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Lhasa Tibet Breve

1-18 agosto 2024

con AnM e Marco Vasta nel Paese delle nevi

 

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Queste pagine sono una ipotesi di percorso che verrà predisposto in base al Piano dei Voli definitivo

Kumbum རྒྱལ་རྩེ་སྐུ་འབུམ་

[ Kumbum རྒྱལ་རྩེ་སྐུ་འབུམ་ ] Introduzione al Kumbum ] Indo-Tibetica Vol 4 Part 1 di Tucci ]

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In altre parole il Kumbum è un gigantesco maṇḍala il quale contiene in sè, dipinti sulle pareti delle sue celle, infiniti altri maṇḍala nei quali sono espressi, per mezzo di simboli equivalenti, particolari sistemi di mistica che insegnando come l'universo s'evolve, indicano pure come possa dissolversi nuovamente nella essenza primigenia. Liberazione infatti significa consunstanziarsi con la coscienza cosmica e questa consustanziazione avviene attraverso un'eliminazione dell'infinito gioco della maya, regno del «divenire» necessariamente opposto all'«essere».

Giuseppe Tucci in Gyantse ed i suoi monasteri

 

Se vuoi saperne di più:

[ Kumbum རྒྱལ་རྩེ་སྐུ་འབུམ་ ] Introduzione al Kumbum ] Indo-Tibetica Vol 4 Part 1 di Tucci ] (scarica il PDF)


 
Il forte visto dall'interno del Palkor Chöde -1986
Kumbum - Marco Vasta © 1986
Kumbum e ingresso monastero
Ernst Shäfer © 1938
 
 
 
 

Nel giugno 1986 non era ancora uscita alcuna guida al Tibet. Ne acquistammo una copia in lingua inglese ad Honk Kong appena messa in commercio. Era la prima edizione della Lonely Planet Tibet a Travel Survival Kit, differente da quella attualmente edita. Per visitare il Kumbum trovammo una copia dell'Indo Tibetica, colume IV Gyantse ed i suoi monasteri di Tucci nella Biblioteca della Università di Macerata, patria di Tucci ed era completamente intonsa. Per fotocopiarla fummo noi ad aprire le pagine con il tagliacarte.

 

Un Kumbum, "centomila immagini sacre", è un insieme di cappelle buddhiste disposte su più piani. Il più famoso di essi sorge all'interno del Monastero Pelkor Chode di Gyantse.

Il primo kumbum è appunto questo, fondato nell'anno della pecora di fuoco 1427 da un principe di Gyantse. Composto da nove lhakang o livelli, è alto 35 m. e sormontato da una cupola dorata, e contiene 77 cappelle (il numero varia da 72 a 77, a secondo delle fonti e/o dei calcoli) allineate lungo le pareti livello per livello.

Molte delle statue, danneggiate durante la rivoluzione culturale, sono state successivamente rimpiazzate con figure di creta, anche se non del livello artistico degli originali. I murali del XIV secolo, che mostrano influenze cinesi e della cultura Newar della Valle di Kathmandu, sono arrivati a noi in condizioni  migliori.

Questo Kumbum, o grande stupa gomang ("a molte porte"), è un maṇḍala tridimensionale inteso a rappresentare il cosmo buddhhista vajrayana. Esso, come gli altri maṇḍala, raffigurati da un cerchio iscritto in un quadrato, consente al devoto di partecipare della percezione buddhista vajrayana dell'universo e può raffigurare il potenziale dell'individuo che vi si muove. I maṇḍala sono infatti intesi ad aiutare l'individuo sul sentiero dell'illuminazione. Nella struttura del Kumbum di Gyantse è conservato un vasto numero di immagini di divinità, culminanti nel Vajradhāra, il Buddha cosmico.

Il Kumbum di Gyantse è probabilmente il più conosciuto, immediatamente seguito da quello che sorge vicino a Xining nel Qinghai, luogo di nascita di Tsongkhapa, fondatore della scuola Gelug, quella dei Dalai Lama.

Altri esempi sono quello di Jonang, non lontanissimo da Gyantse nella munincipalità di Latsé, costruito da Dolpopa Sherab Gyaltsen, dove è nata l'omonima scuola vajayana Jonang, a lungo ritenuta estinta, e il Kumbum Chung Riwoche di Päl Riwoche, costruito da Thang Tong Gyalpo, che ha iniziato a lavorarvi nel 1449 (incluso nel programma di Kailash 1994 ma impossibile da raggiungere causa alluvioni).

 

Piano terremo

Entrando si segue un percorso in senso orario che conduce i pellegrini in preghiera attraverso i sei piani della struttura, passando per decine di piccole cappelle incastonate nelle mura. Molte statue sono state danneggiate durante la Rivoluzione Culturale, ma i dipinti sono ancora in buono stato; questi risalgono al XIV secolo e, anche se non è certo che siano stati realizzati da artigiani newari (nepalesi), mostrano senza dubbio l’influenza della scuola nepalese. Gli esperti hanno individuato anche una certa influenza cinese: è proprio a partire dalla combinazione di forme cinesi e newari, filtrate dalla sensibilità tibetana, si sarebbe sviluppato lo stile di pittura composito ma originale dei tibetani.

