EtnieTratto dall'articolo I popoli tribali dell'Orissa di Giancarlo Banfi e Srikant Mishra in AnM 2003 01
MALLIA KONDHLe donne hanno facce, braccia e piedi tatuati con i motivi delle tigri. In particolare, i baffi delle tigri sono simboleggiati da due cerchi speculari ai lati delle labbra, in basso e le guance, inoltre, la fronte ha segni orizzontali atti a scacciare gli spiriti maligni, portano anelli d’oro e metallo a orecchie e naso, mentre gli uomini hanno i capelli lunghi raccolti a crocchia e indossano un perizoma. Queste “linee magiche” vengono disegnate da una donna anziana alle ragazze al momento del passaggio all’età adulta e sono segno di distinzione e di importanza. Sembra che il tatuaggio tragga origini dalla credenza secondo cui di notte con la magia nera uno sciamano potrebbe trasformare una donna in una tigre. Con il tatuaggio si vuole neutralizzare questa possibile trasformazione indicando che la donna è già una tigre. Le ragazze non tatuate difficilmente troveranno marito, perché si possono nella notte trasformarsi in tigri… In ogni caso, la tradizione sta cambiando perché di giovani senza tatuaggi se ne incontrano molte nei villaggi. Nella zona di Bataguda, dove si incontrano colorate campagne coltivate a riso e dolci colline abitano i Desia Kondh e i Mallia Kondh. Alcuni villaggi sono raggiungibili tramite la strada, che a volte addirittura è asfaltata. Più ci si allontana dalla strada, più le loro case si trasformano da tetto in lamiera e muri di cemento a tetto di paglia e mura di fango. Al centro dei villaggi che si sviluppano lungo un viale centrale si trova un “totem”, un palo sacrificale in legno, fatto a forma di testa di bufalo. I Kondh fino al secolo scorso compivano sacrifici umani, ora sostituiti da animali, per assicurarsi buoni raccolti. Il palo del totem fu utilizzato fino al 1933 come luogo sacrificale di bambini, sostituiti adesso dai bufali che lasciano morire lentamente per ingraziarsi con le lacrime le divinità. I pali sacrificali sono posti di fronte ad una capanna di legno di colore rosso dipinta col sangue. In questa capanna ci abiterà per due giorni il padrone del bufalo che nella cerimonia verrà sacrificato. Le cerimonie non hanno un giorno preciso dell’anno ma viene scelto un giorno nei mesi di febbraio e marzo, in periodo di plenilunio. Durante il giorno questi villaggi restano quasi completamente vuoti; sia le donne che gli uomini escono a lavorare nei campi, rimangono al villaggio solo gli anziani che spesso si occupano di custodire il raccolto e tengono i bambini piccoli. Agricoltura e pastorizia sono le loro fonti di vita. Al tramonto i campi di riso assumono tutte le tonalità dal verde al giallo a seconda del grado di maturazione. Crescono anche diverse piante di papaia, cocco, banane e anche sago palm e sal (dura come il tek). Torna su all'elenco delle etnie
DESIA KONDHVivono nella zona di Baliguda, abitano in capanne di paglia basse e sono più raggiungibili rispetto ai Dongriya che vivono sulle montagne. Le abitazioni sono pulite e son divise in due: nella parte anteriore i membri della famiglia con il focolare mangiano e dormono e nella parte posteriore vivono gli animali domestici di notte per proteggerli dai predatori. Credono nell’animismo e attribuiscono le malattie all’intervento di spiriti. Per tale motivo si affidano a degli sciamani che si occupano di riti e altre speciali cerimonie sacrificali per propiziare guarigioni e per scacciare il malocchio. I Desia sono monogami: solo se la moglie risulta sterile possono risposarsi, ma la prima moglie può decidere di vivere nella stessa casa. La peculiarità è che hanno delle barrette nelle narici di ottone da cui pende o un piattello o una pietra rossa. Sono stretti parenti dei Mallia Kondh, ma con case differenti. Al centro del villaggio si trova il totem una volta utilizzato per i sacrifici umani di