddhisti (noti nel loro insieme come ‘Solenne Segreto’). I dipinti murali che adornano l’edificio illustrano il prodigioso volo di questi testi. Gli studiosi non sono ancora riusciti a stabilire con precisione la data di costruzione dell’edificio originale dello Yumbulagang; alcune stime farebbero pensare che le fondamenta siano state gettate oltre due millenni fa, ma è più verosimile che questo complesso sia stato fondato nel VII secolo, quando Songtsen Gampo iniziò a governare il Tibet.

La pianta dello Yumbulagang indica che in origine il suo complesso era una fortezza e aveva con ogni probabilità dimensioni di gran lunga superiori alla struttura attuale. Oggi è utilizzato come luogo di culto e vi abitano circa otto monaci, che svolgono anche il ruolo di custodi, in quanto nel 1999 dalla cappella principale sono state rubate 30 statue. L’elemento di maggior rilievo della costruzione è la torre, che si staglia nettamente sull’orizzonte della Valle dello Yarlung, apparendo molto più alta dei suoi 11 metri. La cappella del piano terra è consacrata agli antichi re tibetani. Accanto alla statua centrale del Buddha vi sono le raffigurazioni di Nyentri Tsenpo sulla sinistra e di Songtsen Gampo sulla destra, mentre lungo le pareti laterali sono allineate le statue di altri re e ministri. Al primo piano c’è un’altra cappella, che custodisce una statua di Chenresig simile a quella che si trova nel Potala. Vicino alla porta è possibile ammirare splendidi dipinti murali raffiguranti, tra le altre cose, Nyentri Tsenpo che discende dal cielo, il Monastero di Tradruk e l’arrivo di Guru Rinpoche nella grotta di meditazione di Sheldrak (situata sulle montagne che si ergono a ovest di Tsetang).

Con ogni probabilità, la parte più interessante della visita è la passeggiata lungo il crinale che sovrasta l’edificio, che se non altro consente di sfuggire alla sdolcinata musica pop cinese proveniente dal parcheggio sottostante. Con una facile salita di cinque minuti si può raggiungere un promontorio  ad accesso libero decorato con bandiere di preghiera, dal quale si gode un panorama mozzafiato.

Dalla parte opposta della valle rispetto allo Yumbulagang si estende una rigogliosa zona coltivata chiamata zortang, che si dice sia stato il primo campo coltivato del Tibet. Molti contadini che visitano questa valle vi prelevano un pugno di terra che ‒ una volta tornati a casa ‒ spargono sui loro appezzamenti per assicurarsi un raccolto abbondante.

 

Fonti:

Yungbulakang Palace https://en.wikipedia.org/wiki/Yungbulakang_Palace

Nyatri_Tsenpo https://it.wikipedia.org/wiki/Nyatri_Tsenpo

 

Monastero di Tradruk ཁྲ་འབྲུག་དགོན་པ་

Fondato durante il regno di Songtsen Gampo (VII secolo), il Monastero di Tradruk è uno dei complessi buddhisti più antichi del Tibet. Questo monastero fu costruito nello stesso periodo in cui vennero eretti il Jokhang e il Ramoche di Lhasa per soggiogare una leggendaria diavolessa della mitologia tibetana (di cui Tradruk immobilizza la spalla sinistra). Per costruire il monastero in questo punto, Songtsen Gampo dovette in un primo tempo assumere le sembianze di un falco (tra) per sconfiggere un drago (druk) locale, un evento che viene ricordato ancora oggi nel nome del monastero.

Nel XIV secolo il complesso monastico fu ampliato notevolmente e in seguito il V e il VII Dalai Lama promossero un’ulteriore espansione. Purtroppo durante la Rivoluzione Culturale il monastero venne gravemente profanato dalle Guardie Rosse.

L’ingresso del monastero si apre su un cortile circondato da chiostri. L’edificio al fondo del cortile presenta una pianta simile a quella del Jokhang, di cui porta lo stesso nome tibetano, Tsuglhakhang. Analogamente al Jokhang, questo monastero presenta un kora esterno e uno interno.

Al centro di questa parte del complesso si trova la cappella principale, che custodisce una statua di Tara bianca dotata del dono della parola nota come Drölma Sheshema, collocata sotto un parasole davanti ai resti delle statue di pietra di cinque Buddha Dhyani. Si narra che la statua di Jampelyang (Manjushri), collocata nell’angolo, sia giunta al monastero a nuoto durante un’inondazione.

Sulla sinistra si trova il Choegyel Lhakhang, contenente le statue di Songtsen Gampo, delle sue mogli e dei suoi ministri e frammenti delle statue dei Buddha Dhyani. Situato sulla destra, il Tuje Lhakhang ospita le statue di Chenresig, Jampelyang e Chana Dorje, le divinità che compongono la trinità tibetana nota come Rigsum Gonpo. Si dice che la stufa collocata sulla destra sia appartenuta alla principessa Wencheng (Wencheng Konjo), la consorte cinese di Songtsen Gampo.

