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21 settembre 2002

Kailash 1994

Kanrimpoché
gemma preziosa delle cime ghiacciate

 
1894-1994
anniversario della nascita di Giuseppe Tucci:
un viaggio Tibet-Nepal trek
a Sri Kailash, Manasarovar, Humla Karnali
   
V'è quivi fuori di strada un monte sterminatamente alto, molto largo di circuito, nella sommità ricoperto dalle nuvole e da perpetue nevi e ghiacci, e nel resto molto orrido e rigido per l'acerbissimo freddo, che in esso fa. (...) Oltre all'andar i Thibetani a visitar la spelonca, dove lasciano sempre qualch'offerta vanno ancora con molt'incommodo a fare il giro di tutto quel monte che richiede alcuni giorni, ed in ciò stimano di conseguire grandissime (per così dir) indulgenze".

    Ippolito Desideri 1716 (1).

Un viaggio di scoperta

Sacro alle religioni Hindu, Buddhista, Bon e Jainica, il Kailash si erge al centro del mondo spirituale asiatico, "axis mundi" per milioni di fedeli e punto di arrivo di ogni viaggiatore che ama l'Asia. Un sogno spesso nato sulle pagine di Giuseppe Tucci che compì i primi e fondamentali studi su quest'area esplorandola nel 1935. Fu il terzo dei suoi otto viaggi nella terra delle nevi: unico studioso a rompere il secolare bando promulgato dai cinesi che vietava l'ingresso in Tibet. Nel centenario della nascita del nostro grande orientalista, nato a Macerata nel 1894, con alcuni amici ho compiuto il periplo del Kan Rimpoché, "la gemma delle cime ghiacciate" nella poetica traduzione di Tucci del nome tibetano.

Siamo rimasti affascinati dalla valle dello Tsang Po, dalla piana di Barga con il Manasarovar e dal kora attorno al Kailash. L'ambiente è differente da quello incontrato sul percorso Lhasa-Kathmandu e lo è anche il viaggio: nella valle dello Tsangpo (Brahamaputra) non si incontrano né templi, né monasteri e gli insediamenti sono miseri e squallidi, ma il paesaggio è di una vastità affascinante. Il fondovalle, talvolta paludoso, tal'altro sabbioso con dune, è ampio anche 30 chilometri. L'orizzonte meridionale è dominato dalla Grande Catena Himalayana.

Procedendo in jeep, a molti di noi sono venuti alla mente i viaggi nel deserto roccioso attorno a Djanet. Con la differenza che oltre alle dune qui ci sono... guadi a non finire! E fra i prati o nelle vallette laterali, miriadi di insediamenti nomadi con tende, yak e capre. 

Fra i nomadi dello Tsangpo

Traghetto di Saga sul BrahamaputraVorrei raccontare un anno di preparativi, di ricerche, di ansie, di bollette telefoniche stratosferiche ed il mese di viaggio con le sensazioni, le gioie, le tribolazioni, i tremendi mal di testa.

Kodari e l'incontro con lo staff cinese. La caverna di Milarepa e la sua "energia". Il Khumen Tso, lago azzurro con le rive bianche di sale. Fra "colline" di sei mila metri, si aprono ampie piane ciottolate con dune di sabbia, laghi, pascoli infiniti dove vagano armenti. Il campo al Paicù Tso a 4.593 m e la emicrania che ci affligge tutti. L'emozione di un risveglio con la Catena Himalayana dallo Xixabangma Feng (8.012 m) alla catena del Langtang. E poi l'incontro con lo Tsang Po, per i tibetani Tamchog Khabab, il "fiume che esce dalla bocca del cavallo", che secondo la geomitologia tibetana ed indiana scende da Kailash.