bambini, sostituiti adesso con i bufali che lasciano morire lentamente per ingraziarsi le divinità. Fino a tempi relativamente recenti i Desia Kondh erano soggetti agli attacchi delle tigri, che ritenevano opera degli spiriti maligni delle foreste. Per esorcizzare questi spiriti, le donne Desia si tatuavano il volto, che ricalca in maniera stilizzata i baffi del grande felino. Nella piazza dei villaggi Desia Kondh sorge un palo totemico, un tempo utilizzato per i sacrifici umani, di solito bambini rapiti e acquistati dai mercanti hindū. Oggi si utilizzano i bufali, che vengono squartati e lasciati morire lentamente, per propiziarsi i favori degli spiriti. Torna su all'elenco delle etnie
DONGRIYA KONDH
I Dongriya vivono in villaggi di montagna, sulle colline Niyamgiri, una zona non facilmente raggiungibili, per questo hanno mantenuto più intatta la loro cultura tradizionale. Contano circa 8.000 persone. Sono una popolazione abbastanza aggressiva e scostante, li si trova numerosi al mercato settimanale di Bisamatak. Il loro, è un territorio di spettacolare bellezza, coperto di dense foreste, popolate da una grande varietà di animali tra cui tigri, elefanti e leopardi. Sui fianchi delle colline, i Dongria Kondh coltivano le messi, raccolgono frutti spontanei e selezionano foglie e fiori destinati alla vendita. Per dieci anni i Dongria Kondh, la cui identità è strettamente legata alle colline di Niyamgiri, hanno lottato per la sopravvivenza del loro stile di vita. Essere un Dongria Kondh significa vivere sulle colline di Niyamgiri, nello Stato indiano di Orissa – e in nessun altro luogo. I Dongriya si sono dati, infatti, il nome di Jharnia, ovvero “protettori dei torrenti”, perché a loro spetta il compito speciale di proteggere la montagna sacra, Niyam Dongar, dimora del Dio della montagna, Niyam Raja, che domina le colline. I Dongria Kondh hanno una profonda venerazione per le loro divinità, per le colline e i corsi d’acqua e questa venerazione si può riscontrare in ogni aspetto della loro vita, anche nelle loro espressioni artistiche spesso rappresentate da montagne di aspetto triangolare. I villaggi sono formati da lunghissime case dal tetto in paglia adattate perfettamente ai lineamenti del pendio. Le donne bellissime sono riconoscibili per i tre orecchini che adornano le narici,le grosse collane tonde in bronzo o alluminio e per il sari bianco di cotone finissimo, orlato da una banda rossa o viola, portano i capelli avvolti intorno ad un cuscinetto di stoffa, fissati su di esso con numerose spille e, dentro a questa acconciatura sono solite conservare un piccolo falcetto in metallo da avere a portata di mano per piccole esigenze quotidiane o per essere venduti al mercato. Alcune hanno tatuaggi, indossano orecchini e numerose collane in bronzo e alluminio. Le mani e le braccia sono ornate da anelli e numerosi braccialetti con le decorazioni a rombo che rappresentano il sangue dei sacrifici rituali. Anche le ragazze giovani mantengono le tradizioni. Al mercato di Chatikona, il mercoledì, le donne Dongriya vestite dei loro abiti e collane scendono in fila indiana dalle montagne con le cesta piene di verdure e frutti sopra le teste. Sono ostili agli stranieri perché pensano possano contaminare e inquinare i loro totem. Non si possono fotografare direttamente, ma solo nel mercato. Nel villaggio ci sono due dormitori, uno per ragazzi e uno per ragazze, ed un dormitorio per gli ospiti d’altri villaggi che si trattengono dopo le feste. Tra i Dongriya vige l’istituzione pre-matrimoniale dei dormitori, per una sorta di iniziazione sessuale improntata ad una estrema libertà. Le ragazze del villaggio tra i 10 e i 15 anni si raccolgono presso un dormitorio, dove confluiscono i ragazzi dagli altri villaggi. I giovani si incontrano in occasioni di feste e danzano insieme (ragazzi e ragazze) sfidandosi reciprocamente. Le ragazze cantano