Pashupatinath, Bodhanath

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Pashupatinath, Bodhanath
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Pashupatinath

Il più importante tempio hindu del Nepal sorge lungo le sponde del sacro fiume Bagmati, circondato dal trambusto delle bancarelle che vendono tageti, prasad (offerte

, incenso, perline rudraksha, conchiglie di strombo, immagini di divinità hindu e di templi, polvere di tika multicolore, lingam di vetro, miniature del Monte Meru e molti altri oggetti religiosi.

A prima vista Pashupatinath non ha poi un aspetto così sacro: è situato infatti a poche centinaia di metri dall’estremità della pista di atterraggio dell’aeroporto internazionale di Tribhuvan, lungo un tratto del Bagmati particolarmente inquinato. In termini religiosi, però, è un luogo cardine per la spiritualità hindu. Altrove in Nepal, Shiva è adorato nella terribile forma distruttiva di Bhairab, mentre presso il Tempio di Pashupatinath è celebrato come Pashupati, il pacifico signore degli animali. Sadhu e devoti di Shiva giungono fin qui da ogni angolo del subcontinente indiano e sono molti i nepalesi che scelgono di essere cremati in riva al sacro fiume Bagmati. Persino i re del Nepal erano soliti recarsi presso il tempio per chiedere la benedizione di Pashupati prima di intraprendere un viaggio importante. Alla comunità nepalese dei dalit (‘intoccabili’) l’accesso al santuario è stato consentito soltanto nel 2001. Ai visitatori non hindu non è permesso entrare nel tempio principale, ma l’insieme di santuari shivaiti, lingam e ghat dei dintorni è comunque un complesso affascinante e molto pittoresco. Intorno agli edifici si aggirano gruppi di sadhu che, nella speranza di rimediare qualche rupia, si prestano a farsi fotografare insieme ai turisti. Siate rispettosi nell’uso della macchina fotografica presso i ghat dove avvengono le cremazioni: a un funerale in patria non rubereste immagini dei parenti addolorati, per cui non fatelo nemmeno qui. Potete visitare Pashupatinath nell’ambito di un’escursione di mezza giornata dal centro.

 

Controversie legali

I sacerdoti del tempio, i Bhatta, sono di origine indiana. Questo fatto, assieme alle numerose accuse di corruzione nei loro confronti è sempre stato un problema per i nepalesi.

Nel gennaio 2009, dopo le dimissioni forzate del brahmino capo del tempio di Pashupatinath, il governo Maoista selezionò autonomamente un sacerdote nepalese e lo mise alla guida del tempio, non rispettando la tradizione secolare secondo la quale il brahmino capo deve essere di origine indiana. Questa decisione fu fortemente contestata dai sacerdoti indiani del tempio, i quali sostenevano di non essere contro la selezione di brahmini nepalesi, ma che questo fosse stato fatto senza una procedura appropriata. La questione fu portata in tribunale e la Corte Suprema del Nepal, diede ragione ai brahmini del tempio. Ciononostante, la sentenza venne ignorata e questo provocò indignazione e proteste pubbliche per la mancanza di trasparenza da parte del governo. Il YCL un gruppo paramilitare maoista, attaccò i manifestanti provocando numerosi feriti. Numerosi attivisti ed avvocati appartenenti ai partiti di opposizione presero parte alla protesta dichiarando il loro supporto ai sacerdoti. Dopo numerose manifestazioni di protesta in Nepal ed in altri stati, il governo fu costretto a tornare sui propri passi.

 

Tempio di Pashupatinath

Il 25 aprile 2015 al contrario di molti edifici storici a Kathmandu, il tempio di Pashupatinath non ha subito danni.

Solo agli hindu è consentito entrare nel corpo principale di questo famoso tempio, ma si può comunque sbirciare all’interno da diversi punti intorno al muro perimetrale. Dall’ingresso principale situato sul lato oc-cidentale del complesso si riesce a scorgere l’imponente parte posteriore dell’enorme statua bronzea di Nandi, il toro di Shiva. All’interno del santuario, nascosta alla vista, si trova una rappresentazione nera a quattro teste di Pashupati. Il tempio dalla caratteristica forma a pagoda fu costruito nel 1696, sebbene Pashupatinath fosse un luogo di culto hindu e buddhista già molto tempo prima. Salendo dalle terrazze, nella zona occidentale del tempio, potrete scorgerne il tetto laminato in oro. Altri scorci si aprono dalla parte superiore delle terrazze affacciate sulla riva orientale del Bagmati, all’interno del complesso. Seguendo la strada che si dirige verso sud dall’entrata laterale del tempio, passerete di fianco al Panch Deval (Cinque Templi), un antico tempio che oggi funge da ricovero per anziani indigenti. I visitatori possono contribuire donando qualcosa (c’è un’appositacassetta per le offerte).
Le rive del Bagmati