Nella parte posteriore del primo piano si trova la cappella centrale, che custodisce un famoso thangka di Chenresig (chiamato Padmapani) realizzato con 29.000 perle, oltre a uno più antico raffigurante Sakyamuni, che sarebbe stato donato dalla principessa Wencheng a Songtsen Gampo. L’adiacente cappella della divinità protettrice custodisce un’insolita statua del dio hindu Brahma.

Vedi anche: Tradruk Temple https://en.wikipedia.org/wiki/Tradruk_Temple

 

Il tempio di Tradruk è il primo dei templi geomantici del Tibet dopo il Jokhang (ma alcune fonti ne indicano la priorità): si ritiene che fosse stato costruito da re Songtsen Gampo sulla spalla sinistra della orchessa supina, simbolizzante l'asprezza della terra del Tibet). Il toponimo deriverebbe da un falco (tra), emanazione delle meditazioni di re Sogtsen, che vinse un drago (druk) locale e facilitò la costruzione del tempio. Più tardi il luogo fu venerato come uno dei tre templi reali del Tibet dai sovrani Trsisong Detsen e Mune Tsepo. In quel periodo venivano officiate cerimonie della Vinaya e dell'Abidharma. Saccheggiato durante la persecuzione di Langdarma, il sito venne restaurato nel 1351, e più tardi, dal V Dalai lama, che aggiunse il tetto dorato, e dal VII Dalai lama. E' scomparsa la campana del portico (coeva di quella di Samye e del Jokang) e che risaliva al periodo Yarlung. Dal cortile si accede ad un circuito esterno (barkor).

(est) Di tutte le cappelle la più importante è il  Dolma Lhakang Tashi Jamnyon   (est) al centro. Questa è il tempio originale di Sogtsen Gampo. Conteneva le statue in pietra dei Buddha delle cinque famiglie proveniente dal monte Zodang Gompori ed una statua di Dolma "che consuma le offerte". Oggi  vi sono nuove statue in creta che contengono pezzi delle precedenti,

Sono stati aggiunti Otto Bodhisattva e i re guardiani. Rabten Lhakang  (nord) Mahaharunika ad undici teste mille braccia. Tuje Lhakang  (est) vecchia immagine di un Mahaharunika dalle mille braccia affiancata da Manjughosa e da Vajrapani. In un angolo vi è una pentola usata dalla regina Wengchen in persona. Tsepak Lhakang  (sud-est) Amitayus, affiaancato dalla Tara Bianca e Vijaya. Menlha Lhakang  (sud) Otto Buddha della medicina, al centro Vhaisajyaguru. Orgyen Lhakang  (sud) Camera esterna con immagine di Amitayus  e Mahakala e camera interna con Padma Shambava affiancato da Manadarava e da Yeshe Tsogyel. Tangdrol Lhakang  (sud) Dipinto con Tsongkapa circondato da i suoi discepoli. Cappelle del Primo piano Non rilevate ma interessanti.

Dalla relazione Lhasa 1998

Valle di Chongye

La Valle di Chongye occupa un posto speciale nel cuore dei tibetani, perché i primi re crearono un potente impero sull’altopiano più elevato al mondo; inoltre questa valle ospita il luogo di nascita del quinto Dalai Lama. Sebbene in seguito la capitale sia stata trasferita a Lhasa, questa valle rimase un territorio sacro, diventando il sito di sepoltura dei re tibetani, un luogo molto suggestivo circondato su tutti i lati da scoscese scarpate.

Vedi anche hhttps://en.wikipedia.org/wiki/Valley_of_the_Kings_(Tibet) 

 

Tumuli funerari di Chongye འཕྱོ ང་རྒྱ ས་སྲོ ང་བཙན་བང་བས

Le tombe dei re tibetani di Chongye sono tra le poche attrattive storiche del paese rimaste a testimoniare la civiltà tibetana fiorita prima dell’avvento del buddhismo. Le tesi sulla posizione e sul numero dei tumuli non sono unanimi: l’opinione più diffusa è che ne esistano 21, anche se finora ne sono stati identificati solo 16, anche perché questi siti hanno subito una forte erosione. Tutto sommato, i tumuli di terra sono appena visibili e piuttosto deludenti, ma in compenso è possibile ammirare un fantastico panorama su Chongye.

Sebbene molti dei sovrani sepolti in questo luogo siano strettamente associati all’affermazione del buddhismo sull’altopiano, il metodo di inumazione impiegato all’epoca è identico a quello del culto bön. Gli studiosi ritengono che i riti di sepoltura fossero officiati da sacerdoti bön e accompagnati da offerte sacrificali. Alcune recenti scoperte archeologiche hanno fatto avanzare l’ipotesi che all’epoca dei re della dinastia Yarlung l’interramento fosse una pratica più diffusa rispetto a quella di esporre le salme a cielo aperto e che non fosse riservato solo ai membri di corte.

