Valle dello Yarlung
La Valle dello Yarlung (Yǎlǔ Liúyù) è considerata
la culla della civiltà tibetana. I miti della creazione
narrano come il popolo tibetano abbia avuto origine
dall’unione tra una scimmia e un demone e le storie
antiche raccontano che i primi re scesero dal cielo per
mezzo di una corda sul Monte Yarlha Shanpo, ai
margini occidentali della valle. Da questa sede
nel VII secolo i primi re del Tibet avviarono il
processo di unificazione del paese e i loro imponenti
tumuli sepolcrali dominano ancora la zona occidentale di
Chongye. Arroccato sulla sommità di un dirupo come un
castello medievale europeo, lo Yumbulagang
è considerato l’edificio più antico del Tibet, e
nelle sue vicinanze si dice che si trovi il primo campo
coltivato del paese.
Yumbulagang (ཡུམ་བུ་བླ་སྒང་,
Yōngbùlākāng
Elegante e affusolata struttura che
spunta da uno scosceso crinale affacciato sui campi
della Valle dello Yarlung, lo Yumbulagang è considerato
l’edificio più antico del Tibet. Tale doveva essere, per
lo meno, la struttura originale, dal momento che gran
parte del complesso che si può vedere oggi è stato
ricostruito nel 1982 e nel 2018. In ogni
caso, resta un palazzo di grande pregio, incorniciato da
uno splendido scenario.
La fondazione dello Yumbulagang è
avvolta dal mito. Secondo la versione più diffusa, il
complesso fu costruito per il re Nyentri
Tsenpo (Nyatri, Nièchì Zànpǔ) un personaggio effettivamente esistito ma
anch’egli circondato da un’aura di leggenda. Si narra
infatti che questa figura sia discesa dal cielo e sia
stata accolta come sovrano dalle genti della Valle dello Yarlung.
Tra i castelli di quest'epoca solo uno
si è conservato sino ai giorni nostri: Yumbu Lhakhang.
Alto e imponente, esso si erge sulla cima di un picco
roccioso, i suoi muri imbiancati si inclinano
leggermente verso l'interno, privi di finestre nei piani
più bassi, mentre una torre a sezione quadrata consente
la visuale in ogni direzione, nel raggio di chilometri.
Yumbu Lhakhang offre una potente evocazione di quanto
debba essere stata pericolosa la vita per i primi capi
clan tibetani.
Sempre secondo il mito, nel V secolo
presso lo Yumbulagang sarebbero caduti dal cielo oltre
400 testi sacri buddhisti (noti nel loro insieme
come ‘Solenne Segreto’). I dipinti murali che
adornano l’edificio illustrano il prodigioso volo di
questi testi. Gli studiosi non sono ancora riusciti a
stabilire con precisione la data di costruzione
dell’edificio originale dello Yumbulagang; alcune stime
farebbero pensare che le fondamenta siano state gettate
oltre due millenni fa, ma è più verosimile che questo
complesso sia stato fondato nel VII secolo, quando
Songtsen Gampo iniziò a governare il Tibet.
La pianta dello Yumbulagang indica che
in origine il suo complesso era una fortezza e aveva con
ogni probabilità dimensioni di gran lunga superiori alla
struttura attuale. Oggi è utilizzato come luogo di culto
e vi abitano circa otto monaci, che svolgono anche il
ruolo di custodi, in quanto nel 1999 dalla cappella
principale sono state rubate 30 statue. L’elemento di
maggior rilievo della costruzione è la torre, che si
staglia nettamente sull’orizzonte della Valle dello Yarlung, apparendo molto più alta dei suoi 11 metri. La
cappella del piano terra è consacrata agli antichi
re
tibetani. Accanto alla statua centrale del Buddha vi
sono le raffigurazioni di Nyentri Tsenpo sulla sinistra
e di Songtsen Gampo sulla destra, mentre lungo le pareti
laterali sono allineate le statue di altri re e
ministri. Al primo piano c’è un’altra cappella, che
custodisce una statua di Chenresig simile a quella che
si trova nel Potala. Vicino alla porta è possibile
ammirare splendidi dipinti murali raffiguranti, tra le
altre cose, Nyentri Tsenpo che discende dal
cielo, il Monastero di Tradruk e l’arrivo di Guru
Rinpoche nella grotta di meditazione di Sheldrak
(situata sulle montagne che si ergono a ovest di Tsetang).