canzoni provocatorie ed i ragazzi rispondono a rima. Un ragazzo lancia alla prescelta la sciarpa, tradizionalmente tessuta e ricamata a mano da una sorella: se la ragazza l’accetta passano la notte insieme nel dormitorio comune. A differenza della società hindū, fra i tribali anche il matrimonio è in genere basato sulla reciproca attrazione, la dote viene pagata alla famiglia della sposa e tutto il villaggio partecipa alla transazione. I matrimoni avvengono tra i sei clan che compongono l’etnia. La convivenza può durare anche per un lungo periodo, finché non decidono di sposarsi. Si possono lasciare senza particolari formalità sia le femmine sia i maschi; se uno dei due non si rassegna alla separazione, l’altro può ricorrere al consiglio del villaggio che dirime la situazione. Utilizzano come colori distintivi il rosso, che rappresenta il sangue e l’offerta alla madre terra, il giallo che esprime l’amicizia e il verde, che simboleggia l’energia degli alberi. Tutto questo territorio è minacciato dalla compagnia britannica Vedanta Resources che sfrutta i ricchi giacimenti di bauxite, dalle cui rocce si estrae l’alluminio inquinando il terreno e le fonti d’acqua. La miniera ha violato i loro diritti in quanto popoli nativi, oltre che quelli all'acqua, al cibo, alla salute e al lavoro. I Dongria combattono ogni giorno la loro battaglia per proteggere le colline di Niyamgiri dove vivono, ma la loro battaglia è senza voce.
Altre fonti:
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Il nome Kutia significa colui che rompe o distrugge. Vivono in remote e spesso inaccessibili colline all’estremo sud-ovest nell’area di Belghar, circa 16.000 persone. Sono un popolo docile e amante della pace. Dediti all’agricoltura ed alla caccia, al centro dei loro villaggi sorge il palo sacrificale o totem, con la forma di testa di bufalo con due lunghissime corna. Sono legati alle loro tradizioni e la loro identità culturale è stata preservata, grazie al loro isolamento. Le loro abitazioni sorgono sempre sulle colline e le capanne sono allineate lungo una “piazza”, disposta in modo che l’asse scorra dall’alto della collina verso il basso: la struttura è di legno intrecciato e ricoperta da fango essiccato che a volte viene ornato da graffiti triangolari, il triangolo è un elemento simbolico ricorrente tra tutte le tribù Kondh. Al centro della piazza sorge il palo sacrificale con la forma di testa di bufalo con due lunghissime corna, talvolta ornato con fregi triangolari o romboidali. I Kutia sono molto gelosi delle loro tradizioni e sfuggono al contatto con gli stranieri, la cui presenza viene segnalata con l’uso di tamtam. Per questo motivo ai visitatori i villaggi si mostrano pressoché vuoti, con pochi abitanti chiusi dentro le capanne e la maggior parte del villaggio nella foresta. A differenza delle Desia Kondh, le donne kutia non usano i tatuaggi per esorcizzare gli spiriti maligni, ma talvolta si adornano le guance e la fronte con tre semplici puntini. Torna su all'elenco delle etnie BONDALa tribù Bonda è arrivata ai giorni nostri con le sue tradizioni quasi intatte grazie all’isolamento dalla modernizzazione. E’ una delle popolazioni più povere dell’Orissa e sono noti come “i pigmei dell’Orissa” per la loro bassa statura, sono australoidi ed hanno tratti mongoloidi nella forma del naso e nel taglio degli occhi. I componenti delle tribù Bonda vivono in villaggi lontani dai centri abitati sulle colline a sud di Jeypore, coltivando terreni poco accessibili con tecniche primitive. I villaggi bonda sono esogami per necessità di sopravvivenza, e gli uomini considerano le donne del proprio clan come sorelle o parenti. Infatti, il problema della consanguineità, lo spirito bellicoso che provoca ogni anno diversi morti, l’alta mortalità infantile sono le cause principali del costante decremento della popolazione, che oggi si aggira