Il forte rosso

Su La città Il forte rosso Tombe e bastioni Sikh

Il forte risale a prima della venuta di Mahmud di Gazna nell'XI secolo, fu distrutto dai Moghul nel 1241, ridistrutto da Tamerlano nel 1398 e ricostruito ancora una volta nel 1421. Sotto Akbar, nel 1566, le mura di fango vennero sostituite con solide mura di mattoni e fu ampliata la parte settentrionale del forte. Negli anni successivi Jehanjir, Shaha Jahan ed Aurangzeb  aggiunsero tutti l'impronta delle diverse personalità alle fortificazioni, ai palazzi ed ai portali.

A piedi od in taxi raggiungete l'entrata sud dell'Hazuri Bagh (giardino di Hazuri), una grande piazzaforte quadrata costruita da Aurangzeb e destinata in origine a caravanserraglio. Alla porta meridionale sono uniti gli edifici per gli studenti della moschea mentre alla porta settentrionale, detta Roshnai Darwaz (cancello della luce) che era destinato all'ingresso degli ospiti d'onore. Qui il figlio di Ranjit Singh rimase ucciso dalla caduta «accidentale», di un mattone poco prima dell'incoronazione.

Il Baradari è un meraviglioso padiglione di marmo costruito da Ranjit Singh nel 1818 usando le lastre asportate dalle tombe moghul e dal bagno reale all'interno del forte. Questo è uno dei pochi edifici costruiti dai Sikh rimasto intatto. Gli eleganti pilasti, in marmo trafortato, reggono delicati archi a cuspide. L'area centrale aveva inseriti specchi nella volta  nel 1932 un fulmine ha danneggiato due piani dell'edificio. A sinistra della scalinata d'accesso della moschea trovate la tomba del poeta Allama Iqbal, colui che ideò la nazione pakistana ed il nome dello stato. Una guardia armata in alta uniforme rende gli onori: la tomba è in arenaria rossa ed è arricchita con bianchi marmi e due lastre con incise alcuni versi ricordano le idee del poeta che era contrario alla discriminazione raziale.

La moschea Badshahi (moschea del grande re) (aperta dalle 5 alle 21, levatevi le scarpe) è un superbo esempio di architettura moghul, con le semplici linee aggraziate, le proporzioni piacevoli all'occhio. Essa racchiude un immenso spazio che ospita fino a sessantamila fedeli, ed è superata in grandezza solo dalla Shaha Faisal di Islamabad nel cui piazzale possono pregare anche centomila fedeli.

Attraversato il monumentale ingresso dalle decorazioni floreali entrate nel grande cortile lastricato in arenaria cercate di tenervi sui tappeti per non scottarvi i piedi. Aurangzeb ne iniziò la costruzione nel 1674, dotandola di tre porticati con arcate bianche e di una fontana marmorea al centro del quadrilatero. La grande navata delle preghiere è coperta da tre eleganti cupole. Gli interni sono finemente lavorati. Se riuscite a salire i duecentoquattro gradini di uno dei quattro minareti godrete di una vista stupenda della città e dei dintorni.

Gli appassionati di architettura e delle proporzioni scopriranno che l'altezza delle torri è pari ad un terzo della lunghezza dei lati del quadrilatero. Nelle stanze sovrastanti l'ingresso (non aperte al pubblico) sono conservati i capelli del profeta ed altre reliquie della figlia e del genero.

Il forte di Lahore gareggia in bellezza e grandezza con le altre fortezze Moghul dell'India. Akbar ne iniziò la costruzione nel 1560 allargando il forte preesistente, gli imperatori a lui succeduti ne continuarono l'opera di arricchimento. Parte della costruzione è ancora in buone condizioni. Attenzione a non scattare fotografie nei pressi dell'ingresso poiché è zona militare. L'entrata (a pagamento) è presso l'Alamgiri Gate (1) opposto alla moschea. Il portale fu costruito da Aurangzeb e ne rilette la personalità rigida ed intransigente: la minacciosa porta di legno, spessa alcuni centimetri, è costellata da grossi chiodi in ferro allo scopo di ferire la testa degli elefanti nel caso che questi pachidermi venissero usati dal nemico come arieti. Seguite la strada interna in lieve salita, alla vostra sinistra sta il Musumman Burj Gate (2) ed a destra le cucine reali (3) occupate ora dagli uffici della polizia. Aldisopra delle mura si scorgono le cupole marmoree della Moti Mashjid (5), la moschea della perla, per visitarla aggirate il Matatib Khana (4) costruito nel 1618 da Jehangir. A sinistra alcuni scalini portano alla Moti Mashjid (5) costruita da Shah Jahan nel 1655. Una copia di queste cupole è riprodotta al forte di Agra (1654), ma Aurangzeb ne edificò una più bella nel forte rosso di Delhi nel 1656. Tutte e tre queste copie possiedono archi e cupole dalle stupende e raffinate proporzioni. Usata come camera dal tesoro dai Sikh, fu restaurata nel 1904.

