La gher (yurt in turco, 
			yurta in russo) è la tradizionale abitazione della popolazione 
			nomade mongola (almeno dal 3.000 a.C. secondo gli antropologi). Ha 
			una struttura molto particolare ed unica nel suo genere.
			
			Il suo spazio interno è 
			governato, da ruoli e regole di comportamento precise Alla sua 
			struttura fa riferimento anche la visione cosmologica più affine 
			allo sciamanesimo. È anche il luogo per accogliere l’amico o lo 
			sconosciuto che vi passa vicino.
			
			
			 Costruita 
			per resistere agli impetuosi venti della steppa e per proteggere 
			dalla pioggia e dal freddo pungente dell’interminabile inverno 
			centro-asiatico, quando le temperature scendono per mesi e mesi ben 
			al di sotto dello zero, la gher non solo è tra le tende più antiche 
			in uso ancor oggi, ma è anche un perfetto esempio di 
			bio-architettura, un capolavoro di design, un piccolo prodigio di 
			tecnica e di funzionalità.
Costruita 
			per resistere agli impetuosi venti della steppa e per proteggere 
			dalla pioggia e dal freddo pungente dell’interminabile inverno 
			centro-asiatico, quando le temperature scendono per mesi e mesi ben 
			al di sotto dello zero, la gher non solo è tra le tende più antiche 
			in uso ancor oggi, ma è anche un perfetto esempio di 
			bio-architettura, un capolavoro di design, un piccolo prodigio di 
			tecnica e di funzionalità.
			
			Per costruirla i mongoli 
			utilizzano materiali ricavabili dagli animali – feltro e cuoio – gli 
			unici a loro disposizione in buone quantità. Addirittura il legno è 
			usato con moderazione e solo se indispensabile, in quanto gli alberi 
			in alcune zone sono pochi e dispersi.
			
			Bianca, lunare e di 
			forma circolare, il suo candore, visibile anche da lontano, rompe 
			qua e là l’affascinante vastità delle praterie mongole.
			
			Qualsiasi viaggiatore 
			che sia passato per questi luoghi ne ha avuto a che fare e ne ha 
			memoria.
			
			A destra, yurta al 
			Muztag Ata (mv©198)
			
			 
			
			Da Erodoto, che già ne 
			parla nel 400 a.C. nelle sue Storie, fino a Moravia, che racconta 
			del suo viaggio nel Paese asiatico in un reportage del 1976.
			
			Ma la gher è anche 
			vitale, efficiente, robusta e soprattutto trasportabile, una 
			caratteristica essenziale per chi non concepisce neppure 
			lontanamente l’idea di costruirsi una dimora fissa, e necessita di 
			qualcosa che possa essere spostato e trasportato, in qualsiasi luogo 
			e in qualsiasi momento ( è smontabile e montabile in meno di 2 
			ore!).
			
			
			 La sua struttura, 
			(clicca 
			sulla immagine per ingrandire) leggera e resistente, è costituita da una grata circolare in legno 
			di salice (hana), divisa in due sezioni tenute assieme da lacci di 
			cuoio e irrobustite con tre giri di corda legati nel mezzo, in basso 
			e in alto. La grata fa da perimetro e da punto di appoggio per i 
			pali di sostegno della cupola (detti uni). Questi, disposti a 
			raggiera, si collegano a loro volta ad un anello (toono, ovvero 
			camino) posto nella sommità della tenda e sorretto da due colonne 
			centrali in legno riccamente intarsiato e dipinto con colori vivaci. 
			Il punto più alto della gher raggiunge i tre metri circa.
La sua struttura, 
			(clicca 
			sulla immagine per ingrandire) leggera e resistente, è costituita da una grata circolare in legno 
			di salice (hana), divisa in due sezioni tenute assieme da lacci di 
			cuoio e irrobustite con tre giri di corda legati nel mezzo, in basso 
			e in alto. La grata fa da perimetro e da punto di appoggio per i 
			pali di sostegno della cupola (detti uni). Questi, disposti a 
			raggiera, si collegano a loro volta ad un anello (toono, ovvero 
			camino) posto nella sommità della tenda e sorretto da due colonne 
			centrali in legno riccamente intarsiato e dipinto con colori vivaci. 
			Il punto più alto della gher raggiunge i tre metri circa.
			
