A zonzo per il bazaar

Su A zonzo per il bazaar La reliquia di Peshawar

«Città di frontiera», questo il significato del nome Peshawar la città moderna ha tutt'ora un aspetto selvaggio e pionieristico, benché combinato ad una secolare astuzia da strada. La maggior parte delle merci per i bazaar giunge oggi su autocarri decorati con sgargianti colori. A primavera tuttavia sono ancora una visione abbastanza comune le carovane di cammelli, o kafila, guidate da uomini duri e vigorosi delle alture circostanti, che sono impazienti di prendere parte alle contrattazioni nella mischia dei mercati.

Il labirinto di vicoli e cortili che compongono il tessuto urbano della città vecchia sono sicuramente il percorso più affascinante che il turista può compiere in Peshawar.  Girovagando alla sua scoperta il tempo scorre veloce nella ricerca di qualche oggetto da comprare o di un momento magico da cogliere, a patto che non si sia nella stagione calda. Per inoltrarsi fra le vie, pur ombreggiate da grandi teloni, occorre dedicare le fresche ore della mattina prima che la pesante afa tolga il gusto di seguire sensazioni, odori, suoni e colori.

Il nucleo originale della città vecchia risale ai tempi del buddismo e su di essa si svilupparono gli insediamenti successivi. E' formata da una serie di viuzze strette e di colorati bazaar sui quali incombe il massiccio forte di Bala Hissar. La zona dei bazaar è composta, secondo lo stile asiatico,  da vie che raggruppano i laboratori di artigiani dagli stessi mestieri oppure da negozi che offrono i medesimi articoli.

Un percorso a piedi può partire dal ponte della prigione (Jail bridge), che scavalca la ferrovia nei pressi del Park Hotel; giunti all'isola spartitraffico si volta a sinistra verso il Kyber Bazaar proseguendo sulla via principale, si giunge nella zona degli studi di avvocati, medici e dentisti. I cavadenti lavorano direttamente in strada, sotto grandi insegne dove sono raffigurate dentiere. Su un tavolo sono esposti in fila i calchi in gesso usati per le protesi ed i vari strumenti. Nella zona era il terminal dei bus per Kabul che partivano giornalmente valicando il passo Kyber.

Fino alla metà degli anni "50 la città era racchiusa da una cinta muraria con 16 porte. I ruderi della Kabuli Gate sono presso il semaforo (non sempre funzionante) nei pressi del nuovo posto di polizia. Ai lati della porta ci sono ancora spezzoni delle antiche mura. Una parte delle mura sono state attualmente inglobate nel Lady Reading Hospital che si trova nella via dietro alla porta. Proseguendo (senza valicare quindi la porta) si arriva ad un incrocio a T: a sinistra si entra nel Quisa Kawani Bazaar, l'antico mercato dei cantastorie, forse il più affascinante di Peshawar ma anche di tutto il Pakistan. In un'angolo, un tempo, c'era il mercato degli uccelli (Bater Bazaar), ora poche gabbie in vimini ricordano l'antico mercato.

La via svolta bruscamente a sinistra e sono i laboratori dove si lavora il rame e l'ottone che attraggono subito l'occhio del turista. Gli artigiani, seduti a gambe incrociate, lavorano i metalli martellando ritmicamente il manufatto. I più abili spostano il pezzo facendolo ruotare con i piedi. Immediatamente dopo i negozi dell'artigianato in metallo, in una via laterale, si penetra nel mercato delle ceramiche. Fra le tante viene spesso segnalata la Peshawar Pottery: la sala d'esposizione è al primo piano. All'interno interminabili file di utensili e manufatti ornamentali, dipinti a mano con vivaci colori, mentre altri sono venduti grezzi, senza abbellimenti. Al piano superiore ci sono i laboratori con i vasai al lavoro. Nella stessa viuzza si incontrano le botteghe degli stagnini che trattano i pezzi in rame con i metodi tradizionali per renderli adatti all'uso in cucina.Tornati sulla via principale trovate, nel Motchilara bazaar, tutta una serie di calzaturifici.

Un'altra zona di mercati è di fronte alla viuzza delle ceramiche: si entra in un mercato dei tessuti, da qui verso il basket bazaar dove si vendono le ceste di vimini provenienti da Dera Ismail Khan sull'Indo, ed il Banjara bazaar. In questo mercato sono in vendita articoli inconsueti di bigiotteria come campanelle, collane d'osso e di legno, trecce e parrucche. Si può anche raggiungere il Peepul Mundi, una serie di isolati e piazzette che formano il più grande mercato all'ingrosso di granaglie. Qui si trova anche un albero di pioppo d'asia (peepul), che discenderebbe da un albero sotto al quale predicò Sakyamuni.

Da entrambe le due zone dei mercati si giunge nell'ampio Chowk Yadgar al cui centro si erge il monumento ai caduti ed agli eroi della guerra indo-pakistana del "65. Sulla strada si trovano numerosi cambiavalute che se ne stanno accolati sui tappeti circondati da fasci di cartamoneta colorata, da vecchie casseforti, da calcolatrici a manovella od al quarzo.

