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Agra
traversata da Kathmandu a Delhi attraverso Uttar Pradesh, Madia Pradesh e Rajastan

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Agra, una città indiana

A chi torna in Italia via Delhi, sconsiglio un volo in coincidenza. Personalmente cerco di tornare a Delhi con un paio di giorni di anticipo sul volo internazionale ed allora mi rifugio ad Agra od a Jaipur. Dall’aeroporto, con una macchina a noleggio, in massimo quattro ore si raggiunge ad Agra nelle primo pomeriggio. Una visita al Forte Rosso e all’indomani, all’alba, al Taj Mahal. Serata a Delhi per una cena in Connaught place e poi un lungo volo di ritorno.

Il forte rosso

Akbar costruì il forte rosso di Agra (1567-75) presso la Yamuna, allora grande e veloce. Suo consulente fu l’ingegnere idraulico Qasim Khan che costruì le mura d’arenaria e gli edifici su un precedente forte hindu. Le mura sono grandiose, con un fossato tra cinta esterna ed interna. All’estremità sinistra, dove lo spazio tra le due mura è più ampio, Akbar guardava dalla torre ottagonale il suo sport favorito, il combattimento degli elefanti. La Porta di Amar Singh è l’ingresso principale, al di là del ponte levatoio sulle acque maleodoranti del fossato. La porta fu costruita da Shaha Jahan nel 1665, per commemorare l’audacia di Rao Amar Singh, fratello del sovrano rajput di Jodhpur e nobile di corte. Rao Amar, offeso da commenti fatti in presenza dell’imperatore dal tesoriere di corte, lo uccise. Poi, resosi conto di aver commesso una imperdonabile infrazione all’etichetta, balzò a cavallo e saltò oltre le mura. Il cavallo morì e Rao Amar fu giustiziato, ma l’imperatore ammirò il suo coraggio.

In cima alla rampa, i giardini a destra portano, all’Akbar Mahal (palazzo). II grande bagno sul davanti (1611) risale al matrimonio d’amore di Jahangir con Nur Jahan e fu forse uno dei doni dello sposo. Quando la regina vi si bagnava, veniva riempito di petali di rose, per profumare l’acqua calda che sgorgava dal basso. Il rituale fu all’origine. secondo la leggenda, della scoperta da parte della regina dell’attar (essenza) di rose, che divenne il profumo di tutta la corte. Secondo altre tradizioni, la scoperta si deve alla madre di lei. Anche la facciata di marmo (1605-15), fittamente decorata, fu aggiunta da Jahangir. Oltre l’arcata incontriamo le stanze di Akbar. Poiché hanno caratteri decisamente hindu, Akbar deve essersi ispirato a costruzioni autoctone ed aver impiegato artigiani locali. La corte centrale è su archi, con tetto poggiato su mensole decorate da bizzarri intagli, tra cui incantevoli pappagalli, molto amati dagli Hindu, ma banditi dagli edifici islamici. Le stanze intorno sono riccamente decorate a intaglio. A destra v’è un ambiente di soggiorno, dietro gli appartamenti della principessa rajput (con nicchie per le sue divinità hindu), a sinistra l’harem e diritto davanti tre stanze, di cui la centrale è la biblioteca di Akbar. Qui egli viveva quando non guerreggiava. Dai padiglioni del cortile Akbar guardava i combattimenti degli elefanti, sino a quello fatale, l’anno della sua morte, in cui perirono il figlio e il nipote.

