' ' ' Tsongkhapa

MÖN LAM 2152

Con AnM e Marco Vasta nel Tibet Orientale 1-16 febbraio 2025

per la Grande Festa della Preghiera dal  4° all'11° giorno del 1° mese del calendario lunare

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Je Tsongkhapa

L'uomo venuto dal paese delle cipolle

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Nāgārjuna
 
 

Tsongkhapa (1357–1419) (letteralmente: "L'Uomo della Valle delle Cipolle") è considerato il fondatore dei Gelugpa, i c.d. berretti gialli, ma in realtà non fu mai interessato a fondare una nuova scuola del buddhismo tibetano. Furono i suoi discepoli a organizzarsi in un nuovo ordine monastico che seguiva le tesi e le interpretazioni di Tsongkhapa riguardo alla logica di Nāgārjuna, il maestro tantrico indiano. Questo studioso del II secolo tentò di dimostrare l'impossibilità di affermare che qualsiasi cosa:

1) sia esistente;

2) sia non esistente;

3) sia al contempo esistente e non esistente;

4) non sia né esistente né non esistente.

Ciò si basa sull'idea per cui una cosa, per esistere, deve essere in- dipendente. Per esempio, dato che il riflesso della luna in uno specchio d'acqua dipende dalla luce della luna, dalla pozza d'acqua e dalla persona che la osserva, possiamo difficilmente affermare che il riflesso «esista» in modo indipendente da questi fat tori.

L'idea non apparteneva a Nāgārjuna, poiché era già stata espressa nei sutra della Perfezione della saggezza e sintetizzata nei famosi versi del Sutra del Cuore: «La forma è vacuità; la vacuità è forma. La vacuità non è diversa dalla forma; la forma non è diversa dalla vacuità. Allo stesso modo i sentimenti, la percezione, la motivazione e la coscienza sono vacui».


Tsongkha (Essen Collection)
Rolpe Dorje IV Karmapa
Drigung oggi
Prajñāpāramitā; la bodhisattva della conoscenza trascendente
sopra: Rendawa
Umapa
Sopra: Manjushri Nero
Radreng-Reting prima del 1959
 
 
 

Durante il viaggio di ritorno dopo un soggiorno alla corte dell'imperatore mongolo nel 1359, il quarto Karmapa sostò nella regione di Tsongkha, nell'Amdo nord-orientale. Tra i molti visitatori che giunsero per ricevere benedizioni e consigli, fu por- rato al suo cospetto un bambino ai primi passi, la cui intelligenza e serietà erano già state osservate dai genitori e dai monaci locali. Il Karmapa esegui la cerimonia per conferire un nome al fanciullo, dandogli i voti religiosi di laico e il nome Kunga Nyingpo. Quando il bambino crebbe e si recò in Tibet centrale, sarebbe diventato invece noto come Tsongkhapa, l'uomo di Tsong- kha. Tsongkhapa avrebbe scosso la vita religiosa del Tibet, mentre i suoi eredi spirituali, tra i quali vi sarebbero stati i Dalai Lama, ne avrebbero trasformato la vita politica. Tuttavia, per il momento Tsongkhapa era semplicemente un giovane monaco proveniente dalle più distanti propaggini del mondo tibetano.

Durante l'infanzia, egli fu accolto sotto l'ala protettiva di un lama Sakya del luogo e praticò intensamente la meditazione tantrica sin da giovane età. Il suo maestro riteneva però che egli dovesse studiare filosofia nei grandi centri monastici dell'apprendimento e così, come molti altri giovani monaci brillanti e promettenti del Tibet orientale, all'età di sedici anni Tsongkhapa lasciò la terra natale e si diresse in Tibet centrale.

Quando stava per partire, il maestro gli porse un foglietto contenente istruzioni dettagliate riguardo al suo corso di studi. Sfortunatamente, Tsongkhapa perse questi appunti prima di giungere a destinazione, sebbene ne avesse memorizzato le prime righe, sufficienti a iniziare il percorso. Intraprese così la propria odissea attraverso le svariate tradizioni e gli insegnamenti del buddhismo tibetano

La sua prima tappa fu il monastero di Drigung, riedificato di recente e di nuovo completamente funzionante dopo che l'esercito di Kubilai Khan l'aveva raso al suolo come brutale risposta alla rivolta lì scoppiata. Tsongkhapa trascorse un anno studiando le pratiche meditative del Grande sigillo e apprese le basi della medicina. Decise poi che era giunto il momento di intraprendere un serio corso di studi filosofici. A quel tempo, nonostante il recente collasso del potere politico dei Sakya, la tradizione filosofica era ancora largamente insegnata nei loro monasteri, dove Tsongkhapa iniziò così tali studi. Per i suoi compagni divenne ben presto chiaro che era uno studioso eccezionale e dopo due anni di studio intensivo Tsongkhapa decise di intraprendere un viaggio di dibattito. Per quanto avesse solo diciannove anni, si sentiva pronto ad affrontare questa sfida.

