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Lhasa Tibet Breve

1-18 agosto 2024

con AnM e Marco Vasta nel Paese delle nevi

 

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Introduzione al Kumbum

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Kumbum རྒྱལ་རྩེ་སྐུ་འབུམ་
Introduzione al Kumbum
Indo-Tibetica Vol 4 Part 1 di Tucci (scarica il PDF)

L'importanza del Kumbum è duplice: e per la sua architettura e per le pitture che esso contiene. Dal punto di vista architettonico il Kumbum è un mc' od  r te n del tipo conosciuto col nome di bKra sis sgoman  «il fausto stupa dalle molte porten», uno cioè degli otto tipi di stupa elencati e descritti nei trattati indo-tibetani. Dopo quello che ho detto sui mc' o d r te n (chorten ndr) tibetani nel primo volume di lndo-Tibetica e contemporaneamente diceva sugli stūpa in genere Paul Mus a proposito di Barabudur, è inutile ricordare il valore simbolico, ma piuttostomi riferirò al valore psicologico e al significato religioso che venivano a queste costruzioni attribuiti durante il più tardo periodo buddhistico, e propriamente da quelle scuole tantriche alle quali si deve appunto questo notevolissimo monumento dell'architettura tibetana. Gli edifici tibetani non interessano soltanto per il decoro delle linee architettoniche che ora continuano con ardimenti studiati la roccia, ora ricordano, con il simbolo della loro struttura, il carattere sacro della terra: essi sono resi più solenni e grandiosi dal paesaggio ch'è intorno, dalle rupi che sembrano fatte d'oro, dalle silenziose distese di pianori che corrono levigati fino all'orizzonte quasi per dare a quelli risalto, dalla solitudine che li circonda come una preghiera, e da un cielo che ha la trasparente luminosità delle gemme. In occidente costruire è imaginare e arricchire con im pensate creazioni della fantasia l'opera della natura:la musica soltanto è un rivivere la vita cosmica ed una partecipazione immediata al corso eterno delle cose. Per il tibetano invece costruire - parlo s'intende dell'arte religiosa - significa rifare il mondo. Chi edificò il Kumbum, ricreò l'universo, non nella sua struttura materiale, che non conta, ma nella sua costruzione ideale, nel l'intreccio delle forze che lo animano, nel gioco delle energie psichiche che gli dànno varietà e mutevolezza d'aspetti. Quest'universo è idea germinata dalla coscienza primordiale, da quella luce incolore ed elementare la quale, per un'intrinseca necessità, si trasforma in imagini concrete, sicchè l'Uno diventa molteplice, si rifrange e si riflette nell'infinità delle coseper divenire da ultimo negazione e prigione di se medesimo, vale a dire materia. In quest'edificio, visitando le cappelle secondo il giro rituale da sinistra a destra, siamo ammessi per così dire al mistero della creazione: le migliaia di dèi che ora ci guardano sereni, ora incombono con facce paurose, traducono nel simbolo della figura il confuso tumultuare delle forze cosmiche.

In altre parole il Kumbum è un gigantesco maṇḍala il quale contiene in sè, dipinti sulle pareti delle sue celle, infiniti altri maṇḍala nei quali sono espressi, per mezzo di simboli equivalenti, particolari sistemi di mistica che insegnando come l'universo s'evolve, indicano pure come possa dissolversi nuovamente nella essenza primigenia. Liberazione infatti significa consunstanziarsi con la coscienza cosmica e questa consustanziazione avviene attraverso un'eliminazione éell'infinito gioco della maya, regno del «divenire» necessariamente opposto all' ((essere. Questa eliminazione è consapevolezza del processo universale, perché attraverso la consapevolezza avviene la purificazione: conoscere il complesso meccanismo per mezzo del quale la coscienza primigenia si nasconde dietro l'infinito gioco della sua libertà magica (maya) significa superarlo e perciò stesso trascendere dal mondo del  divenire a quello dell'essere. Questa è la psicologia religiosa che determinò la costruzione  del Kumbum, nel quale appunto la coscienza primigenia, simboleggiata dall'imagine di Vajradhara (rDo rje c'an), posta nella cappella superiore, si proietta in infinite fulgurazioni che sono il suo vibrare e manifestarsi nel mondo della contingenza, e insieme la via della redenzione per gli iniziati che ne abbiano compreso l'arcano operare.

Né sorprenda se i mezzi di salvazione sono molteplici: infinite sono infatti le emanazioni dell'assoluto ed innumerevoli le sue epifanie. Ogni essere o categoria di esseri ha affinità segrete e inderogabili con una di queste vie traverso cui l'Uno diventa molteplice; ognuno di noi appartiene ad una mistica famiglia che fa capo al primo scindersi dell'Uno nella pentade rappresentata simbolicamente dai cinque Buddha. Più ci allontaniamo dalla sorgente del Tutto e più complessa diventa questa realtà apparente nella quale viviamo: più complesso perciò necessariamente diventa lo schema delle forze intellettuali e psichiche che, modellandosi su quella, la debbono annullare purificandola alla luce della suprema gnosi. La legge buddhistica è perciò anch'essa varia nei suoi aspetti, come varie sono le manifestazioni cosmiche e diversi fra loro gli individui. Ogni maṇḍala rappresenta il diagramma di una determinata evoluzione e di un particolare sistema che rivelandoci l'evoluzione del cosmo perciò stesso ci indica come superarlo e trascenderlo.

