Budhanilkantha e Swayambhunath

INFO leggere ] Dove andiamo ] Programma ] Feste in Nepal ] Visto ] Clima ] Redazionale AnM ] Leggere il Nepal ] Marco in Nepal ]

 

Bhaktapur
Da Dakshinkali a Kirtipur
Thimi, Changu Narayan, Namo Buddha
Panauti
Patan
Kokana, Bungamati
Pashupatinath, Bodhanath
Budhanilkantha e Swayambhunath

Budhanilkantha

Nella Valle di Kathmandu i templi antichi e i luoghi sacri sono innumerevoli, ma Budhanilkantha è speciale, dato che, trovandosi fuori dai circuiti turistici tradizionali, è visitato soprattutto da fedeli locali. Ciò conferisce a Budhanilkantha un’atmosfera mistica unica, resa ancora più suggestiva dalle fiammelle delle candele di burro che tremolano nella brezza, dai pennacchi d’incenso che si levano nell’aria e dalla polvere di tika che i fedeli lanciano come coriandoli.

Il fulcro devozionale di Budhanilkantha è la grande statua di Vishnu disteso nella sua incarnazione di Narayan, il creatore di tutti gli esseri viventi, che fluttua sul mare cosmico. Dal suo ombelico crebbe un loto e da questo nacque Brahma, che a sua volta creò il mondo. La statua, lunga 5 metri, fu scolpita in stile Licchavi tra il VII e l’VIII secolo da un monolito di pietra nera, probabilmente in una località situata fuori dai confini della valle da cui poi venne faticosamente trasportata dai fedeli.

Per la sua imponenza è considerata una delle più grandiose sculture del Nepal (e questo è tutto dire!).

Solo gli hindu possono avvicinarsi alla statua per lasciare offerte di frutta e ghirlande di fiori, ma i visitatori possono comunque scorgerla attraverso la cancellata che circonda la vasca.

Narayan sonnecchia placido sulle spire di Ananta (o Shesha), il dio serpente a 11 teste che simboleggia l’eternità. In ciascuna mano regge uno dei quattro simboli di Vishnu: il disco dei chakra (che rappresenta la mente), una conchiglia di strombo (i quattro elementi), una mazza (la conoscenza primordiale) e un seme di loto (l’universo in movimento).

Il vishnuismo (il culto di Vishnu) fu la principale corrente hindu del Nepal fino al primo periodo Malla, quando la divinità più popolare divenne Shiva. Il merito di aver ravvivato il culto di Vishnu viene attribuito al re Jayasthithi della dinastia Malla, che affermava di essere l’ultima delle innumerevoli reincarnazioni della divinità. Tutti i re che gli succedettero sul trono nepalese rivendicarono le medesime origini divine e a causa di questo fu loro vietato di vedere la statua di Budhanilkantha, pena la morte.

Secondo la credenza popolare, Vishnu dormirebbe durante tutti i quattro mesi monsonici per risvegliarsi solo l’11° giorno del mese hindu di Kartik (ottobre-novembre), l’Haribodhini Ekadashi, un evento che a Budhanilkantha viene celebrato con grandi
festeggiamenti.

Swayambhunath

Clicca per ingrandire

Il cosiddetto ‘tempio delle scimmie’, (termine spesso usato dai turisti perché il toponimo è di difficile pronuncia) popolato da un gran numero di tali animali spesso pericolosi ed aggressivi con gli umani, sorge in cima a un’altura che domina la città e presenta un’affascinante e caotica commistione di elementi iconografici buddhisti e hindu. Al centro del complesso si trova uno scintillante stupa bianco, sormontato da una guglia dorata su cui sono dipinti gli occhi del Buddha – li vedrete raffigurati in tutta la Valle di Kathmandu.

Nel mettere piede a Swayambhunath si prova un senso di stordimento, fra la vista di antiche sculture stipate in ogni centimetro quadrato di spazio disponibile, l’odore penetrante dell’incenso e quello delle candele di burro. L’atmosfera si fa ancora più mistica al mattino e alla sera, quando i fedeli camminano intorno allo stupa facendo girare i mulini di preghiera collocati intorno alla sua base. È un posto magnifico da cui ammirare il tramonto su Kathmandu.