Un viaggio di dibattito era un modo comune attraverso cui gli eruditi Sakya testavano la propria tempra filosofica. Essi si spostavano da un'università monastica a quella successiva ingaggiando dibattiti accademici che potevano fungere anche da esami orali e che portavano a svariate qualifiche. Così Tsongkhapa, come altri intelligenti e ambiziosi giovani studiosi del suo tempo, viaggio da un monastero all'altro seguendo le lezioni di famosi maestri e affinando le sue abilità dialettiche. I problemi politici al monastero di Sakya lo costrinsero ad affrontare tre tentativi per potervi svolgere degli esami, ma infine poté ricevere le qualifiche ufficiali nello studio della Perfezione della saggezza, uno dei cinque soggetti principali del percorso di studi Sakya.

L'intelletto irrequieto di Tsongkhapa lo tenne in movimento: per suo temperamento era restio a lasciarsi istituzionalizzare e non si stabili mai in nessuna università monastica. Insoddisfatto delle spiegazioni che riceveva dalla maggior parte dei maestri, continuò a spostarsi da un luogo all'altro, ma la situazione mutò quando incontrò Rendawa, un filosofo Sakya dissidente che sosteneva un'inusuale interpretazione della filosofia del Madhyamaka. Tsongkhapa vide in lui qualcuno che poteva uguagliare il suo intelletto critico e trascorsero così assieme un certo periodo. Egli espresse il suo rispetto per questo maestro in un breve verso, che più tardi Rendawa riscrisse a sua volta e dedicò allo stesso Tsongkhapa. Questa seconda versione, ora nota come Migtsema, è spesso recitata ancora oggi come invocazione a Tsongkhapa:

Avalokiteshvara, grande tesoro di impeccabile gentilezza,

Manjushri, maestro di immacolata conoscenza,

Tsongkhapa, gioiello della corona degli eruditi tibetani,

io mi prostro ai piedi di Losang Drakpa.

 

Con l'aiuto di Rendawa, Tsongkhapa si preparò ai restanti quattro esami del curriculum Sakya. Fu in quel periodo che iniziò a soffrire del mal di schiena cronico che l'avrebbe afflitto per il resto della vita. Nondimeno, padroneggiò i testi, affrontò gli esami e li superò tutti. Appena trentenne e sempre più sicuro di sé, Tsongkhapa iniziò allora a scrivere commentari, a insegnare e a radunare studenti. Da quel momento in poi, egli avrebbe condiviso il suo stile di vita peripatetico con un gruppo di seri discepoli, che studiavano e meditavano assieme. Questa compagnia di monaci divenne ben nota per il loro aspetto caratteristico. Evitando le consuete vesti tibetane in pesante lana, Tsongkhapa e i suoi studenti rappezzavano i propri indumenti utilizzando ogni brandello che riuscivano a trovare, secondo lo stile dei primi discepoli del Buddha in India. Tsongkhapa trascorse anni con questi seguaci cenciosi, concentrandosi sulla meditazione tantrica, sullo yoga delle divinità della tradizione Sakya e sulla meditazione delle energie interne del corpo della tradizione Kagyu. Durante questo periodo di vagabondaggio, egli incontrò maestri di tutte le tradizioni buddhiste tibetane, ma quello che più lo impressionò fu un personaggio poco convenzionale di nome Lama Umapa. Cresciuto come pastore nel lontano Amdo, terra natale di Tsongkhapa, costui aveva esperito da bambino una visione di Manjushri Nero, una forma del bodhisattva della saggezza presente nella tradizione Sakya. Quando crebbe e iniziò a praticare la meditazione, le visioni di Manjushri sorsero quotidianamente, così che Umapa avrebbe interrogato la divinità riguardo alle proprie preoccupazioni di ogni giorno. Tsongkhapa era desideroso di ricevere i particolari potenziamenti di questo maestro e i due si recarono insieme in ritiro per un certo tempo. Succes sivamente, Umapa ritornò alle proprie peregrinazioni, imboccando un percorso tortuoso per la sua terra natale, in Amdo.

Nel frattempo, Tsongkhapa si stava progressivamente convincendo del fatto che la sua conoscenza intellettuale necessitava di essere approfondita attraverso l'introspezione meditativa, e che solo un ritiro intensivo avrebbe potuto adempiere a questo proposito. Prese dunque con sé otto dei suoi migliori discepoli perché lo accompagnassero in un ritiro di quattro anni. Proprio come Longchenpa e i suo suoi seguaci, il gruppo condotto da Tsongkhapa esperì visioni, sia individuali sia di gruppo, che convinsero i suoi membri dell'efficacia della loro meditazione. Il ritiro fu un grande successo, ma l'ultimo tassello del mosaico che avrebbe costituito la concezione completa della via buddhista secondo Tsongkhapa non era ancora al suo posto.

