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21 settembre 2002

Su ] Sulle orme di Tucci ] Kailash - Occidente Buddhista ] La campana ferita ] [ Al Kailash e oltre ] Addio Lago Turchese ]

Al Kailash e oltre

  • Un gruppo di AnM raggiunge
    le città di Toling e Tsaparang,
    antiche capitali del regno di Guge.

    Appunti sparsi e foto di Marco Vasta 

 
 "Asti uttarsyam dishi devatatma, Himalaya nama nagadhirajah 
Purvaparo toyanidhivagahya sthitah prithivya iva mandandah" 
"A nord dell'India abitano le anime degli dei, dei re delle montagne - Himàlaya unisce gli oceani da oriente ad occidente, Egli è l'epitome della Terra" 

dal poema epico "Kumarasambhav" di Kalidasa

Al centro del mondo

All'alba dei tempi, quando i primi saddhu attraversarono l'Himàlaya e si affacciarono sul plateau tibetano, ai loro occhi apparve una slanciata piramide innevata. Giochi di luce ed ombra tracciavano il simbolo del sole sulla parete di cristallo: erano giunti al Monte Meru, il mitico asse del mondo. Per gli Hindu la montagna riproduce il linga di Shiva. Per i fedeli del Vajrayana essa è il monte Tisé o Kan Rimpoché, il gioiello delle nevi. Per i viaggiatori è l'epitome di ogni montagna sacra, ma perché proprio questa e non un'altra? In Himàlaya si innalzano vette più massicce e ben più alte... Una risposta la troviamo negli scritti dell'ultimo occidentale che vi giunse in pellegrinaggio prima che l'invasione cinese bloccasse per ventidue anni ogni accesso di stranieri. 
Ne "La via delle nuvole bianche" Lama Anagarika Govinda spiega perché una montagna diviene sacra. Alcune cime sono ammassi di rocce - egli sostiene - ma altre sono di più: hanno una personalità dalla quale traggono una forza che attrae gli uomini. La personalità consiste in qualità come la consistenza, l'armonia e una singolarità di carattere. Quando queste qualità si concentrano in un essere umano egli diviene un grande personaggio, un imperatore o un saggio, come il Signore Buddha. Quando si manifestano in una montagna essa si trasforma in un contenitore di potere cosmico. Ma perché il Kailash occupa una posto così preminente fra le montagne del mondo? 
Non solo è il punto di intersezione fra due delle più importanti culture, quella cinese e quella indiana ma è anche il luogo più alto del plateau tibetano, uno slancio fisico verso il cielo. Qui nascono anche i grandi fiumi che, scorrendo nelle quattro direzioni, simbolizzano i legami religiosi fra India e Tibet e due di essi, Indo e Brahamaputra racchiudono il subcontinente indiano in un gigantesco abbraccio. Lama Govinda enumera le associazioni spirituali di Hindu e seguaci del Dharma con il Kailash. Per quest'ultimi il Monte è il gigantesco mandala dei Dhyani Buddha e Bodhisatva descritto nel Tantra di Demciog: il "mandala della sublime benedizione"; il vicino Manasarovar è il lago Anavapatta della tradizione buddhista. E come ogni tempio hinduista ha la sua cisterna dove il fedele si immerge, così ai piedi del Kailash si adagiano il Manasarovar, solare, maschile e luminoso, ed il Raksha Tal (lett. lago dei demoni) lunare, scuro e femminile. 
Anagarika significa "senza casa", nome appropriato per un cercatore spirituale che respinge il concetto di "conquistare un cima": è la montagna che conquista l'uomo. Lama Govinda compì il rituale percorso attorno al Kailash e per poi raggiungere le città ormai dirute di Toling e Tsaparang che tuttora racchiudono preziosi affreschi, veri gioielli dell'arte tibetana. 

Verso Toling e Tsaparang

In una giornata di grazia, di quelle che si ricordano per tutta una vita, ci siamo affacciati su un paesaggio che è stato una sorpresa: per la delizia dei nostri occhi, nel lungo scorrere degli eoni, il fiume Satlej ha scavato il grande altipiano di arenaria, creando mille e mille canyon, un labirinto infinito, e, oltre la valle, a meridione le nevi del Garwal balenano come diamanti al sole. 
Ed eccoci finalmente alla presenza delle rovine dell'antichissima Guge, sorta verso l'anno 1000, prima del grande regno dei pontefici di Lhasa. Nei secoli divenne una grande potenza che si estendeva dal Ladakh fino quasi a Ghyantsé per oltre un migliaio di chilometri. 