La Grande Himāaya, catena del Langtang, vista da NordLa strada lo costeggia e arriva al traghetto di Saga, orrenda cittadella cinese. E poi ancora per giorni fra montagne, dune sabbiose, paludi. Attraverso Pa-su-ku-k'o, Zhongba, Shuo, Paryang, Samsang, Tsesum, Mayum La, il lago Kunggyu Co. Temporali e lame di luce radente. Colline imbiancate di neve e nere tende dei nomadi. Incontri e "salvataggi" di altri viaggiatori: un camion, carico di birra, da cinque giorni bloccato su un passaggio di sabbia; in un guado, in mezzo al fiume, un camion affittato da tre svizzeri.

E giungiamo alla méta. Disposto sul margine settentrionale della piana di Bharka, il villaggio di Darchan, (grande bandiera di preghiera, 4.620m) è il punto di inizio del pellegrinaggio attorno al Kailash: una dozzina di case ed una tendopoli. Lo sguardo spazia per più di cento chilometri oltre la piana delimitata dai sacri laghi Manasarovar e Raksas, il Gurla Mandata si staglia isolato sull'orizzonte meridionale ed alle sue spalle fan capolino le cime nepalesi del Saipal (7.031 m), dell'Api e quelle del Garwal Himal in India.

Una facile camminata

Le tappe di questo percorso religioso ed esoterico si snocciolano come il rosario fra le mani dei pellegrini: i quattro chhatsal gliang (luoghi di prostrazione), il sacro palo o tharboche, le quattro impronte di Buddha (tib. shapje drag-dog), il Chorten Kang gni (lett.: chorten d'ingresso> dove sostiamo per quasi un ora in paziente attesa che il Kailash si scopra, i luoghi legati alla leggenda di Gesar di Ling, il lago Gaurikhund (tib. Tuuje Chempo tshom; lago del grande e compassionevole Bodhisattva), i miserandi gompa di Chhòku (pr. ciocu, a 4.820 m), Driraphug (pr. tintipù), Zutrulpugh, Gyengtak, Silung, da poco ricostruiti, poveri ma suggestivi.

Il sacro Kailash, parete sudNon è dalla semplice visita a questi luoghi che nasce l'incanto del cammino ma da tutto l'ambiente naturale e dal vario campionario di umanità tibetica. Nella valle pietrosa e deserta del Lha Chu, il torrente degli dei, immense muraglie erose di conglomerati e di arenaria porpora si sfaldano in pinnacoli e mitici castelli. La nostra carovana con yak e cavalli si inoltra in questo ambiente maestoso affrontando il Kailash parikrama o Kan Rimpoche kora, cinquanta chilometri che i tibetani compiono anche in un solo giorno, sorvegliati dalle quattro pareti del monte Meru in oro, cristallo, rubino e lapislazzuli. Chiamatela vibrazione, energia o più semplicemente maestosità del luogo: qualcosa ci fa meglio comprendere l'affermazione di Tucci: "Il culto della montagna e' elemento fondamentale nelle religioni di tutte le stirpi himalayane: e' ben naturale, perché proprio i montanari sono più sensibili alle ineffabili bellezze di queste cime che toccano il cielo e ne temono le insidie, e ne conoscono la terrifica maestà quando la tempesta si scatena sui dirupi e il tuono urla di giogo in giogo, e i fulmini scoppiano sulle guglie mai violate dall'uomo" (2). È lo stupefacente incontro con gli stracci che rivestono i mucchi di pietre del cimitero di Shiva (Shiva-chal) e che preannunciano la devozione di fedeli, donne, anziani, bambini in fasce che pregano, camminano, cantilenano, gioiscono al Drolma la per nulla affaticati dai 5.670 metri del valico.

Per noi profani, che abbiamo conosciuto il regno delle nevi attraverso i diari "Tibet ignoto" e "A Lhasa ed oltre", ricordare Tucci su questo passo fra pellegrini salmodianti, è stato un atto dovuto anche se non avrebbe approvato il nostro fugace viaggio, lui che scriveva: "... i turisti ammirano i monumenti loro additati come isolotti emersi improvvisamente nel mare della loro ignoranza; i giornalisti e scrittori passano come meteore e subito annunciano di aver scoperto un paese: veni, vidi, scripsi. Ognuno giudica secondo le proprie native simpatie od antipatie, cioè in nessuno. Ad avvicinare l'anima dei popoli, molto più si addice con i suoi lenti bivacchi la carovana che l'aereo" (3).