Dall'estremità nord di Chowk Yadgar iniziano vari percorsi.Voltando verso sinistra, (verso ovest), si entra nella via dell'Andarshahr bazaar, il mercato dei gioiellieri della città vecchia. L'oro di queste botteghe è uguale a quello degli altri bazaar del Pakistan, ma qui sono in vendita gioielli tribali in argentone ed anche fibbie, bottoni e distintivi del Raj britannico. Nella penombra dei negozi occorre avere la pazienza di frugare nelle ceste cercando qualche pezzo interessante, sicuramente non ci sono pietre dure di ottima qualità, per la maggior parte sono pezzi simili al turchese.

Proseguendo nell'Andarshahar bazaar e voltando a destra, in una via stretta e ripida, si giunge alla moschea di Mahabat Khan, unico ricordo significativo delle moschee moghul a Peshawar. Mahabat fu per due volte governatore della regione sotto Shah Jahan ed Aurangzeb. Egli fece costruire la moschea ed il palazzo. L'ingresso della moschea è verso il bazaar degli orefici. Dopo la conquista della città da parte Sikh, il generale Avitabile avrebbe usato i due alti minareti come patiboli.

La moschea venne quasi completamente distrutta da un incendio scoppiato nel quartiere nel 1898. Le calamità ed i restauri non hanno inciso sulla sua struttura e la moschea rimane un valido esempio di architettura moghul. E' stata costruita seguendo i canoni usuali, con un ampio cortile, la fontana per le abluzioni al centro, una semplice fila di stanze tutt'attorno ai lati e con l'iwan (zona di preghiera) ad ovest, coperta da tre volte scanalate. L'interno è abbondantemente decorato, e consiste in un'unico atrio aperto, senza veranda di fronte. All'interno un silenzio riposante avvolge il fedele, i rumori e la confusione del mercato rimane oltre il portale e d'estate si trova in ogni suo angolo gente sdraiata in cerca di refirigerio dalla calura soffocante.

Il secondo itinerario che parte da Chok Yadgar si dirige verso est: si costeggiano banchi di frutta e verdura e si giunge al mercato del cuoio e del pellame dove ogni sorta di pelle d'animale attende un compratore. Caratteristici i berretti fatti con la pelle delle pecore karakul. Procedendo per circa un duecentocinquanta metri si incontra un laboratorio di tessuti aijrak.

I disegni di questi famosi tessuti vengono impressi e tampati con blocchi di legno usati come matrice. La scelta del tipo di tessuto e della decorazione è infinita ma nell'acquisto occorre controllare se il colore è resistente poiché talvolta non è stato ben fissato sul tessuto. Il procedimento è complicato e diverse sono le operazioni compiute dall'artigiano. La stoffa viene mossa lentamente facendola avanzare sopra la matrice. I blocchi di legno, incisi a mano, riportano disegni che complementari fra loro ed i vari blocchi hanno colori differenti. Alla fine dei vari passaggi si ha il prodotto finito che viene immerso in diversi bagni di fissaggio che spesso emanano pestilenziali e tossiche nubi di vapore.

Dopo il negozio, voltando nella prima via a destra si entra nel Meena bazaar, dove le donne acquistano oggetti per la casa. Questo è un ottimo posto per comprare un «burqa», il mantello di un solo pezzo che avvolge completamente la donna musulmana che segue le regole del purdah, nascondendosi agli estranei con una cappa che ho solo una serie di trafori per lasciar libero lo sguardo ed il respiro.

Ritornati all'ingresso del Meena bazaar e camminando in salita si incontrano numerose case in legno e mattoni crudi. Queste abitazioni, peraltro abbastanza alte, seguono un criterio di costruttivo considerato il più sicuro in caso di terremoto. Cercando attentamente si possono trovare magnifiche porte scolpite. Arrivati in cima alla salita si incontra l'imponente porta moghul e, valicatala, si entra in un largo piazzale, un antico caravanserraglio, chiamato Gor Khatry. Era un albergo del tempo degli imperatori, usato per il pernottamento, con stanze per i viaggiatori disposte su tutti e quattro i lati, e venne costruito dalla figlia di Jahan Khan. Il luogo è antichissimo. Nel 2<198> secolo a.C. nella zona si ergeva un tempio buddista, conosciuto come la torre della coppa di Budda, in seguito divenne un tempio indù. Con l'arrivo dei Sikh venne modificato e divenne il tempio dedicato a Gorakhnath che si nota sul lato destro della piazza, con accanto un tempietto dedicato a Nandi. Dal secolo scorso il caravanserraglio è stato adibito a sede del governo e attualmente è usato come comando di polizia.

Chi volesse proseguire fino al Gunj Gate, troverà uno spiazzo dove si ergono le rovine di Shah-ki-dehri, uno stupa buddista un tempo alto tredici piani e costruito in legno e muratura.

Dopo tanta confusione un'oasi di riposo è il Museo di Peshawar dove ci si può rifugiare al fresco dei ventilatori per conoscere un po' più a fondo questa meravigliosa regione. Nei saloni dedicati all'arte gandahara, anche se non si trovano pezzi importanti come quelli esposti a Lahore, si può avere una visione completa di questa cultura. Interessante il plastico di Takht-i-bahi che permetterà di meglio orizontarsi nella visita al monastero. Alcune stanze sono dedicate ai Kalash.


dal 1° gennaio 2002

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