Per togliere ai ribelli ogni sostegno da parte della popolazione, Graziani e
Badoglio decidono che dal 25 giugno 1930 vengano creati dei campi di
concentramento vicini alla costa per le popolazioni del Gebel che avevano
dato appoggio alla resistenza antitaliana. Questi campi non solo rompono
ogni legame tra popolazione e ribelli, ma spezzano ogni possibilità di
autosussistenza delle comunità seminomadi. In sei
campi principali e
una decina di minori vengono deportate, dopo lunghe
marce forzate, tra le
100 e le 120.000 persone, con tutti i loro beni e le loro greggi (circa un
milione di animali), costrette a vivere in aree ristrette, dove le
condizioni di vita diventano subito ai limiti della sopravvivenza. In una
lettera a Graziani del 20 giugno 1930 Badoglio scrive: "Bisogna anzitutto
creare un distacco territoriale largo e ben preciso tra formazioni ribelli e
popolazione sottomessa. Non mi nascondo la portata e la gravità di questo
provvedimento che vorrà dire la rovina della popolazione cosiddetta
sottomessa. Ma ormai la via ci è stata tracciata e noi dobbiamo perseguirla
fino alla fine, anche se dovesse perire tutta la popolazione della Cirenaica". Per togliere ai ribelli l’aiuto che proveniva dall’Egitto (dove si sono rifugiati circa 20.000 libici), alle popolazioni della Cirenaica viene proibito ogni tipo di commercio con l’Egitto. A questo scopo dall’aprile al settembre 1931 viene innalzata una barriera di filo spinato, alta quattro metri, lungo i 275 chilometri tra il porto di Bardia e l’oasi di Giarabub, il cui tracciato viene controllato per mezzo di fortini e voli aerei. Inoltre i santuari locali dei Senussi vengono chiusi, sequestrate le loro rendite e confiscate le loro proprietà terriere. Viene instaurato un vero e proprio regno del terrore: migliaia di esecuzioni, villaggi saccheggiati o costretti a piegarsi per fame, rappresaglie selvagge contro le comunità beduine se uno qualsiasi dei loro membri si univa al nemico. Tratto dal Sito dell'ANPI - Le guerre coloniali del fascismo |
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