Difficile descrivere la varietà
dei paesaggi che si attraversano, dalle verdi vallate, alle zone
tipicamente alpine con estese foreste di conifere, alla steppa che
più steppa non potrebbe essere, alla vastità del deserto del Gobi
senza limiti all’orizzonte, alle dune che si alzano improvvise a
formare una inaspettata muraglia di sabbia. E poi nuvole basse come
pennacchi sospesi in cielo, la via Lattea che segna la strada e
fiumi, formazioni rocciose rosse e gialle, canyon, e poi animali,
cavalli e cavalli e cavalli, e mucche, yak, capre e pecore, e poi
loro, i cammelli battriani e aquile in quantità, e gabbiani e tutto
ciò che non si vede, e che riempie di vita spazi che sembrano vuoti
Sì, anche qualche uomo e donna, lì
con le loro gher a seguire il succedersi delle stagioni…
Patrizia Broggi - agosto 2014
"Tutto ciò che vedevamo era cielo e
terra" ... "per tutto quello spazio non ci sono né boschi, né
alture, né pietre, ma solo ottima erba"
Guglielmo di Rubruck - 1225
Mongolia Solo è un viaggio
bellissimo.
Personalmente credevo che dopo
qualche giorno mi sarei stancata degli ampi spazi e dei panorami ma
non è stato assolutamente così. Ho scoperto che in Mongolia c’è ben
più del “nulla”. Ci sono campi di gher, cavalli selvatici, greggi di
pecore, pastori in motocicletta, arcobaleni mozzafiato, cieli
ricolmi di stelle, guadi affrontati con ogni tipo di mezzo, cammelli
in libertà (quelli con due gobbe!), yak che si scornano, famiglie
impegnate a radunare il bestiame per la mungitura, le gare di lotta
del Nadaam Festival, bambini che corrono a cavallo, tramonti
spettacolari sulle dune, famiglie che giocano con la sabbia e bimbi
che costruiscono stupa invece dei castelli di sabbia, aquile, gole,
sorgenti di acqua calda, ovoo, monasteri, e potrei continuare
ancora…
Ho un solo suggerimento da darvi:
Andateci!
Stefania Biella - agosto 2014
Mi sono sentito come se luna,
stelle e ogni altro pianeta mi fossero caduti addosso.
Harry S Truman, Presidente USA
La Mongolia è un Paese
affascinante. Tre milioni di abitanti, dei quali la metà nella
capitale, su un territorio vasto cinque volte l’Italia. Dodici
milioni di cavalli allevati, un numero indefinito di capre e pecore
e poi cammelli e yak. Enormi spazi talvolta pianeggianti, talvolta
molto mossi, una natura che prorompe, grandi silenzi, vallate
coperte da un tappeto di velluto verde che si susseguono, pochi ed
ospitalissimi abitanti. Spesso ci è parso di essere pionieri che
scoprivano vallate sempre nuove, con immense praterie e piccoli
accampamenti tendati di nativi, circondati di animali al pascolo. Il
nomadismo per i mongoli è parte integrante dello spirito nazionale.
L’asfalto finisce appena fuori dalle brutte costruzioni di Ulaan
Bator, poi finiscono anche le strade e da lì gli autisti si sentono
finalmente liberi, sentendo di stringere tra le mani il guinzaglio
di un cavallo invece che il volante di un auto. Ovunque vive ancora
il mito di Gengis Khan, anzi di Chinggis, mentre il buio periodo di
sudditanza sovietica è superato, ma le distruzioni di quasi tutti i
monasteri, l’uccisione di tanti monaci e l’ateismo di Stato hanno
lasciato il segno e cancellato almeno in parte la memoria del
buddismo tibetano che dagli anni ’90 in poi può nuovamente essere
liberamente professato.
Si tratta di un viaggio bellissimo, le tracce storiche e religiose
sono scarse e vanno cercate e comprese, il contatto con gli abitanti
è favorito dal soggiornare nelle ottime e comodissime gher,
l’aspetto legato all’immersione nel paesaggio naturale è
predominante nei suoi grandi spazi. Occorre saper gustare il senso
di libertà sconfinata che questi luoghi emanano, apprezzando il
muoversi, il lungo viaggiare (circa 3.000 km. in fuoristrada su
piste spesso molto sconnesse, con tappe anche lunghe) il divenire,
il non avere spesso mete evidentissime o di assoluto rilievo.
Andrea Carbone - agosto 2014
Un paese immenso,di una immensa
bellezza, così,in maniera molto riduttiva si potrebbe sintetizzare
il viaggio in questo paese bellissimo con una natura preponderante
che durante il nostro itinerario abbiamo avuto modo di vivere.
Partendo dalla bella e moderna capitale abbiamo puntato a sud in
direzione dei Gobi,affascinante regione desertica che ci ha regalato
paesaggi mozzafiato con migliaia di chilometri di steppa e dune
sabbiose inframmezzate da fugaci avvistamenti di elegantissime e
velocissime gazzelle,per poi proseguire nella regione centrale con
le sue vallate quasi alpine coperte da foreste e punteggiate da
fiumi e laghi in puro stile siberiano,il tutto costellato di piccole
tende (gher) abitate da famiglie di pastori nomadi che governano
centinaia di animali da cui traggono il proprio sostentamento in
totale solitudine e autonomia. Il patrimonio architettonico è
piuttosto scarso, infatti moltissimi monasteri sono stati distrutti
dalla furia delle Guardie Rosse negli anni 30, ma quelli scampati
alla furia distruttiva sono molto belli,ad esempio Erdene Zuu e il
Palazzo d’Estate ad Ulaan Bator.
Mauro Stangalini - luglio 2014
Può essere definito un viaggio
prevalentemente di “osservazione”, più che esperienziale, giacché è
caratterizzato da lunghi spostamenti in pulmino ed il partecipante
ammira gli infiniti paesaggi da dietro un finestrino. Le ondeggianti
distese verdi della steppa, in cui galoppano liberamente i cavalli o
pascolano gli yak, e gli interminabili spazi desertici popolati
dalle capre cashmere e dai cammelli sono ovunque puntellati dalle
caratteristiche gher bianche, testimonianza della presenza
dell'uomo, minoritaria rispetto a quella animale e decisamente
rispettosa della natura.
Il clima particolarmente secco della
zona favorisce la nitidezza delle immagini e conferisce fotogenicità
all'ambiente: esalta il blu del cielo, in cui spesso si vedono
volare le aquile, ed allontana l'orizzonte; durante la notte,
complice l'assenza di inquinamento luminoso, permette di osservare
il cielo densamente stellato.
Rosalba
Simeoni - Agosto 2010
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