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21 settembre 2002
Sono tornato in Tibet con un chiodo fisso: vedere l'unico oggetto che testimonia la presenza italiana nel '700. I Cappuccini erano appena usciti da Lhasa, abbandonata in seguito ad un decreto di espulsione, che già la loro cappella veniva demolita. Ma la campana, fusa in Italia e con difficoltà portata nel paese delle nevi da padre Orazio da Penna, non andò dispersa. I Tibetani la appesero all'ingresso del Jokang. Qui rimase fino alla rivoluzione culturale. Poi nessuna traccia fino al 1987 quando un altro missionario, che in veste di turista era entrato nelle confidenze dell'abate, riuscì a scovarla. La vide, la descrisse, ma non poté fotografarla. Ci riuscì un fiorentino e ne diede notizia su una prestigiosa rivista.
Vi confesso che nel mio orgoglio le riviste italiane di viaggio non le guardo più da quando ho capito che i mirabolanti itinerari proposti sono viaggi che tutti noi di AnM compiamo tranquillamente senza tanto suonar di fanfare. E così rimasi nella mia ignoranza, convinto che la campana fosse dispersa. Ma non era il mio Karma.
Io non credo nel destino... Eppure... Mentre sonnecchiavo sul bus che portava a Ginevra i supporter di Italia Tibet per una manifestazione all'ONU, sentii nel dormiveglia qualcuno parlare della campana. Era Elio Marini che da anni segue le vicende dei Cappuccini a Lhasa con risultati sorprendenti. A lui dobbiamo il ritrovamento della bolla del Dalai Lama che autorizza i frati a predicare. L'ha scovata nei sotterranei di Propaganda Fide. La seconda coincidenza, ma io non credo nel destino..., è avvenuta quando il nostro coordinatore, che da tre giorni con fare un po' misterioso ronzava attorno ad alcuni fratacchioni, si è fatto aprire un magazzino: ed eccola lì, posata per terra con due dita di polvere che quasi nascondevano la scritta " TE DEUM LAUDAMUS TE DOMINUM ". Con amore l'abbiamo sollevata ed adagiata su un baule, l'abbiamo lavata e ripulita. La superficie interna ed esterna ed il batacchio sono stati esaminati per cercare il marchio di fabbrica. Idea di Marini è infatti quella di fondere una copia da porre a Pennabilli in ricordo di Orazio e dei Cappuccini.
Ma la terza coincidenza è stata veramente sorprendente. In settembre una nostra compagna di viaggio, durante una gita in Val d'Aosta, racconta la vicenda a chi? Proprio a Padre Silvano Garello! Imbattersi in colui l'aveva ritrovata nell'87 è più di una coincidenza.
Continuerò a non credere nel destino ma qualcosa per la campana bisogna fare. Se non altro proteggerla dalle mire di qualche collezionista. Per questo ho preso in mano la penna. Spero che la presenza continua di viaggiatori faccia si che la campana prima o poi esca dal magazzino e venga collocata nuovamente al suo posto.
Altrimenti scomparirà anche questo pezzo di storia del Tibet.
E così ho un altro sogno nel cassetto!
Luciano Berti - gruppo Vasta-Kailash 97
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