 

Primo piano

Il primo piano accoglie quattro cappelle principali, a due piani e orientate secondo i punti cardinali. Quella meridionale è dedicata a Sakyamuni (Sakya Thukpa; a due suoi discepoli, ai Buddha della medicina e a Guru Rinpoche); quella occidentale è intitolata a Sukhavati, la ‘terra pura d’Occidente’, dimora del rosso Öpagme (Amitabha); a nord sorge la cappella di Marmedze (Dipamkara, il Buddha del passato) e, infine, a est si incontra la cappella di Tushita, un’altra ‘terra pura’, dimora di Jampa (Maitreya). Fra una cappella e l’altra potrete ammirare splendidi affreschi che raffigurano divinità minori del buddhismo tantrico e altre divinità tutelari. Le statue dei quattro Re Guardiani, situate a est, indicano il percorso per accedere ai piani superiori.

 

Secondo piano

Procedendo in senso orario a partire dalle scale, le prime quattro cappelle che si incontrano sono consacrate rispettivamente a Jampelyang (divinità nota in sanscrito come Manjushri), Chenresig (Avalokiteshvara), Tsepame (Amitayus) e Drölma (Tara). La maggior parte delle altre cappelle è dedicata a divinità tutelari adirate, fra cui Drölkar (Tara Bianca; dodicesima cappella a partire dalle scale), Chana Dorje (Vajrapani; quattordicesima cappella) e Mikyöba (Akshobhya; quindicesima cappella), un Buddha blu che stringe un dorje (fulmine).

 

Terzo piano

Anche questo piano è caratterizzato da una serie di cappelle a due piani orientate verso i punti cardinali, che raffigurano i quattro Buddha Dhyani: il rosso Öpagme (Amitabha) a sud; il giallo Rinchen Jungne (Ratnasambhava) a ovest; il verde Donyo Drupa (Amoghasiddhi) a nord, e il blu Mikyöba (Akshobhya) a est. Altre cappelle sono dedicate al quinto Buddha Dhyani, il bianco Namse (Vairocana). Anche su questo piano troverete numerose cappelle in cui sono collocate rappresentazioni di divinità adirate.

 

Quarto piano

Le 11 cappelle di questo piano sono dedicate a maestri, interpreti e traduttori di ordini poco noti del buddhismo tibetano, a eccezione dell’ottava (procedendo in senso orario dai gradini sul lato nord) consacrata ai tre re del Tibet, e della decima, intitolata a Guru Rinpoche.

 

Piani superiori

Il quinto piano, noto anche come Bumpa, contiene quattro cappelle e dà accesso al tetto del kumbum. Una rampa nascosta dietro una statua posta sul lato occidentale conduce al sesto piano e a una veranda con affreschi sulle pareti ad altezza occhi (chiusa per restauri nel 2014). Noterete anche una serie di affreschi intorno a un cubo centrale, ma sarete attratti soprattutto dalla splendida vista panoramica: guardando a sud oltre la città vecchia, infatti, è possibile ammirare il bianco Dzong di Gyantse arroccato su un imponente sperone roccioso.
All’ultimo piano del Kumbum è raffigurata una manifestazione tantrica di Sakyamuni (Sakya Thukpa), ma è assai probabile che l’accesso ai visitatori non sia consentito.


Diario 1998

Dopo il lago turchese un usuale punto di sosta è al piccolo villaggio di Nagarze, con una stazione per gli autobus e un piccolo ristorantino. La strada prosegue alzandosi fra i monti e raggiungendo il Karo La, un valico di 5045 metri posto a 175 (163?) chilometri da Lhasa ad a 75 da Gyantse. Qui avvenne una battaglia fra 3000 tibetani arroccati fra fortificazioni difensive (di cui non si nota traccia) e le truppe del Raj britannico.

Poco dopo il passo, ad una curva si può ammirare tutto il fronte del ghiacciaio che scende fino a poche centinaia di metri, per complessità lo si può paragonare a quello della Brenva sul versante meridionale del Monte Bianco. Ci fermiamo per alcune foto. La strada scende quindi su un ampia valle costellata di armenti si respira nuovamente uno spazio infinito. Il fondovalle è ampio ed una linea telegrafica sorretta da pilastri di mattoni corre parallela alla strada.

Lo spartiacque non sembra definito ma in realtà si è già entrati nel bacino del fiume Nyangchu, poi ci si incassa fra una valle più angusta con interessanti presenze geologiche ed infine si entra nel grande pianoro di Gyantse. E' una piana enorme, le montagne la circondano senza soffocarla ed in lontananza inizia ad apparire il grande forte. Prima della città si incontrano numerose coni sabbiosi di deiezione che in caso di forti piogge allagano e distruggono la stessa strada abbattendo le colonne che reggono i fili del telegrafo. Se la via è in buone condizioni il percorso fin qui può essere affrontato in circa sei ore con un buon fuoristrada mentre con l'autobus sono circa dodici ore.

Andiamo alla Gyantse Hotel, scegliamo le camere in stile tibetano. Per la cena la guida ci consiglia un ristorantino lungo la strada Yak. Solito menù per occidentali ma è frequentato anche da locali. Nanna 

 

Voce di Wikipedia in lingua inglese: Kumbum

 

Bibliografia:

Ultima modifica: 06/07/2024 10:56:46

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