sui 9000 individui. Amano cacciare, combattere e uccidere; si muovono infatti sempre armati di arco, frecce e un pugnale affilatissimo. Sterminata ormai la selvaggina locale, di cui si cibavano, le loro terre sono state aggredite dalle compagnie minerarie, che hanno depauperato il loro ambiente. Oggi nelle sue coltivazioni impervie il popolo dei bonda è costretto a dedicarsi a un’agricoltura di pura sussistenza secondo la tecnica del “taglia e brucia”. Semi di ortaggi differenti vengono seminati in modo scomposto e casuale sui terreni, le rese sono bassissime, e queste coltivazioni rudimentali difficilmente garantiscono raccolti abbondanti. Gli uomini vestono un perizoma bianco, portano diversi orecchini e un’acconciatura asimmetrica, mentre le donne, che vestono gonnellini di rafia, costruiscono con perline interi tessuti da usare sulle teste rasate e collane talmente grandi da fungere da abiti; usano anche massicci anelli di metallo attorno al collo. Le donne Bonda si adornano di numerosissimi fili di perline colorate gialle, arancio e bianche (probabilmente, come per le “donne giraffa” thailandesi, un tempo ciò le preservava dagli attacchi alla giugulare da parte delle tigri)., indossate per coprire i magri seni e la testa rasata, il “ringa”, un succinto gonnellino di rafia a righe tessuto al telaio di casa, è poggiato sui fianchi; sembrano delle gazzelle su una passerella tanto sono altere, magre, belle, le gambe magrissime, i piedi nudi e l’incedere deciso e fiero. L’abbigliamento è completato da larghi e spessi collari di bronzo o alluminio e da bracciali e cinture con conchiglie; per coprirsi hanno un mantello blu di cotone. Questi collari, insieme agli orecchini dorati, i bracciali e le cinture in parte sottolineano lo status sociale. Secondo una leggenda una dea dai lunghi capelli venne offesa e derisa da alcune donne Bonda mentre faceva il bagno vestita. Per questa ragione, la dea le maledisse e impose loro il taglio dei capelli e la nudità perenne. Sembrano le più socievoli tra le donne dell’area tribale, ma la loro disponibilità ad avvicinarsi è finalizzata alla vendita delle loro collane.
Il giovedì è possibile vedere i Bonda al mercato di Onkudelli, dove si recano per approvvigionarsi di generi alimentari che non possono ricavare dalle loro coltivazioni sulle colline. Non avendo grandi fonti di reddito spesso gli acquisti si concludono con il metodo del baratto. I Bonda fanno acquisti offrendo i loro prodotti in cambio delle merci necessarie al villaggio Si tratta di ortaggi e prodotti della foresta, ma anche manufatti tessili prodotti con fibre e colori naturali e diverse varietà di bevande alcoliche. I Bonda sono infatti noti produttori ed anche utilizzatori di bevande alcoliche. Queste bevande sono distillate da vari elementi vegetali quali palma, fiori e riso e vengono trasportate in contenitori metallici. Nei giorni di mercato gli uomini giungono sovente a sera ubriachi, e non di rado capita anche alle donne. Forse è un modo per dare una dimostrazione del potere di questi distillati. Se visitate i mercati alla ricerca delle persone della tribù Bonda è consigliabile stare lontani dalle zone nelle quali si commerciano gli alcolici, che sono facilmente individuabili ad un occhio attento. I Bonda infatti sono anche noti per essere irascibili e bellicosi, meglio una foto da lontani e magari senza farsi notare. Altro prodotto che le donne Bonda confezionano per la vendita sono le scope di saggina. Purtroppo il commercio delle scope non è fiorente a causa della credenza che dipinge queste donne come streghe, forse anche a causa del loro brutto carattere. All’interno dell’etnia ci sono due clan, quello della tigre e quello del cobra, e si sposano incrociando i due clan. In ogni caso, per la tribù, il villaggio è l’organo principale. Una consuetudine originale di queste popolazioni consiste nel fatto che