Il primogenito, Salim (in seguito divenuto Jahangir) nacque fra manifestazioni di giubilo, ma il principe si lasciò andare ad una vita dissoluta30, dedito ad alcol e oppio, mentre i due fratelli minori morivano alcolizzati. Diventato imperatore all’età di 36 anni, egli prese il nome di Jahangir (signore del mondo, 1605-27). Qui nel forte l’imperatore decorò il palazzo di Akbar con stucchi levigati e dipinti d’oro ed aggiunse a nord stanze altrettanto lussuose, dietro la lunga facciata. Gli stucchi dorati della stanza centrale, restaurata dagli inglesi, danno un’idea di quanto fosse arricchita la decorazione moghul. Nel 1609, giunto per stringere rapporti commerciali, William Hawkins registrò il modo di vivere dell’imperatore e la precisione che regolava la sua giornata, dalle preghiere del mattino alle udienze pubbliche del pomeriggio. Nel 1615, mentre Jahangir era ad Ajmer, arrivò sir Thomas Roe, inviato da Giacomo II per discutere questioni commerciali (venne in seguito considerato il primo ambasciatore inglese, non ufficiale, in India). Portò bauli di doni diplomatici, ma gli unici a suscitare l’interesse dell’imperatore furono i quadri. I ritratti in miniatura stimolarono nei suoi pittori nuova freschezza e realismo e i quadri di Cristo ispirarono l’idea di aggiungere un’aureola celestiale ai ritratti dell’imperatore.

Usciti dalle stanze di Jehangir, giungiamo a tre padiglioni di marmo bianco. Quello centrale a cinque archi è il Khas Mahal, palazzo privato di Shaha Jahan. I due padiglioni a lato sono quelli delle figlie predilette Jahanara (che realizzò Chandini Choawk nella vecchia Delhi) e Roshanara. Tetti curvi allungati di tradizione rajput, marmi traslucidi che filtrano luce, ma non calore. Soffitti in oro e azzurro (restauro del 1875); sui muri erano appesi arazzi e ritratti. All’esterno l’aria era rinfrescata da fontane e profumata da fiori. Attorno al Giardino della Vita (Anguri Bagh) vivevano le donne della casa imperiale, nelle stanze d’arenaria costruite da Akbar. I bagni reali erano nell’angolo nord-est, dotati di due anticamere dette Shish Mahal (palazzo degli Specchi). perché ricoperti di specchi che brillavano alla luce delle candele. La serie di edifici seguenti, sulla piattaforma di marmo, mostra il gusto raffinato di Shah Jahan e testimonia la tristezza della sua vecchiaia. Si tratta di Mussaman Burj (torre ottagonale). Le stanze squisitamente intarsiate formano un minipalazzo destinato a Mumtaz, con cortile, bagni, soggiorno e terrazzi. Shah Jahan lasciava il Khas Mahal e passava di qui per raggiungere la sala delle udienze private. In seguito, spostatosi a Delhi nel 1648, deposto dal terzo figlio Aurangzeb nel 1658, fu tenuto prigioniero qui, accudito da Jahanara, e poteva vedere oltre le rive dello Yamuna il mausoleo della moglie.

Aurangzeb costruì per lui la piccola Mina Masjid. Prigioniero per otto anni, Shah Jahan mori qui nel 1666. Al piano di sopra, affacciato con due troni sull’ampia piattaforma in riva al fiume, si trova lo spazioso Diwan-i-Khas (sala delle Udienze Private, 1637), con stupende colonne in pietra dura. Sul trono bianco gli imperatori ricevevano i visitatori nelle sere estive; quello nero servì quando Jahangir prese il potere, ad Allahabad quattro anni prima della morte di Akbar; in seguito lo usò per osservare i combattimenti di elefanti. Sotto il Diwan-i-Khas era custodito il favoloso tesoro reale. Sotto la piattaforma vi sono le stanze sul fiume, la Malchchi Bhavan (casa del pesce) di Akbar, nel cui spazioso giardino le cortigiane tenevano speciali bazar, occasioni uniche per corteggiamenti pubblici; secondo la leggenda qui Jahangir incontro Nur Jahan e Shah Jahan la sua Mumtaz. Aurangzeb pose fine a questi trastulli e fece scavare stagni per pesci. Si visitano poi la Nagina Masjid e infine il maestoso Diwan-i-Am (sala delle udienze pubbliche) di arenaria con interessanti capitelli e le grate da cui le dame assistevano alle udienze. Chi sopravvive al caldo afoso della giornata estiva può cercare di visitare la Moti Masjid (moschea della perla).

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