Ciò accadde infine quando egli visitò il piccolo monastero Nyingma di Lhodrag, uno dei pochi luoghi che conservavano ancora gli insegnamenti di Atisha e della scuola Kadam. Quest'ultima era stata progressivamente oscurata dai Sakya durante il periodo dell'influenza mongola, quando la maggior parte dei monasteri Kadam erano diventati Sakya, la loro dottrina era stata assorbita all'interno del percorso di studi di questi ultimi, mentre le loro istruzioni sull'addestramento mentale e la via graduale erano ora trasmesse solamente da alcuni lama come l'abate di Lhodrag. Per quanto i Sakya fossero dotati di propri specifici insegnamenti riguardo a tali soggetti, Tsongkhapa si stava rendendo conto di voler creare qualcosa di nuovo, non necessariamente una scuola, ma quantomeno una nuova formulazione del sentiero buddhista.

L'opportunità per mettere tutto questo per iscritto giunse qualche che anno anno dopo, quando, riunitosi con Rendawa, Tsongkhapa si recò al monastero di Radreng, la dimora originale della tradizione Kadam. Qui scrisse la Grande esposizione degli stadi della via  Lam Rim Chen Mo, un testo sul sentiero graduale che combinava l'approccio di Atisha con l'interpretazione personale di Tsongkhapa della filosofia del Madhyamaka. Compose la maggior parte dei suoi scritti sedendo su un affioramento roccioso che sovrastava il monastero, tenendo spesso un ritratto di Atisha al proprio fianco. Completata quest'opera, Tsongkhapa scrisse la Grande esposizione del mantra segreto, ritenendo che questi due testi coprissero il sentiero buddhista nella sua interezza.

A quel punto era quasi cinquantenne ed era diventato uno dei più celebri maestri del paese. Quando scelse un monastero in cui trascorrere l'inverno, Tsongkhapa era ormai seguito da centinaia di discepoli. Fu così che ricevette l'invito da parte dell'imperatore cinese Yongle, patrono di numerosi lama tibetani. Tuttavia, fedele al proprio percorso, Tsongkhapa rifiutò l'appello in modo da poter continuare a insegnare e affinare le sue visioni filosofiche. Al suo posto inviò comunque un discepolo, che riuscì a ottenere il patrocinio dell'imperatore. Tsongkhapa ebbe potenti sostenitori anche in Tibet, tra i quali vi furono i successori di Jangchub Gyaltsen: i membri della famiglia Pagmodru, che governava allora il paese.

Sebbene abbia continuato a viaggiare e a impartire insegnamenti per un'altra decina d'anni, stava divenendo chiaro che il suo stile di vita ne aggravava i problemi di salute, e alcuni suoi discepoli suggerirono che rimanesse in un unico luogo mentre essi edificavano un monastero appositamente per lui. Tsongkhapa acconsenti e, grazie al finanziamento ricevuto dai suoi patroni, ben presto furono avviati i lavori di costruzione. Nello stesso anno, il 1409, il maestro ebbe l'idea di dare inizio a un festival della preghiera che si sarebbe dovuto tenere a Lhasa ogni nuovo anno. Il primo di questi incontri si rivelò un enorme successo e fu così che il Grande festival della preghiera divenne una tradizione che proseguì fino a quando fu proibito dai comunisti, a metà del XX secolo.

Durante gli ultimi anni di vita, il dolore alla schiena di Tsongkhapa peggiorò ed egli arrivò persino ad accettare il consiglio dei suoi discepoli, sperimentando le sorgenti calde nei pressi di Lhasa. Tuttavia, come al solito, fu seguito da dozzine di monaci e finì con l'impartire insegnamenti anche in quella occasione. Quando Tsongkhapa scomparve, all'età di sessantadue anni, il suo nuovo monastero era appena stato completato e gli fu dato il nome Ganden, che significa «Gioioso». Il corpo del maestro fu imbalsamato e posto in uno stūpa all'interno di Ganden. La straordinaria vita dell'uomo di Tsongkha era giunta al termine, ma la sua influenza sulla storia politica e religiosa del Tibet aveva appena iniziato a farsi sentire.


Tra mito e realtà, i namthar, gli antichi racconti (biografie) delle vite dei lama dell’antica tradizione, erano fonte di ispirazione per i fedeli che avevano intrapreso il cammino spirituale di liberazione. Il maestro veniva ritratto come un essere perfettamente realizzato e ne erano messi in luce gli aspetti più degni di ammirazione come la vasta erudizione, i meriti nella pratica meditativa e la bontà delle sue azioni.

Nei secoli successivi alla morte di Jé Tsongkhapa (1357-1419), fondatore della scuola Geluk de buddhismo tibetano, ci fu un intenso fiorire della letteratura agiografica. La sua vita veniva raccontata esaltandone gli aspetti straordinari, come profezie, visioni ed episodi portentosi, considerandolo addirittura emanazione di Manjuśrī, il buddha della saggezza.

La composizione del Lamrim chenmo (Grande trattato sugli stadi del sentiero dell’illuminazione), del Grande trattato sugli stadi del sentiero del Tantra, l'istituzione della Grande Festa della Preghiera (Monlam) e la fondazione  del monastero Ganden, tutti questi ebbero anche l’effetto trasformativo sulla pratica del buddhismo in nel Paese delle Nevi..

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Ultima modifica: 23/11/2024 22:50:08

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