in genere le donne hanno mariti più giovani di loro. Le ragazze si sposano non prima dei 20/21 anni, mentre i ragazzi si sposano verso i 14/16 anni, così le donne nella maturità possono contare su mariti più giovani. Questo usanza sociale fa sì che la donna non rischi di doversi mantenere da sola quando con l’avanzare dell’età la prestanza fisica viene meno. Questo tipo di legame crea però delle tensioni tra i ragazzi sposati perché i giovani sposi non essendo maturi per rapporti sessuali portano a congiungere le donne con altri uomini più esperti creando così, un ferimento nei giovani mariti che si ubriacano e per dimostrare il loro coraggio, si sfidano e combattono. La dote va data alla famiglia del ragazzo. Qualche volta la congiunzione avviene per rapimento, knap, ma è un’eccezione e in ogni caso si deve ristabilire l’armonia e gli interessi delle famiglie coinvolte. I matrimoni possono avvenire tra persone di qualsiasi clan, ma gli sposi devono appartenere a villaggi diversi. Riguardo all’organizzazione sociale, ogni villaggio ha un capo, e ogni 32 villaggi c’è un gran capo, la cui carica è ereditaria. L’economia è di sussistenza e si alterna l’agricoltura non stabile alla pastorizia e alla caccia, che è praticata ancora con l’arco e le frecce. Fu solo nel 1942 che alcuni antropologi inglesi entrarono in contatto con questa popolazione appartata ed il governo inglese per tutelare la loro cultura, proibiva l’accesso a qualsiasi confessione religiosa missionaria, sia cristiana, sia induista. La religione è di tipo animista/pagano e prevede sacrifici per ingraziarsi le divinità e gli spiriti dell’agricoltura. Vittime di questi sacrifici sono spesso tori e maiali. Nella loro religione, come in altri popoli del Sud-est asiatico, c’è un mix incredibile di sciamanesimo, animismo, feticismo, magia, superstizione e culto degli antenati. Torna su all'elenco delle etnie BORA GADABAAl gruppo dei Gadaba appartengono tre diverse tribù: i Boro-Gadaba, gli Ollar-Gadaba e i Paranga. Di questi solo i Boro-Gadaba sono rimasti ancorati alle loro tradizioni e ai loro rituali. Si ritengono i primi figli della terra, e sono molto appassionati della musica e della danza. Vivono sulle vicine colline, in case colorate con il tetto in paglia. Raggiungere i loro villaggi significa camminare in mezzo a campi fioriti di colza e dorati di grano in un paesaggio da cartolina. Nel villaggio non è raro vedere le donne danzare al ritmo dei tamburi suonati dagli uomini. Esse si dispongono in file concentriche composte da piccoli gruppi suddivisi per età, che si uniscono e si staccano per poi ricomporsi perfettamente. Al centro del villaggio, i Gadaba erigono, sotto un albero frondoso, uno o più monoliti in memoria dei loro antenati. I morti vengono cremati, tranne alcune ossa che rimangono alla famiglia. Circa dieci giorni dopo la morte si organizza una grande cerimonia alla quale partecipa tutto il villaggio: vengono sacrificati vari bufali ed altri animali e si bevono litri di birra di riso e liquore fermentato. Dopo la cerimonia il defunto ritornerà nella propria famiglia, reincarnandosi nel primo bambino che nascerà. I costumi sessuali sono molto liberi e le donne hanno piena libertà sessuale e possono cambiare facilmente marito. Presso questa etnia vige il sistema della “fratellanza elettiva”. Ogni famiglia di un villaggio è in relazione biunivoca con un’altra, tipo “il patto di sangue” fra gli indiani d’America, dove si costituiscono dei vincoli fortissimi pur non avendo un legame di parentela. Come per tutte le etnie, i momenti più socializzanti sono rappresentati dalle feste. Una festa particolarmente celebrata dai Bora Gadaba è il festival della caccia: in quel giorno dell’anno gli uomini entrano nella foresta e cacciano tutte le specie, qualunque animale gli capiti a tiro. Se l’uomo torna dalla famiglia senza aver cacciato niente, la