Il Kumbum è perciò lo schema del mondo e una silloge dell'esperienza tantrica: vale a dire delle principali rivelazioni esoteriche che la tradizione attribuì al Buddha, cioè al supremo vero divenuto accessibile agli uomini. Quando, nella prima metà del XV secolo, il Kumhum veniva costruito per opera di un principe pio, il Tibet aveva già sentito la necessità di raccogliere in trattati organici la scienza mistica del Mahayana. Diversi maestri avevano cercato di compilare una Summa delle possibili esperienze capaci di sottrarre le creature al dominio della nascita e della morte e di sollevarle a più alti piani di esistenza. Con questi  intendimenti era già stato  scritto il sGrubt'abs rgya mts'o (trattato inserito nel Tangyur ndr), il quale resta anche oggi l'opera di ritualistica fondamentale per le scuole Saskya-pa; in questo libro l'olimpo mahayanico è interpretato nel suo interiore significato simbolico e preso come base per le meditazioni che dovevano transumanare gli iniziati. Poco prima che questo Kumhum fosse costruito, una delle figure più grandi del Lamaismo, Buston, aveva scritto un suo digesto dei maṇḍala contenuti nei cicli tantrici più importanti. Quest'opera del sommo maestro servì sicuramente di guida a chi edificò il Kumbum. Questa non è una mia ipotesi, ma un fatto indiscutibile, dimostrato, oltre ogni dubbio, dalle iscrizioni che leggiamo nelle cappelle. In esse non solo si fa più volte il nome di Buston, ma si citano passi interi delle sue opere, fornendo così la prova che coloro i quali disegnarono il piano del Kumbum a quei suoi trattati si ispirarono. Il Kumbum, come già il tempio che Buston aveva fatto costruire a Za lu (Shalu ndr) è la sintesi visibile di questa liturgia, così come i testi ne erano l'espressione verbale: ognuno dei suoi piani conteneva la rappresentazione simbolica, immediatamente percepibile con gli occhi, delle molte vie che la psicologia religiosa del tantrismo aveva immagi nato per la redenzione dell'uomo; una specie di  bK a'g y u r  o di bsTan agyur , nel quale al simbolo delle parole era sostituito il simbolo della figura  e  dei colori.

 Quelle summa e dunque e questo Kumbum, come il tempio di Za lu (Shalu ndr) di cui Bu ston ha dettato le iscrizioni esplicative, derivano in fondo da un medesimo impulso e dallo stesso desiderio della comunità lamaistica dimettere un po' d'ordine nelle dottrine spesso discordanti dei maestri e degli esegeti. Bu ston, come elencava nello stesso scorcio di tempo le opere buddhistiche e dava una forma definitiva alle due grandi raccolte di scritture sacre, il bKa' agyur ed il bsT a n  ag yur, così pure cercava di redigere una specie di codice liturgico che stabilisse, oltre la pluralità delle opinioni divergenti, un punto di vista ortodosso e basato sull'autorità di una tradizione sicura. Anche l'arte ne era influenzata: in queste scuole esoteriche, la verità, adombrata in espressioni simboliche,si traduce necessariamente negli schemi e nei diagrammi dei maṇḍala vengono per ciò determinate con grande precisione il numero delle divinità che compongono ciascun maṇḍala, il loro colore ed i loro attributi, eliminando volta a volta le opinioni non sorrette da una testimonianza autorevole. Quindi ai tempi di Bu ston, come la letteratura diventa più sicura e la tra dizione più attendibile,anche la rappresentazione simbolica in parte si rinnova, scartando tutto ciò che fosse .arbitrario od incerto e rimodellandosi sulle più sicure tradizioni indo-tibetane. Così inquadrato  in  un determinato momento storico dell'evoluzione religiosa lamaistica, il Kumhum acquista nuova significazione, alla quale del resto corrisponde anche il valore delle sue pitture che ci dànno un'idea chiara delle correnti d'arte vive nel XIV e nel XV secolo in quel di gTsan, dei centri in cui esse prosperavano, delle tradizioni che seguivano e dei maestri più celebri. Infatti  per la prima volta troviamo qui a Gyantse lunghe liste di pittori che ci forniscono un documento di prim'ordine per ricostruire la storia e le vicende dell'arte pittorica tibetana-

Tucci Giuseppe, Gyantse ed i suoi monasteri, pagg 10-16

Ultima modifica: 26/06/2024 10:39:24

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