Il più venerato di questi 10 sepolcri, nonché il più vicino alla strada principale, è la Tomba di Songtsen Gampo, lunga 130 m. Sulla sua sommità, a 13 m di altezza, sorge un piccolo tempio nyingmapa, per il quale non vale la pena di pagare l’ingresso. Il tumulo più lontano, visibile in alto sui pendii del Monte Mura, è la Tomba di Trisong Detsen.

 

Fonti

Songtsen Gampo https://it.wikipedia.org/wiki/Songtse

 

Il funerale di Songtsen Tsempo

La sepoltura di uno tsenpo era un'occasione solenne, che coinvolgeva svariati specialisti del rito e durava mesi o addirittura anni. In questi elaborati funerali reali, che richiamavano quelli di sciti, unni, turchi e mongoli, i tibetani preservarono i costumi dei propri antenati nomadi. Su- bito dopo la morte dello tsenpo, il suo corpo fu portato in un tempio per essere preparato alla sepoltura. Durante questa fase, chi voleva compiangerlo poteva omaggiarne la salma. I nobili mostravano il proprio dolore attraverso antichi gesti simbolici come dipingersi il volto di rosso, intrecciare e tagliare i capelli, lacerarsi il corpo.

Molti secoli prima, lo storico greco Erodoto era venuto a sapere dell'usanza dell'autolacerazione tra gli sciti che portavano il lutto per il proprio re. Anche i romani riscon trarono questa usanza fra gli unni, nelle cui sepolture sono state rinvenute trecce di capelli.

Quando giunse il momento della sepoltura di Songtsen, la salma fu condotta alla tomba con una magnifica processione. Un'immensa struttura di terra si ergeva dal suolo. Di questi gran di funerali rimangono solo alcune sporadiche descrizioni, suffi- cienti tuttavia a permetterci di immaginare il corteo di Songtsen serpeggiare e farsi strada lungo la valle dello Yarlung, sotto l'ombra della montagna dove i suoi antenati erano discesi per la prima volta sulla terra. Il carro funebre, ricco di gioielli, era accompagnato da sacerdoti che indossavano turbanti e copricapi di piume, avanzando al suggestivo suono dei corni, al fragore dei cembali e al timbro sordo dei tamburi. Quando la processione giunse dinanzi alla torreggiante tomba di terra, i sacerdoti eseguirono il sacrificio finale di cavalli e altri animali, intonando poi le parole sacre:

La lancia è affondata nel corpo dell'uccello,

la spada è conficcata nel corpo della lepre.

la forza della vita è spezzata.

la carcassa è gettata via.

 

Con ciò lo tsenpo, riposto in un sarcofago d'oro, fu sigillato nella tomba. Un grande tumulo trapezoidale, dalla forma simile quella delle tende reali, svettava sulla pianura. Persino oggi, la sepoltura di Songtsen (ora circondata da quelle degli tsenpo successivi) rimane una visione impressionante, alta 13 metri e lunga 130.

Questo sepolcro non costituiva una dimora a metà strada verso il paradiso: poiché la loro corda celeste era stata recisa, gli tsenpo non potevano fare ritorno in cielo. Sembra che i tibetani, come i turchi, credessero che lo spirito dei loro re continuasse a vivere all'interno della tomba, che era perciò costruita nel modo più confortevole possibile, provvista di tesori e di tutte le necessità, servi inclusi.

Nei tempi più antichi, l'usanza richiedeva che i principali alleati dello tsenpo, quei ministri che gli avevano prestato giuramento di fedeltà, venissero sacrificati e seguissero il proprio sovrano nella tomba. Sebbene questo tipo di sacrificio umano fosse praticato nelle esequie reali da molte popolazioni dell'Asia centrale, pare che al tempo della morte di Songtsen questa pratica fosse diventata un po' meno crudele, se non meno inquietante. Anziché essere uccisi, i servitori dello tsenpo divenivano morti viventi, costretti a trascorrere il resto delle proprie vite all'interno dei confini dell'area sepolcrale, prendendosene cura e accettando le offerte allo tsenpo defunto. Essi vivevano di quel che potevano coltivare nei pressi della tomba, delle donazioni e di tutto il bestiame che vagava per quei terreni. Si pensava inoltre che ciò che essi toccavano divenisse parte del regno dei morti e nessun vivo avrebbe tentato di reclamarlo. Una volta completata l'inumazione dello tsenpo, la tomba fu sigillata con un pilastro di roccia.

Tratto da Tibet, Storia di un popolo e di una nazione di Sam Van Schaik, pp 39-40

 

 

   

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Ultima modifica: 13/07/2024 18:02:26

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