La missione di de Andrade e la fine del regno di Guge 

Antonio de Andrade, portoghese della Compagnia di Gesù, dalla casa madre indiana di Goa fu il primo europeo a raggiungere Guge nel 1624. Venne accolto dal re e ricevette l’autorizzazione a predicare. Nel 1625 venne fondata la prima chiesa cattolica in Tibet ed un’altra chiesa venne eretta a Rutok nella zona di confine con il Ladakh nel 1630. Ma, come ci raccontano le "Cronache del Ladakh", tutto questo è scomparso alla fine del 1600 durante l’occupazione e la distruzione del regno da parte dei Ladakhi i quali invasero il regno senza poi riuscire a mantenerne il controllo. L'altopiano entrò così nell'orbita di Lhasa. Per conquistare la cittadella di Tsaparang, i Ladakhi avevano mandato avanti i mercenari islamici i quali si adoperarono in modo che i nemici passassero dalla parte di Allah, cioè tagliarono la testa a tutti. Il regno scomparve. Pian piano sono crollate le case ed è difficile immaginare che in questo deserto vi potesse essere un’oasi verde con alberi, con campi, con piantagioni, con vita. Ti guardi attorno e ti chiedi se non sei sull’altra faccia della luna, se non sei atterrato qui con un astronave; ti senti completamente fuori dal mondo. Oggigiorno arrivi comodamente in 4x4 e pensi a quando Tucci o Lama Govinda sono arrivati qui dall’India a piedi con due mesi di viaggio per trovare questi cumuli di sabbia, perché in realtà tutto quello che ti circonda è sabbia: basta un po' di pioggia per sciogliere un muro. Ed allora ti chiedi "ma come è possibile che qui potesse vivere della gente in mezzo ad una natura così ostile", poi entri in quelle che sembrano delle comuni case di sabbia, ti arrampichi su questa collina che sembra lì lì per crollarti in testa: Pareti, soffitti, pavimenti: tutto arenaria, e scopri al suo interno dei tesori stupendi o, meglio, quello che ne è rimasto. Tsaparang fu uno dei maggiori centri storici ed artistici del tibet e nel Lhakang Kharpo (Cappella Bianca) e nel Lhakhang Marpo (Cappella Rossa) ammiriamo splendidi esempi di arte kashmira reinterpretati da artisti tibetani. 
La città era già disabitata ai tempi in cui l'aveva visitata Tucci, il resto l’hanno fatto le "guardie rosse" intorno al ’66 distruggendo tutte le statue. Quando Lama Govinda arrivò nel Tibet occidentale nel ’49, ultimo straniero a visitare questa zona, le statue erano ancora in piedi. Le "guardie rosse" hanno distrutto solo le statue, ma (grazie al cielo!), hanno lasciato intatte le immagini. 

Atisha ed io

Il regno di Guge nel Tibet occidentale venne fondato verso il 9° secolo dopo la morte del re Langdarma ed il crollo dell’impero tibetano dello Yarlung. Uno di figli del re Wosun, si diresse verso Occidente nella zona fra l’Indo ed il Sutlej, fondò il regno di Guge e pose la capitale a Tsaparang. Un’ulteriore espansione del regno avviene nell’11° secolo con l'arrivo di Atisha. 
Avevo già incontrato Atisha nella valle dello Spiti dove aveva partecipato alla fondazione del monastero di Tabo. Il merito era di re Yeshe O. Fu lui che riuscì a convincere Atisha, dotto abate indiano, a venire in Tibet dalla lontana India per diffondere il Dharma. 
Atisha rifletté a lungo sull’invito reale prima di accettare. Passò qualche anno e l’invito divenne sempre più pressante. Atisha pregò la sua divinità tutelare, Tara Verde, chiedendo guida ed ispirazione. La nobile Tara (per i Tibetani sarebbe divenuta Dolma) apparve al venerabile guru in un sogno luminoso: "Se ti recherai in Tibet, il Dharma vi dimorerà a lungo, ma la tua vita sarà più breve di dodici anni"
Atisha aveva ormai passato i sessant’anni, era considerato il più grande maestro spirituale dell’India. Era un uomo arrivato, diremmo oggi. Eppure decise: diffondere il Dharma era più importante del prolungare la sua esistenza mortale. Partì a piedi dalle pianure dell’India, superò i passi impervi con l’agilità di Brad Pitt in “Sette anni in Tibet” e giunse sul tetto del mondo. Trascorse i suoi ultimi anni trasmettendo a voce i suoi insegnamenti. 
Morì in Tibet come aveva predetto Tara. 

Verso nuovi mattini

Atisha scelse il Dharma, il Tibet, una vita più breve, ed arrivò a Guge.

Oggi anch'io sono arrivato a Toling. E' la fine del viaggio, del mio viaggio. Ho coronato un sogno, ho raggiunto il "luogo", ho montato la tenda alle pendici del mio "Monte Analogo". Ora è tempo che inizi a viaggiare dentro di me. Voglio capire cosa mi affascina di questo mondo: i paesaggi? La gente? La cultura?

Perché questa "voce" che ogni anno mi ammalia e mi spinge verso una terra dove i valichi toccano il cielo?

Ed allora avanti!

In cammino verso un nuovo mattino: sarà un viaggio affascinante! 

  

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