Con ogni probabilità, la parte più
interessante della visita è la passeggiata lungo il
crinale che sovrasta l’edificio, che se non altro
consente di sfuggire alla sdolcinata musica pop cinese
proveniente dal parcheggio sottostante. Con una facile
salita di cinque minuti si può raggiungere un
promontorio ad accesso libero decorato con bandiere di
preghiera, dal quale si gode un panorama mozzafiato.
Dalla parte opposta della valle rispetto
allo Yumbulagang si estende una rigogliosa zona
coltivata chiamata zortang, che si dice sia stato il
primo campo coltivato del Tibet. Molti contadini che
visitano questa valle vi prelevano un pugno di terra che
‒ una volta tornati a casa ‒ spargono sui loro
appezzamenti per assicurarsi un raccolto abbondante.
Fonti:
Yungbulakang Palace https://en.wikipedia.org/wiki/Yungbulakang_Palace
Nyatri_Tsenpo
https://it.wikipedia.org/wiki/Nyatri_Tsenpo
Monastero di Tradruk ཁྲ་འབྲུག་དགོན་པ་
Fondato durante il regno di Songtsen
Gampo (VII secolo), il Monastero di Tradruk è uno
dei complessi buddhisti più antichi del Tibet. Questo
monastero fu costruito nello stesso periodo in cui
vennero eretti il Jokhang e il Ramoche di
Lhasa per soggiogare una leggendaria diavolessa della
mitologia tibetana (di cui Tradruk immobilizza la spalla
sinistra). Per costruire il monastero in questo punto,
Songtsen Gampo dovette in un primo tempo assumere le
sembianze di un falco (tra) per sconfiggere un drago (druk)
locale, un evento che viene ricordato ancora oggi nel
nome del monastero.
Nel XIV secolo il complesso monastico fu
ampliato notevolmente e in seguito il V e il VII Dalai
Lama promossero un’ulteriore espansione. Purtroppo
durante la Rivoluzione Culturale il monastero venne
gravemente profanato dalle Guardie Rosse.
L’ingresso del monastero si apre su un
cortile circondato da chiostri. L’edificio al fondo del
cortile presenta una pianta simile a quella del Jokhang,
di cui porta lo stesso nome tibetano, Tsuglhakhang.
Analogamente al Jokhang, questo monastero presenta un
kora esterno e uno interno.
Al centro di questa parte del complesso
si trova la cappella principale, che custodisce una
statua di Tara bianca dotata del dono della parola nota
come Drölma Sheshema, collocata sotto un parasole
davanti ai resti delle statue di pietra di cinque Buddha
Dhyani. Si narra che la statua di Jampelyang (Manjushri),
collocata nell’angolo, sia giunta al monastero a nuoto
durante un’inondazione.
Sulla sinistra si trova il Choegyel
Lhakhang, contenente le statue di Songtsen Gampo, delle
sue mogli e dei suoi ministri e frammenti delle statue
dei Buddha Dhyani. Situato sulla destra, il Tuje
Lhakhang ospita le statue di Chenresig, Jampelyang e
Chana Dorje, le divinità che compongono la trinità
tibetana nota come Rigsum Gonpo. Si dice che la
stufa collocata sulla destra sia appartenuta alla
principessa Wencheng (Wencheng Konjo), la consorte
cinese di Songtsen Gampo.
Nella parte posteriore del primo piano
si trova la cappella centrale, che custodisce un famoso
thangka di Chenresig (chiamato Padmapani)
realizzato con 29.000 perle, oltre a uno più antico
raffigurante Sakyamuni, che sarebbe stato donato dalla
principessa Wencheng a Songtsen Gampo. L’adiacente
cappella della divinità protettrice custodisce
un’insolita statua del dio hindu Brahma.
Vedi anche: Tradruk
Temple https://en.wikipedia.org/wiki/Tradruk_Temple
Il tempio di Tradruk è
il primo dei templi geomantici del Tibet dopo il Jokhang (ma alcune fonti ne
indicano la priorità): si ritiene che fosse stato costruito da re Songtsen
Gampo sulla spalla sinistra della orchessa supina, simbolizzante l'asprezza
della terra del Tibet). Il toponimo deriverebbe da un falco (tra), emanazione
delle meditazioni di re Sogtsen, che vinse un drago (druk) locale e facilitò
la costruzione del tempio. Più tardi il luogo fu venerato come uno dei tre
templi reali del Tibet dai sovrani Trsisong Detsen e Mune Tsepo.