La leggenda vuole che un tempo la Valle di Kathmandu fosse un lago (e studi geologici sembrano confermarlo) dalle cui acque un giorno emerse spontaneamente la collina oggi sormontata da Swayambhunath – nome che infatti significa ‘sorto da sé’.

Si dice che l’imperatore Ashoka abbia visitato il tempio 2000 anni fa, ma i primi documenti che attestano la presenza umana in questo luogo risalgono al 460 d.C. Durante il XIV secolo gli invasori moghul provenienti dal Bengala devastarono lo stupa in cerca d’oro. L’edificio fu poi restaurato e ampliato nei secoli successivi.

 

Scalinata orientale

Delle due vie per accedere al Tempio di Swayambhunath, quella di gran lunga più suggestiva è la scalinata in pietra usata dai pellegrini che si arrampica lungo il fianco orientale della collina. (Suggestiva? Meglio l'altra posteriore cui si arriva in autobus e che è meno faticosa).

 Costruita dal re Pratap Malla nel XVII secolo, questa ripida scalinata è invasa da frotte di macachi che, simili a furiosi skateboarder, hanno elevato ad arte lo scivolare giù lungo le ringhiere della scalinata. Un’avvertenza: eventuali cibarie vanno tenute lontane dalla vista di queste fameliche bestiole!

Alla base della collina vedrete una schiera di statue del Buddha dipinte a colori vivaci, dopodiché, salendo i gradini, si costeggia una serie di chaitya e bassorilievi, uno dei quali raffigura la nascita del Buddha, con la madre, Maya Devi, che si aggrappa al ramo di un albero. Sul posto s’incontrano spesso anche astrologi tibetani che vengono qui a interrogare stelle e pianeti. Verso la cima i gradini sono fiancheggiati da coppie di Garuda, leoni, elefanti, cavalli e pavoni, i ‘veicoli’ dei Dhyani Buddha. Poco prima della fine della salita c’è la biglietteria (ce n’è un’altra all’entrata occidentale, vicino al parcheggio degli autobus turistici). Una volta raggiunta la sommità, ricordatevi di camminare intorno allo stupa in senso orario.

 

Grande Folgore

In cima alla scalinata orientale si staglia un grande dorje (folgore celeste) ottonato, uno dei simboli più importanti del buddhismo tibetano. Conosciuta come vajra in sanscrito, la folgore simboleggia il potere della luce, che distrugge l’ignoranza ed è a sua volta indistruttibile. Nei rituali il dorje è usato per indicare il potere maschile, mentre quello femminile è rappresentato da una campana cerimoniale.
Intorno al basamento del dorje si riconoscono gli animali del calendario tibetano, mentre ai suoi lati si trovano i templi di Anantapura e Pratapura, due esili shikhara in stile indiano eretti dal re Pratap Malla nel XVII secolo. Poco lontano c’è un belvedere con i classici telescopi a gettone.

 

Stupa di Swayambhunath

Lo Stupa di Swayambhunath è uno dei gioielli architettonici della Valle di Kathmandu. Con le sue proporzioni esemplari, la scintillante guglia dorata e la candida cupola imbiancata a calce, il monumento sembra alludere a una sorta di perfezione celeste. Lo sguardo del Buddha scivola sulla valle dalle quattro facce alla base della guglia, rivolte verso i quattro punti cardinali. Il ghirigoro simile a un naso sotto gli occhi del Buddha è in realtà il numero uno scritto in nepali (ek), che simboleggia l’unità, mentre il piccolo terzo occhio sovrastante rappresenta l’intuito e la capacità di chiaroveggenza del Buddha.