 dispetto dell’immondizia e dell’inquinamento che lo deturpa, il maleodorante Bagmati è un fiume sacro e Pashupatinath è l’equivalente nepalese di Varanasi, la città indiana sul sacro fiume Gange. I ghat lungo il Bagmati sono utilizzati per le cremazioni, ma solo i membri della famiglia reale pos-sono essere cremati esattamente di fronte al Tempio di Pashupatinath. Fu qui che ebbero luogo i funerali di 10 membri della famiglia reale nepalese in seguito al massacro del 2001.

I funerali della gente comune vengono celebrati tutti i giorni presso i ghat situati a sud del tempio. I corpi vengono avvolti in veli e deposti lungo la riva del fiume, quindi vengono cremati su una pira di legno, spesso in modo estremamente sbrigativo, quasi in batteria. È un luogo dalla grande carica emotiva dove meditare sul significato della morte ed è inutile sottolineare che per i parenti dei defunti si tratta di un momento drammatico, in cui l’intrusione dei turisti con le loro macchine fotografiche è quanto meno poco appropriata. All’estremità settentrionale dei ghat, visi-bili soprattutto dall’altra sponda del fiume, ci sono diverse grotte degli yogi che in epoca medievale venivano utilizzate come rifugi.

Camminando a sud lungo la sponda oc-cidentale si oltrepassano un grande lingam divelto dalla base e una piccola statua del Buddha in piedi del VII secolo, posta accanto al Tempio di Raj Rajeshwari, circondato da insoliti edifici minori decorati a stucco.

 

Tempio di Bachhareshwari

Tra i due gruppi di ghat situati sulla sponda occidentale del Bagmati sorge questo piccolo tempio del VI secolo, decorato con immagini tantriche, scheletri e scene erotiche. Pare che anticamente qui si compissero sacrifici umani come parte dei rituali della festa di Maha Shivaratri.

 

La riva orientale

Di fronte al Tempio di Pashupatinath due ponti pedonali attraversano il Bagmati e conducono a un giardino di terrazze di pie-tra che ospita decine di piccoli santuari di Shiva. Costituiti da un’unica stanza, questi tempietti sono spesso usati come riparo dai sadhu erranti e ciascuno di essi, al centro, contiene un lingam di Shiva. Nonostante presentino stili diversi, tutti i santuari condividono caratteristiche architettoniche simili, come la presenza di una maschera di Bhairab (l’incarnazione distruttrice di Shiva) sul lato meridionale e, sul lato settentrionale, una statua del toro Nandi e una fontanella a forma di testa di animale. Da notare l’interessante lingam con il volto di Shiva all’estremità settentrionale del complesso. Due scalinate risalgono il fianco della collina tra i santuari e passano accanto al Tempio di Ram, una struttura dagli elaborati affreschi che spesso è gremita di sadhu in visita, soprattutto in occasione della Festa di Maha Shivaratri. In cima, dove il sentiero entra nella foresta, una pista secondaria si stacca verso nord lungo la parte superiore delle terrazze giungendo a un punto panoramico che domina il Tempio di Pashupatinath. Cercate di individuare il poderoso tridente dorato lungo il fianco settentrionale del tempio e, lungo quello meridionale, la figura dorata del re inginocchiato che prega sotto la protezione dei naga (divinità con le sembianze di serpente). Sui ghat situati proprio sotto questa terrazza i fedeli si dedicano alle abluzioni rituali immergendosi nelle acque poco invitanti del Bagmati, mentre i santoni compiono i loro cerimoniali sui gradini di pietra e, tutt’intor-no, i bambini cercano di recuperare monete dalle torbide acque del fiume servendosi di una calamita appesa a una cordicella.

 

Tempio di Vishwarup

Dalle terrazze i gradini continuano a salire sulla collina fino a un comodo caffè e a un altro grande complesso di santuari di Shiva, situati al limitare di una foresta che merita di essere esplorata. Sono più di 50 i santuari presenti in questo complesso e la varietà degli stili architettonici è sbalorditiva. Piegando verso sinistra dopo essere arrivati in cima alla collina si raggiunge il Tempio di Vishwarup, che si sviluppa intorno a un cortile ed è sormontato da una cupola a bulbo in stile moghul. L’accesso al tempio è riservato agli hindu, ma si può sbirciare attraverso il cancello.