Acque primigenie

Il Manasarovar affascina con la sua vastità, conca primigenia attorno al quale sembra essersi costruito il mondo. Ma siamo rimasti ancor più incantati dal Raksha Tal, (hindu: Lago dei demoni): blu profondo, riva a ciottoli non paludosa come il Manasarovar. Il miglior punto di osservazione del Kailash è dalla sponda meridionale, lungo la strada verso il Gurla La. Da qui lo vedi stagliarsi come un lingam sull'orizzonte e sulle acque del lago. Sostando su questo balcone abbiamo compreso come il Kailash abbia esaudito l'ansia di ricerca di un monte sacro quando, migliaia di anni fa, i primi saddhu indiani si sono affacciati su questi valichi himalayani.

Entriamo così nel bacino del Karnali, conosciuto dai tibetani come Mabjha Khabab, il fiume che esce dalla bocca del pavone, raggiungendo Toyo. Vi sorgono resti di fortificazioni ed il Singba-ka-chhorten, la tomba di Zorowar Singh, qui caduto in battaglia, fatto a pezzi dai tibetani. Per il mio amico Chris Van Orden, che ha camminato da Lhasa al Kailash in 45 giorni, Toyo è un posto "così come dovrebbe essere il mondo"...

Ritorno da Humla

In nostro viaggio percorreva parzialmente l'itinerario della spedizione Tucci. Ci sarebbe piaciuto raggiungere l'India da Taklakot (Purang), antico bazar di scambio fra il Garwal, il Nepal e il Tibet. Purtroppo il passo del Lipu Lekh, da lui affrontato nel 1935, è consentito solo ai pellegrini indiani. Ma la possibilità di un nuovo percorso ha coronato il viaggio: un recente (e nebuloso) accordo fra i governi di Pechino e Kathmandu permette di lasciare il "centro del mondo" percorrendo il tratturo che valica il Nara-la e conduce in Nepal. Su oltre duemila chilometri di Himàlaya vi è cosė un secondo valico aperto agli stranieri. Alla frontiera le difficoltà burocratiche sono state risolte grazie ai contatti procurati da "Avventure nel Mondo".

Seguendo il corso del fiume Karnali, la pista conduce dai templi di Kojarnath a Simikot nella valle di Humla. Lunghe carovane di capre trasportano sacchetti di riso, salgemma, spezie e lana, e poi la gente: pellegrini, sciamani, religiosi di varie fedi. Il percorso ricalca un tracciato millenario che attraversa l'Himālaya e permette scambi non solo commerciali, ma anche di idee ed affrontarlo a piedi è stato il nostro modo di "avvicinare l'anima dei popoli".

1 - In "I missionari Italiani nel Tibet e nel Nepal", a cura a Giuliano Petech, vol. Il, pag. 115.
2 - G.Tucci, Il Kailasa, montagna sacra del Tibet in Le vie del mondo, agosto 1936.
3 - Citato da G. Gnoli, commemorazione lSMEO

Partecipanti

Dott.ssa Simona Casini (AnM MO),
Antonia Ceriani (AnM MI), 
Gianluca Cungi (AnM BO), 
Martina De Martin (SAT TN), 
Andrea Del Monte (CAI MI), 
Enrico Donadini (CAI Clusone), 
Mariapia Gallini (AnM BO), 
Valerio Leso (CAI Boscochiesanuova),
Orietta Paciotti (AnM BO), 
Piero Piazza (CAI AP), 
Giuseppe Rodella (SAT Riva), 
Agostino Rossi (CAI MC), 
Antonio Sbrolli (AnM MI), 
Marco Vasta (CAI BS), 
Giancarlo Vecchi (AnM BG)

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