È l’intera struttura ad avere valenza simbolica: la cupola bianca rappresenta la Terra, mentre l’elemento a 13 livelli che somiglia a un alveare simboleggia i 13 stadi che l’uomo deve superare per raggiungere il nirvana.  Alla base dello stupa centrale ci sono i mulini di preghiera su cui è inciso il sacro mantra om mani padme hum (‘saluto il gioiello nel loto’), che i pellegrini fanno girare camminando intorno allo stupa. Sopra quest’ultimo garriscono migliaia di bandiere di preghiera che riportano mantra analoghi, affidati ai venti che li porteranno in cielo. Su piedistalli decorati alla base dello stupa vi sono le statue che rappresentano i Dhyani Buddha – Vairocana, Ratnasambhava, Amitabha, Amocha Siddhi (Amoghasiddhi) e Aksobhya – e le loro shakti (consorti). Queste divinità rappresentano le cinque qualità della saggezza buddhista.

 

Spianata dello stupa

Il grande stupa è circondato da tutti i lati da un vero e proprio giardino di sculture che, in questo caso, sono simboli religiosi. Alle spalle dello stupa, invece, vicino a un piccolo museo male illuminato di sculture buddhiste, si trova il Gompa di Dongak Chöling (distrutto nel 2015 ericostruito), costruzione di scuola Kargyud collocata sopra un path (rifugio per pellegrini) di mattoni. Se volete entrare per vedere i dipinti murali dovete togliervi le scarpe.

A nord del path sorge il Tempio di Hariti (Ajima), a forma di pagoda, che custodisce una bellissima statua di Hariti, la dea del vaiolo. Questa divinità hindu, associata anche alla fertilità, testimonia lo stretto intreccio fra hinduismo e buddhismo esistente in Nepal.
Vicino al Tempio di Hariti sono visibili le statue di Tara, poste in cima a colonne, ritratte nel gesto di tendere i palmi come a chiedere la carità. A rigore esistono due Tara, la Verde e la Bianca, ritenute una la moglie cinese e una la moglie nepalese del re Songtsen Gampo, il primo sovrano protettore del buddhismo in Tibet. Le Tara sono anche le consorti di due Dhyani Buddha.

Accanto, le statue bronzee delle dee fluviali Jamuna e Ganga vigilano su una fiamma perpetua che arde in una gabbia. A nordovest di queste statue si trova un giardino di antichi chaitya, alle cui spalle si trova un’elegante statua nera di Dipankara, scolpita nel VII secolo. Conosciuto anche come il ‘Buddha della Luce’, Dipankara è uno dei Buddha del passato, coloro che raggiunsero il risveglio spirituale prima dell’avvento di Siddhartha Gautama, il Buddha storico. Va notato anche il chaitya nero all’estremità nord del cortile, sistemato sopra una yoni – un altro chiaro esempio della commistione tra simbologia hindu e buddhista.

All’estremità nord-orientale del complesso si trova il Shree Karmaraja Mahavihar, un tempio buddhista al cui interno campeggia una statua di Sakyamuni, altro nome del Buddha storico, alta 6 m. Ogni giorno intorno alle 16 ha luogo una cerimonia di preghiera accompagnata da una cacofonia di piatti, corni e dal canto salmodiante dei sutra (testi buddhisti).

Sulla cima della collina sono sparsi i simboli dei cinque elementi: terra, aria, acqua, fuoco ed etere. Dietro il Tempio di Anantapura si trovano i santuari dedicati a Vasupura, simbolo della terra, e Vayupura, simbolo dell’aria. Nagpura, che rappresenta l’acqua, è una pietra collocata in una vasca fangosa immediatamente a nord dello stupa, mentre Agnipura, simbolo del fuoco, è il dio dal volto rosso visibile sopra un masso levigato lungo il lato nord-occidentale della spianata. Shantipura, simbolo del cielo, si trova a nord della spianata, di fronte al palazzo di Shantipura.

 

Stupa occidentale

Seguendo uno dei sentieri che conducono a ovest dello stupa principale, si raggiunge uno stupa più piccolo, situato vicino al parcheggio degli autobus turistici. Subito dietro lo stupa c’è un gompa circondato da rifugi per i pellegrini e da un importante santuario dedicato a Saraswati, la dea della sapienza. Durante il periodo degli esami, molti studenti vengono qui per impetrare il favore della dea, mentre in occasione della Basanta Panchami, la Festa della Conoscenza, il posto brulica di bambini in età scolare.

 

 

Visitatori in linea: 4903 su tutte le pagine di www.marcovasta.net

378  persone hanno letto questa pagina