moglie lo accoglie lanciandogli palle di fango. Gli uomini indossano il dhoti o i pantaloni. Le donne sono magre, avvolte dalle loro vesti colorate di cotone grezzo, annodati sulla spalla. Hanno la pelle scura e sembrano molto anziane, perché i loro visi sono segnati dalla vita vissuta tra le foreste. Portano infilati alle orecchie cerchi in bronzo sottili, ma di enorme diametro, che le rendono facilmente riconoscibili nel mercato di Onkudelli; al collo si adornano con cerchi molto pesanti di lega di metalli che indossano fin dalla tenera età. Per compensare il peso delle collane, a ogni donna vengono costruiti su misure dei contrappesi in legno che legano alla cintura. Torna su all'elenco delle etnie LANJIA SAURASVivono in un territorio molto vasto in varie zone dell’Orissa. Coltivano mais, zenzero, tabacco e riso. Sono divisi in una classe dominante aristocratica e una plebea, i cui membri si sposano tra di loro. Sono poligami, gli uomini hanno due o tre mogli che fanno lavorare nei campi, mentre loro passano il tempo bevendo salap, una bevanda ottenuta dalla fermentazione della linfa dell’omonima pianta (Caryata urens). Durante la pandemia di Covid 19, i Lanjia ritenevano che la salapa prevenisse il Coid (Children in Odisha forced to drink local beverage ‘salapa’ to “ward off” coronavirus) Le case hanno una struttura in legno e muri di sassi e canne di colore ocra. La porta di ingresso è intagliata e ornata da borchie metalliche. All’interno c’è un enorme stanzone, suddiviso dalla disposizione degli oggetti, sono provviste di soppalchi dove vengono riposti in enormi ceste le scorte alimentari. Nella parte più interna della casa, c’è un angolo sacro sulla quale è dipinta l’immagine dell’entità benefica Idital, che dona prosperità alla famiglia. La società è molto ritualizzata. Le donne portano due anelli alle narisi e le anziane hanno i lobi delle orecchie bucati e deformate da cerchi in legno inseriti a mo’ di ornamento, e tante collane di osso. I Lanjia Sauras parlano in lingua saora, che fa parte del ramo mundari dei gruppi linguistici austrici. Secondo il linguista Sidewell, la lingua mundari probabilmente arrivò sulla costa dell’Odisha dall'Indocina circa 4.000-3.500 anni fa. Gli scienziati hanno opinioni diverse sul significato della parola "saura". Secondo alcuni studiosi, il termine Saora sembra derivare da Sagories, la parola scitiica per ascia e secondo altri, Saura deriva da “Saba Raye”, il termine sanscrito che significa “trasportare il cadavere”. Entrambi i termini indicano abitudini di questo popolo, cioè quella di portare un'ascia sempre sulle spalle che si collega alla tradizione della caccia e dell'agricoltura di sussistenza. Tuttavia, secondo una leggenda popolare, “Sora” deriva da "So" che significa nascosto e "Ara" che significa albero. Puttasing è il più grande villaggio Saora e si trova a una distanza di 25 km dalla città più vicina Gunupur. L'intero tratto è pittoresco con montagne ondulate, valli verdeggianti, risaie, fitta foresta e ruscelli di montagna. Questi non sono servizi di autobus, tuttavia i servizi pubblici di jeep disponibili saltano tra i villaggi di Saora e Gunupur. Altre fonti:
Torna su all'elenco delle etnie PARAJS, MALI, RAMA, DIDAYEE, POROSASono tribù che hanno abbandonato molte delle loro tradizioni antiche, hanno lasciato la religione animista per quella hindū, i villaggi sono molto belli tutti dipinti con colori tradizionali ocra, nero, giallo. Sono agricoltori e anche cacciatori. Ad aprile c’è una festa che si chiama Pons Batrab: dove tutti gli uomini, giovani e vecchi, vanno nella foresta a cacciare. Le donne al villaggio preparano delle palle di fango, se il marito/compagno non ritorna con della buona selvaggina viene bersagliato dalle donne con quelle palle. Se torna senza selvaggina, le donne insultano pesantemente l'uomo oltraggiandolo e, alzandosi la