In quel periodo
venivano officiate cerimonie della Vinaya e dell'Abidharma. Saccheggiato
durante la persecuzione di Langdarma, il sito venne restaurato nel 1351, e più
tardi, dal V Dalai lama, che aggiunse il tetto dorato, e dal VII Dalai lama.
E' scomparsa la
campana del portico (coeva di quella di Samye e del Jokang) e che risaliva al
periodo Yarlung.
Dal cortile si accede
ad un circuito esterno (barkor).
(est) Di tutte le
cappelle la più importante è il Dolma Lhakang Tashi Jamnyon (est) al
centro. Questa è il tempio originale di Sogtsen Gampo. Conteneva le statue in pietra dei
Buddha delle cinque famiglie proveniente dal monte
Zodang Gompori
ed una statua di Dolma "che consuma le offerte". Oggi vi sono nuove statue in
creta che contengono pezzi delle precedenti,
Sono stati aggiunti Otto
Bodhisattva e i re guardiani.
Rabten Lhakang
(nord) Mahaharunika ad undici
teste mille braccia.
Tuje Lhakang
(est) vecchia immagine di un
Mahaharunika dalle mille braccia affiancata da Manjughosa e da Vajrapani. In
un angolo vi è una pentola usata dalla regina Wengchen in persona.
Tsepak Lhakang
(sud-est) Amitayus, affiaancato
dalla Tara Bianca e Vijaya.
Menlha Lhakang
(sud) Otto Buddha della
medicina, al centro Vhaisajyaguru.
Orgyen Lhakang
(sud) Camera esterna con
immagine di Amitayus e Mahakala e camera interna con Padma Shambava
affiancato da Manadarava e da Yeshe Tsogyel.
Tangdrol Lhakang
(sud) Dipinto con Tsongkapa
circondato da i suoi discepoli.
Cappelle del Primo piano
Non rilevate ma interessanti.
Dalla relazione Lhasa 1998
Valle di Chongye
La Valle di Chongye occupa un posto
speciale nel cuore dei tibetani, perché i primi re
crearono un potente impero sull’altopiano più elevato al
mondo; inoltre questa valle ospita il luogo di nascita
del quinto Dalai Lama. Sebbene in seguito la capitale
sia stata trasferita a Lhasa, questa valle rimase un
territorio sacro, diventando il sito di sepoltura dei re
tibetani, un luogo molto suggestivo circondato su tutti
i lati da scoscese scarpate.
Vedi anche hhttps://en.wikipedia.org/wiki/Valley_of_the_Kings_(Tibet)
Tumuli funerari di Chongye འཕྱོ ང་རྒྱ ས་སྲོ ང་བཙན་བང་བས
Le tombe dei re tibetani di Chongye sono
tra le poche attrattive storiche del paese rimaste a
testimoniare la civiltà tibetana fiorita prima
dell’avvento del buddhismo. Le tesi sulla posizione e
sul numero dei tumuli non sono unanimi: l’opinione più
diffusa è che ne esistano 21, anche se finora ne sono
stati identificati solo 16, anche perché questi siti
hanno subito una forte erosione. Tutto sommato, i tumuli
di terra sono appena visibili e piuttosto deludenti, ma
in compenso è possibile ammirare un fantastico panorama
su Chongye.
Sebbene molti dei sovrani sepolti in
questo luogo siano strettamente associati
all’affermazione del buddhismo sull’altopiano, il metodo
di inumazione impiegato all’epoca è identico a quello
del culto bön. Gli studiosi ritengono che i riti di
sepoltura fossero officiati da sacerdoti bön e
accompagnati da offerte sacrificali. Alcune recenti
scoperte archeologiche hanno fatto avanzare l’ipotesi
che all’epoca dei re della dinastia Yarlung
l’interramento fosse una pratica più diffusa rispetto a
quella di esporre le salme a cielo aperto e che non
fosse riservato solo ai membri di corte.
Il più venerato di questi 10 sepolcri,
nonché il più vicino alla strada principale, è la Tomba
di Songtsen Gampo, lunga 130 m. Sulla sua sommità, a 13
m di altezza, sorge un piccolo tempio nyingmapa, per il
quale non vale la pena di pagare l’ingresso. Il tumulo
più lontano, visibile in alto sui pendii del Monte Mura,
è la Tomba di Trisong Detsen.