La visita prosegue con il Diwan-e-am (padiglione delle udienze pubbliche), ormai diverso dall'originale di cui resta solo il balcone. Notate il Mati Gate, bastioni ottogonali con merlature e condotti per versare olio bollente sugli assedianti. Il «cortile di Jehangir» (9) è il nome del giardino con una fontana al centro, e che forma uno dei quartieri più interessanti del forte. Iniziato da Akbar e terminato da Jahangir nel 1617, è affiancato da due file di edifici con colonne istoriate in arenaria rossa e da mensole raffiguranti animali. Questi bassorilievi mostrano chiaramente l'influenza indù e indicano la politica di tolleranza religiosa di Akbar. Dietro gli edifici posti ad oriente c'è la corte di Akbar (10) con stanze sotterranee che ospitano gli uffici del forte ed i laboratori di restauro. A nord sorge, il Khawabg- e-Jehangi, la palazzina dove l'imperatore riposava e che è ora trasformata in museo con miniature e statuette in avorio, collezioni di monete ed il manoscritto dell'Akbar Nama, la storia del sovrano. Interessante un modello in avorio del Taj Mahal, che gli Inglesi hanno restituito nel 1950. L'Hammam è la palazzina con i bagni di Jehangir, ma l'edificio è ormai rovinato dal tempo e dagli uomini. Segue il nuovo museo (13) con collezioni di armi del periodo dei Sikh. Ripassati dal cortile della Moti Mashjid entrate nel «cortilea di Shah Jahan». (14) con le cinque camere da letto del 1633. Stupendi lavori di intaglio nel marmo, le decorazioni  con le divinità Krishna ed Radha sono del periodo Sikh.

A nord sta il padiglione Diwan-e-khas, (15) sala delle udienze private, sempre del 1633. Delicati marmi color lattice formano deliziosi poggioli che si affacciano sul letto secco del fiume Dravi; il pavimento è formato da lastre di marmo di vari colori che formano disegni geometrici. Al centro sta una fontanella un tempo intarsiata con pietre dure. Gli Inglesi usarono questo padiglione come chiesa per il rito anglicano. Sotto le finestre, ai piedi del forte, c'è l'Arzgah dove i nobili si riunivano per dare il buongiorno al sovrano affacciatosi al balcone (16). La visita prosegue con il Lal Burj (17), padiglione rimaneggiato nei secoli con tracce di mosaici e di filigrana sulle mura esterne e dipinti del periodo sikh all'interno. Un tempo, d'estate, l'ambiente era rinfrescato da canali d'acqua, fontane ed una cisterna centrale. I Sikh aggiunsero un terzo piano al padiglione. All'esterno, sulla scalinata nell'angolo nord-est rimane una cornice traforata che può indicare quale fosse lo splendore dell'edificio nel periodo di magnificenza dei moghul. Il cortile delle dame è ormai privo di interesse poiché nulla rimane degli appartamenti, dei bagni e della moschea privata: tutto è andato perduto tranne che un piccolo edificio sul lato nord. Nell'angolo nord-ovest della corte sorge il Kala Burj (18) costruito in simmetria con il Lal Burj. Lo si attraversa per entrare nel cortile successivo (19) dove si trova il padiglione meglio conservato, ed anche più interessante di tutto il forte: lo Shish Mahal, il palazzo degli specchi. Mentre gli ambienti per le udienze sono contraddistinti da una severa funzionalità, questo edificio, costruito da Shaha Jahan nel 1631, è caratterizzato da uno stile più ricco e fantasioso. E' formato da una fila di stanze con alte volte, tutte ricoperte da centinaia di migliaia di minuscoli specchi alla maniera dell'arte tradizionale del Punjab detta shishgari. Una torcia accesa in una parte qualsiasi del palazzo degli specchi rimanda una infinità di riverberi che confondono la vista ed abbacinano come un cielo infinito, trapuntato da milioni di stelle. Oltre ai disegni formati con gli specchi, sulle volte si trovano bassorilievi, piastrelle dorate, lavori in pietra dura. Le volte sono originali del periodo moghul mentre le pareti, con gli affreschi e le varie tonalità in bianco ed azzurro, sono del periodo sikh. Attorno al salone principale sono disposte nove stanze che hanno finestre sia sull'interno che all'esterno verso il fiume chiuse con delicate grate di marmo. Nel cortile accanto allo Shish Mahal si trova il Naulakha (21), un piccolo padiglione in marmo, decorato con uno dei più fini lavori in pietra dura che si trovano a Lahore. All'esterno si presenta con una notevole lavorazione in marmo bianco e con un leggiadro tetto ricurvo. Finestre traforate in modo elaborato consentono di catturare la brezza e di farla entrare nell'unico salone sul quale si aprono cinque porte. Giade, carneliti, lapislazzuli, agate ed altre pietre semipreziose sono incastonate nel marmo formando delicati disegni floreali e geometrici.

Dal cortile si ritorna in quello precedente e, valicato un portale, si segue l'ampio scalone dell'Hathi Paer (23), il sentiero degli elefanti. Era questo l'ingresso privato degli imperatori che attraverso lo scalone arrivavano al portale dello Shaha Burj (24). Valicato quest'ultimo portale, alla vostra destra, si può ammirare un mosaico del 17<198> secolo disposto sul bastione esterno del forte. Questo tipo di mosaico formato da centinaia di tessere smaltate è di origine persiana e divenne popolare sotto il regno di Shah Jahan per decorare le mura dei monumenti del Punjab che erano costruiti in mattoni essendo scarsa la pietra nella regione. I mosaici che si trovano sia sul bastione settentrionale che su quello orientale del forte di Lahore sono unici per la varietà dello stile e dei soggetti. Motivi geometrici si alternano a figure umane od animali, che, come nelle miniature del periodo moghul, illustrano la vita di corte ed il passato della dinastia, in un melange di barbarismi e di raffinatezze. Scene con elefanti, cammelli, tauromachie, partite di polo, sono mescolate ad alate fate del folclore persiano. Chi infine ha ancora forza e curiosità può recarsi a visitare la moschea detta Begum Shahi, che racchiude le spoglie dell'imperatrice madre di Jehangir.


dal 1° gennaio 2002

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