gonna, mostrano loro cosa non si meritano. L'insulto peggiore è quando lanciano loro dei braccialetti per identificarli come donnicciole. La diminuzione degli animali selvatici per via della deforestazione, sta creando forti squilibri fra uomini e donne. I villaggi Paraja sono collocati più in alto di altri villaggi. Vivono in collaborazione con i Mali (che non sono considerati una tribù) in un reciproco scambio di aiuti e conoscenze. Il capo tribù può essere tale per discendenza diretta o, nel caso di mancanza di eredi, eletto da un consiglio del villaggio. Il capo villaggio è sempre e comunque un Paraja. Al centro dei villaggi c'è sempre un menhir (composizione in pietra) per cerimonie sacre , ma anche per riunioni pubbliche, generalmente sotto alberi molto grandi e che fanno ombra. L'alcool è sempre più presente nei villaggi. I Mali un tempo erano specializzati nella coltivazione dei fiori per i sovrani che regnavano sull’Orissa. Ancora oggi sono un popolo di eccellenti agricoltori; le vallate da essi coltivate sono molto curate, i campi ben irrigati, delimitati e recintati. I buoni raccolti permettono loro un tenore di vita migliore rispetto ad altri gruppi vicini. I Mali, come i Didayee e i Porosa, fanno parte di quelle tribù che hanno ormai abbandonato le antiche tradizioni. Le donne si differenziano per l’abitudine di portare fiori freschi tra i capelli e di tatuarsi le caviglie. I Didayee sono piuttosto alti di statura, soprattutto se paragonati ai Bonda e ai Gadaba, con i quali hanno scambi commerciali nel mercato di Onkudelli. Le donne Didayee hanno lineamenti aggraziati e sono particolarmente curate nell’abbigliamento. Indossano sari dai colori brillanti. Si riconoscono facilmente per il fiore rosso artificiale, che spesso si appuntano tra i capelli neri e lisci, che raccolgono in una crocchia sulla destra del viso. Torna su all'elenco delle etnie BHATRALa tribù Bhatra è una tribù primitiva molto simile alla tribù Gond e si trova principalmente nel distretto di Bastar e nella parte meridionale del distretto di Raipur. Per quanto riguarda l'origine della tribù Bhatra, non si sa molto: una leggenda afferma che arrivarono con i Raja del Bastar da Warangal diverse generazioni fa. Il termine Bhatra significa letteralmente servitore. Le tribù Bhatra sono impiegate come guardie nei villaggio e come domestici. In agricoltura, si occupano principalmente della semina e della raccolta. La tribù Bhatra è divisa in tre sottocaste: Pit, Amnait e San Bhatras; i Pit è la più elevata. E’ formata da clan esogami che prendono il nome da animali e piante. Si dice che in passato le persone si tatuassero con rappresentazioni dell'animale e della pianta totemiche, ma oggi questa tradizione è andata perduta. Conservano comunque abitudini e costumi tradizionali. Adorano il dio della caccia noto come Mati Deo. Nella comunità Bhatra, gli estranei non sono generalmente ammessi, ma se una donna di pari status entra nella casa di un uomo, potrà essere riconosciuta come sua moglie e l’uomo sarà accettato nella comunità. Anche un uomo di un’altra casta può diventare un membro della comunità Bhatra se vive con una donna della comunità e condivide il cibo dalla sua mano. Le ragazze si sposano prima di raggiungere la pubertà, è la famiglia a scegliere lo sposo. Se non si trova il compagno appropriato, allora vengono legati alcuni fiori sulla stoffa dell’abito della fanciulla ad indicare che cerca marito. Se non arriva nessuna proposta per la ragazza, ella è libera di scegliere un marito da sola. Tuttavia, in questo caso viene temporaneamente rimossa dalla casta di appartenenza fino a quando lo sposo prescelto non mostra il suo consenso dando una festa di matrimonio. La giusta data del matrimonio è fissata da un funzionario, noto come Meda Gantia. È un astrologo del villaggio che suggerisce anche le date favorevoli per la semina e il raccolto.
