L’uso di gas contro i ribelli non riguardò episodi isolati. Si trattava al
contrario di un piano preciso e sistematico, come è confermato da numerose
testimonianze. Dalle memorie "Ali sul deserto" di Vincenzo Biani: "Una volta furono adoperate bombe ad iprite, abbandonate dal tempo di guerra in un vecchio magazzino ed esse produssero un effetto così sorprendente che i bersagliati si precipitarono a depositare le armi". Dalla relazione del generale Cicconetti su una missione contro la popolazione Mogarba: "… le perdite in uomini sono certamente di gran lunga superiori a quelle segnalate, le quali si riferiscono solo ai caduti contati sul terreno e non tengono conto dei feriti che non possono essere mancati né di quelli caduti in seguito agli effetti micidiali dei bombardamenti aerei e agli effetti, non considerati né accertabili subito, dei gas". Dalla relazione inviata a Roma sugli effetti del bombardamento a gas effettuato il 3 luglio 1930 sulle oasi di Taizerbo. Le informazioni sono ricavate dall’interrogatorio di un ribelle, arrivato a Taizerbo parecchi giorni dopo il bombardamento: "Moltissimi infermi invece vide colpiti dai gas. Egli ne vide diversi che presentavano il loro corpo ricoperto di piaghe come provocate da forti bruciature. Riesce a specificare che in un primo tempo il corpo dei colpiti veniva ricoperto da vasti gonfiori, che dopo qualche giorno si rompevano con fuoruscita di liquido incolore. Rimaneva così la carne viva priva di pelle, piagata". Tratto dal Sito dell'ANPI - Le guerre coloniali del fascismo |
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