 

Tempio di Gorakhnath

Girando a sinistra in cima alla collina giungerete all’imponente shikhara bianco e rosso del Tempio di Gorakhnath, dedicato allo yogi vissuto nell’XI secolo che fondò la tradizione monastica shivaita e inventò lo hatha yoga. Oltrepassato il Tempio di Gorakhnath, il sentiero imbocca una ripida discesa attra-verso la foresta passando accanto al Parco del Cervo di Mrigasthali, un luogo in cui si mescolano natura e religione, poiché si dice che qui un tempo Shiva si fosse divertito a scorrazzare dopo aver assunto le sembianze di un cervo dorato.

 

Tempio di Guhyeshwari

Uscendo dalla foresta, il sentiero giunge fino al fianco del grande Tempio di Guhyeshwari, che sorge intorno a un cortile e fu costruito da re Pratap Malla nel 1653 in onore di Parvati (la consorte di Shiva) nella sua terribile manifestazio-ne di Kali. L’accesso è consentito esclusivamente agli hindu, ma dal sentiero è possibile sbirciare all’interno del complesso per scorgere i quattro imponenti serpenti dorati che sostengono la cuspide del tetto.La sponda del fiume di fronte al tempio è fiancheggiata da santuari di Shiva e da basamenti di forma ottagonale presso cui vengono compiute le abluzioni rituali. Il curioso nome del tempio deriva dalle parole nepali guhya (vagina) e ishwari (dea) – letteralmente, dunque, si tratta del ‘tempio della vagina della dea’! Secondo una leggenda, il padre di Parvati insultò Shiva e il furore della dea fu tale da farla andare a fuoco, ispirando la pratica del sati, nella quale le vedove venivano bruciate vive sulla pira funeraria del marito. Affranto, Shiva vagò per il mondo portando con sé i resti in disfacimento di Parvati, e Guhyeshwari è il punto in cui caddero i suoi genitali. Gli hindu indiani attribuiscono la medesima leggenda al Tempio di Kamakhya a Guwahati, in Assam.

 

Bodhnath (Boudha)

 

Prachanda, il terribile (Pushpa Kamal Dahal), inaugura lo stupa restaurato a spese dei tibetani (22 novembre 2016)

Carrozzina consegnata nel 2016 e rincontrata nel 2022...
Papà castoro, raccontaci una storia...

Bodhnath è un luogo davvero unico nel suo genere. Il più grande stupa di tutta l’Asia pulsa di vita quando, ogni mattina, migliaia di pellegrini vi si radunano intorno per compiere il rituale giro della cupola, sotto gli occhi vigili e penetranti del Buddha che tutto vedono dalla torre centrale dorata. Monaci tibetani con la testa rasata e in tunica bordeaux si aggirano per le stradine addobbate con le bandiere di preghiera, mentre i pellegrini fanno girare le ruote di preghiera e acquistano burro di yak e tsampa (farina d’orzo arrostita). Questo è uno dei pochi luoghi al mondo in cui la cultura buddhista tibetana può manifestarsi senza restrizioni; lungo le stradine intorno allo stupa si assiepano monasteri e laboratori che producono candele di burro, corni cerimoniali, tamburi tibetani, cappelli piumati per i monaci e i numerosi altri oggetti che costituiscono il corredo essenziale per la vita buddhista.

Storicamente, lo stupa era un’importante stazione di posta lungo la rotta carovaniera tra Lhasa e Kathmandu e i mercanti tibetani pregavano qui per propiziare il viaggio prima di partire con i loro yak alla volta dei passi ad alta quota dell’Himalaya. Oggi, i tibetani che vivono nel villaggio di Boudha sono per la maggior parte rifugiati fuggiti dalla Cina nel 1959, ma lo stupa attira anche molti sherpa, discendenti delle popolazioni tribali tibetane che migrarono in Nepal nel XVI secolo. Molti dei monasteri in prossimità dello stupa hanno aperto le loro porte agli studenti stranieri ed è facile che, camminando per le strade che lo circondano, incontriate diversi occidentali con le caratteristiche vesti bordeaux scuro.