Circa un terzo delle terre del Chhattisgarh sono ricoperte da fitte foreste ed in quelle foreste profonde, ci sono alcune tribù, che vivono in maniera tradizionale. Questa è una delle regioni che è rimaste più integre, sotto questo punto di vista. Di seguito è riportato uno spaccato delle principali tribù che vivono il Chhattisgarh. Torna su all'elenco delle etnie GONDIl popolo tribale dei Gond, anche definito con il nome di Koytorias è il gruppo più numeroso dello stato. Sono diffusi in tutto lo stato, ma il distretto di Bastar, nel Chhattisgarh meridionale è la loro sede principale. Il significato letterale della parola Gond è “collina”, infatti queste persone sono anche conosciute come Hill People. Parlano il gondi che appartiene alla famiglia delle lingue dravidiche e si riferisce al Tamil e al Kannada. Come molte altre tribù,i Gond adorano un dio noto come Baradeo, o anche detto, Bhagavan, Sri Shambu Mahadeo e Persa Pen. Molti dei festival dei Gond sono collegati all'agricoltura: due eventi importanti sono la “Pola”, la festa del bestiame, e il “Nagpanchami”, la festa dei serpenti. La “danza del bastone” è un’altra festa dei Gond: bande di giovani viaggiano da un villaggio all'altro, ballando e cantando. La danza è considerata un dovere religioso e anche un'occasione di divertimento. I Gond hanno rapporti sociali egualitari senza distinzione di sesso o età e una vita erotica molto attiva e libera, non vincolata a matrimoni monogamici. Accolgono i loro visitatori con corone di foglie di tabacco essiccate, frutta o altri piccoli doni. Molti villaggi hanno anche capanne per gli ospiti. Torna su all'elenco delle etnie BISON HORN MARIA (GOND)La popolazione dei Bison Horn Maria si compone circa di 9.300 individui. Si trovano principalmente nel distretto di Garhichiroli, nello stato del Maharashtra. Alcuni vivono anche nel Madhya Pradesh. Molti studiosi ritengono che i Bison Horn Maria facciano parte di un più ampio gruppo tribale indiano noto come Gond. Altri credono che siano una tribù indigena precedente assimilata dai Gond. La denominazione "Bison Horn Maria" deriva da un copricapo distintivo indossato durante le danze matrimoniali e ornato con le corna del bisonte selvatico ormai estinto. I villaggi Bison Horn Maria sono costituiti da diversi borghi circondati da robusti recinti. Le case hanno tre stanze, tetti di paglia e pareti di bambù intrecciato. Al lato di ogni casa ci sono un capannone per il bestiame e un porcile. Una casa per i viaggiatori/visitatori viene costruita vicino all’abitazione del capo villaggio. Gli uomini Bison Horn Maria portano una acconciatura a coda di cavallo. Ogni uomo tiene un pettine speciale attaccato al perizoma, insieme a una scatola di tabacco. Le donne indossano solo una gonna bianca, lasciando scoperta la parte superiore dei loro corpi. Molti tipi diversi di gioielli sono usati come ornamento. I Bison Horn Maria sono noti per il loro amore per la landa, una birra di riso, particolarmente usata nei festival e nelle occasioni speciali. L’alcool li rende talvolta collerici ed attaccabrighe. Il Bison Horn Maria pratica una miscela di credenze hindū e animistiche (hanno la convinzione che anche gli oggetti non umani abbiano spiriti). Seguono generalmente i costumi e le tradizioni induiste di base. La maggior parte degli induisti, sebbene non tutti, credono in un essere superiore e alla reincarnazione (ciclo continuo di morte e rinascita). Quando nasce un bambino, gli abitanti del villaggio esaminano immediatamente il corpo del bambino, cercando i segni degli antenati che si sono reincarnati nel nuovo nato. Gli uomini di medicina sono potenti figure nei villaggi tribali. Si raccontano storie bizzarre e leggendarie dei loro poteri spirituali e fisici. La malattia è molto spesso attribuita a forze occulte che vengono manipolate da alcuni nemici. Adorano una varietà di dei. Alla periferia di ogni villaggio è custodito il dio del clan. Ogni dio del clan è presumibilmente territoriale ed è collegato agli dei di altri clan. Si ritiene che proteggano il villaggio e aiutino a scoprire la magia nera all'interno del villaggio. Sono chiamati Bison Horn Maria perché gli uomini indossano copricapo con corna di bisonte durante le danze tradizionali.
Consulta anche:
Torna su all'elenco delle etnie MURIAI Muria formano un’altra grossa fetta della popolazione complessiva del Chhattisgarh e del distretto di Bastar. La loro casa natale è la giungla del Narayanpur tehsil. Sono noti per essere persone di larghe vedute e la loro economia è principalmente agricola. La coltivazione del riso è la loro occupazione principale e negli ultimi tempi hanno iniziato a inviare i loro giovani nelle città esterne per una migliore istruzione. Torna su all'elenco delle etnie Altre fonti
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