Fonti
Il funerale di Songtsen
Tsempo
La sepoltura di uno tsenpo era
un'occasione solenne, che coinvolgeva svariati
specialisti del rito e durava mesi o addirittura anni.
In questi elaborati funerali reali, che richiamavano
quelli di sciti, unni, turchi e mongoli, i tibetani
preservarono i costumi dei propri antenati nomadi. Su-
bito dopo la morte dello tsenpo, il suo corpo fu portato
in un tempio per essere preparato alla sepoltura.
Durante questa fase, chi voleva compiangerlo poteva
omaggiarne la salma. I nobili mostravano il proprio
dolore attraverso antichi gesti simbolici come
dipingersi il volto di rosso, intrecciare e tagliare i
capelli, lacerarsi il corpo.
Molti secoli prima, lo storico greco
Erodoto era venuto a sapere dell'usanza dell'autolacerazione
tra gli sciti che portavano il lutto per il proprio re.
Anche i romani riscon trarono questa usanza fra gli
unni, nelle cui sepolture sono state rinvenute trecce di
capelli.
Quando giunse il momento della sepoltura
di Songtsen, la salma fu condotta alla tomba con una
magnifica processione. Un'immensa struttura di terra si
ergeva dal suolo. Di questi gran di funerali rimangono
solo alcune sporadiche descrizioni, suffi- cienti
tuttavia a permetterci di immaginare il corteo di
Songtsen serpeggiare e farsi strada lungo la valle dello
Yarlung, sotto l'ombra della montagna dove i suoi
antenati erano discesi per la prima volta sulla terra.
Il carro funebre, ricco di gioielli, era accompagnato da
sacerdoti che indossavano turbanti e copricapi di piume,
avanzando al suggestivo suono dei corni, al fragore dei
cembali e al timbro sordo dei tamburi. Quando la
processione giunse dinanzi alla torreggiante tomba di
terra, i sacerdoti eseguirono il sacrificio finale di
cavalli e altri animali, intonando poi le parole sacre:
|
La lancia è affondata nel corpo
dell'uccello,
la spada è conficcata nel corpo della
lepre.
la forza della vita è spezzata.
la carcassa è gettata via.
Con ciò lo tsenpo, riposto
in un sarcofago d'oro, fu sigillato nella
tomba. Un grande tumulo trapezoidale, dalla
forma simile quella delle tende reali,
svettava sulla pianura. Persino oggi, la
sepoltura di Songtsen (ora circondata da
quelle degli tsenpo successivi) rimane una
visione impressionante, alta 13 metri e
lunga 130.
Questo sepolcro non
costituiva una dimora a metà strada verso il
paradiso: poiché la loro corda celeste era
stata recisa, gli tsenpo non potevano fare
ritorno in cielo. Sembra che i tibetani,
come i turchi, credessero che lo spirito dei
loro re continuasse a vivere all'interno
della tomba, che era perciò costruita nel
modo più confortevole possibile, provvista
di tesori e di tutte le necessità, servi
inclusi.
Nei tempi più antichi,
l'usanza richiedeva che i principali alleati
dello tsenpo, quei ministri che gli avevano
prestato giuramento di fedeltà, venissero
sacrificati e seguissero il proprio sovrano
nella tomba. Sebbene questo tipo di
sacrificio umano fosse praticato nelle
esequie reali da molte popolazioni dell'Asia
centrale, pare che al tempo della morte di
Songtsen questa pratica fosse diventata un
po' meno crudele, se non meno inquietante.
Anziché essere uccisi, i servitori dello
tsenpo divenivano morti viventi, costretti a
trascorrere il resto delle proprie vite
all'interno dei confini dell'area
sepolcrale, prendendosene cura e accettando
le offerte allo tsenpo defunto. Essi
vivevano di quel che potevano coltivare nei
pressi della tomba, delle donazioni e di
tutto il bestiame che vagava per quei
terreni. Si pensava inoltre che ciò che essi
toccavano divenisse parte del regno dei
morti e nessun vivo avrebbe tentato di
reclamarlo. Una volta completata
l'inumazione dello tsenpo, la tomba fu
sigillata con un pilastro di roccia.
Tratto da
Tibet, Storia di un
popolo e di una nazione di
Sam Van Schaik, pp 39-40 |
[ Precedente ] [ Successiva ] |