Il momento più indicato per visitare Bodhnath è il tardo pomeriggio, quando le comitive dei viaggi organizzati lasciano il sito e gli anziani scendono allo stupa per accendere le candele di burro, far girare le ruote di preghiera, intrattenersi tra loro ed effettuare il giro rituale del monumento in senso orario. Se possibile, cercate di visitare il sito la sera del plenilunio, quando la spianata circostante lo stupa è illuminata da migliaia di candele di burro.

 

Stupa di Bodhnath

Il primo Stupa di Bodhnath fu costruito intorno al 600 d.C., all’epoca in cui il re tibetano Songsten Gampo si convertì al buddhismo. Secondo la leggenda, il sovrano fece costruire lo stupa come atto di contrizione per aver ucciso incidentalmente il padre. Purtroppo, lo stupa originario fu demolito dagli invasori moghul nel XIV secolo, perciò quello attualmente visibile è una ricostruzione successiva.
Per la grazia e la purezza delle sue linee, lo Stupa di Bodhnath non ha eguali in Nepal. Dalla cupola intonacata fino alla guglia dorata su cui campeggiano gli occhi del Buddha, il monumento possiede proporzioni perfette e la sua elevata valenza simbolica ne fa una potente allegoria tridimensionale del sentiero percorso dal Buddha verso il risveglio spirituale. La base rappresenta la terra, la kumbha (cupola) l’acqua, l’harmika (torre quadrangolare) il fuoco, la guglia l’aria, mentre l’ombrello sulla sommità del monumento simboleggia il vuoto oltre lo spazio.
In origine gli stupa erano costruiti per ospitare reliquie sacre; alcuni sostengono che a Bodhnath siano conservate quelle di Kashyapa, il Buddha precedente, mentre per altri all’interno dello stupa sarebbe custodito un frammento osseo dello scheletro di Siddhartha Gautama, il Buddha storico. Intorno alla base dello stupa si trovano 108 piccole sculture del Dhyani Buddha Amitabha (nella cultura tibetana 108 è un numero propizio) e una serie di 147 nicchie, ciascuna delle quali contenente quattro o cinque ruote di preghiera.
Per salire sulla base recatevi all’ingresso all’estremità settentrionale dello stupa, di fianco a un piccolo santuario dedicato a Hariti (Ajima), la dea del vaiolo. La base, aperta dalle 5 alle 18 (fino alle 19 in estate), offre un punto di osservazione rialzato sui movimenti della massa di pellegrini intorno allo stupa. Da qui si possono vedere i fedeli che si prostrano a terra nel cortile sul lato est del complesso.

 

Gompa di Shechen Tennyi Dargyeling

(www.shechen.org) Situato a ovest, lungo la stradina che conduce alla Dragon Guest House, questo imponente complesso fu fondato dal famoso lama nyingmapa Dilgo Khyentse Rinpoche in sostituzione del gompa di Shechen andato distrutto nel Tibet orientale.Il monastero è oggi sede di una florida comunità di oltre 300 persone tra monaci e novizi e la sua sala di preghiera principale è impreziosita da favolose pitture murali di artisti bhutanesi. L’annessa Scuola d’Arte Tsering produce artigianato buddhista che viene venduto nello spaccio del monastero.

 

Gompa di Ka-Nying Sheldrup Ling

Proseguendo più a nord, lungo una strada laterale, si giunge allo splendido ‘gompa bianco’, sede di una comunità di 225 monaci. Il complesso è caratterizzato da giardini ornamentali e da interni sontuosamente decorati, tra cui spiccano pitture e thangka di squisita fattura. Presso l’annesso Rangjung Yeshe Institute si tengono corsi di tibetano, sanscrito, nepali e studi buddhisti.

 

Altri gompa

Dagli anni ’50 a oggi, ossia dopo l’invio da parte della Cina di migliaia di uomini dell’esercito a sostegno delle proprie rivendicazioni territoriali in Tibet, decine di nuovi monasteri sono stati costruiti a Bodhnath dai profughi tibetani. Tutti sono aperti ai visitatori, ma spesso le loro porte vengono chiuse a metà giornata.
Tra i monasteri principali che vale la pena di visitare figurano il Gompa di Guru Lhakhang, il Gompa di Samtenling, il Gompa di Sakya Tharig, il Gompa di Pal Dilyak e il Gompa di Pal Nye. Tutti sono ugualmente meritevoli del vostro tempo: il suono squillante delle trombe tibetane e l’ipnotico rullio dei cembali vi segnalerà quali sono aperti.

 

 

 

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