			Il design gher 
			mongola si integra con la cultura buddista. La corona toono adotta 
			la forma di Dharmachakra, la ruota della lege ad otto raggi. 
			L'antico stile toono, oggi diffuso nelle yurte dell'Asia centrale, 
			viene chiamato in Mongolia "sarkhinag toono", mentre il toono 
			rappresentando il Dharmachakra buddhista si chiama "khorlo" 
			(tibetano འཀོར་ ལོ ་.)
			toono. Anche le forme, i colori e gli 
			ornamenti in legno del toono, colonne e pali della yurta mongola 
			sono in accordo con lo stile artistico che vediamo nei monasteri 
			buddhisti della Mongolia. Tali yurte sono chiamati "uyangiin ger" - 
			che letteralmente significa "casa del testo" o "casa di melodie".
			
			
			 Lo scheletro di legno, 
			viene poi interamente coperto da uno o più strati (a seconda della 
			stagione) di pesante feltro di pura lana e da una pelle 
			impermeabile; il tutto è fissato alla struttura con lacci di cuoio (clicca 
			sulla immagine per ingrandire). 
			L’ultimo strato, quello più esterno, è costituito dal caratteristico 
			telo bianco, a volte impreziosito con ricami colorati. Anche il toono, da cui fuoriesce il tubo-camino del focolare interno, è 
			coperto da un feltro (detto urkh), che viene tenuto aperto di 
			giorno per far circolare l’aria e chiuso di notte per trattenere il 
			calore. L’apertura centrale non solo garantisce il ricambio 
			dell’aria, fa penetrare la luce e risulta di beneficio nei periodi 
			caldi dell’anno, ma funge anche da orologio solare: i raggi, 
			penetrando all’interno, illuminano progressivamente punti diversi, 
			segnando così le ore del giorno. La porta(khalga), la cui 
			cornice costituisce la parte più massiccia e decorata di tutta la 
			gher, è in legno e sempre rivolta a sud.
Lo scheletro di legno, 
			viene poi interamente coperto da uno o più strati (a seconda della 
			stagione) di pesante feltro di pura lana e da una pelle 
			impermeabile; il tutto è fissato alla struttura con lacci di cuoio (clicca 
			sulla immagine per ingrandire). 
			L’ultimo strato, quello più esterno, è costituito dal caratteristico 
			telo bianco, a volte impreziosito con ricami colorati. Anche il toono, da cui fuoriesce il tubo-camino del focolare interno, è 
			coperto da un feltro (detto urkh), che viene tenuto aperto di 
			giorno per far circolare l’aria e chiuso di notte per trattenere il 
			calore. L’apertura centrale non solo garantisce il ricambio 
			dell’aria, fa penetrare la luce e risulta di beneficio nei periodi 
			caldi dell’anno, ma funge anche da orologio solare: i raggi, 
			penetrando all’interno, illuminano progressivamente punti diversi, 
			segnando così le ore del giorno. La porta(khalga), la cui 
			cornice costituisce la parte più massiccia e decorata di tutta la 
			gher, è in legno e sempre rivolta a sud.
			
			Non c’è nessun tirante o 
			cavo esterno! L’ingegnosa tecnica di costruzione fa si che la gher, 
			pur essendo una tenda, si mantenga ben salda ed eretta senza 
			ancoraggi al terreno, anche in caso di tempeste o di forte vento. 
			Pur nella sua semplicità ed essenzialità, la gher al suo interno 
			offre tepore e comodità.
			
			Al centro è posta la 
			stufa di ghisa: focolare, camino e cucina insieme. La custodia della 
			fiamma è affidata al figlio minore, l’otgon (nome che deriva dalla 
			parola turca per il fuoco), che nella tradizione mongola è 
			generalmente l’erede delle sostanze paterne ed è anche responsabile 
			del reperimento del combustibile, l’argal, ovvero lo sterco degli 
			animali secco, che nel nord del paese, dove sono presenti le 
			foreste, viene affiancato dalla legna. In realtà ad occuparsi del 
			fuoco sono poi le donne, che lo accendono la mattina presto e lo 
			alimentano durante il giorno per cucinare e scaldare l’abitazione.
			
			Quando fa caldo, è sufficiente tirare un po’ su i bordi del telo 
			(sulla sommità), per creare subito una leggera corrente d’aria in 
			grado di rinfrescare meglio di un condizionatore. Che dire… un’altra 
			bella lezione di ecologia! Sul lato sinistro ci sono i letti degli 
			uomini e degli ospiti, mentre a destra il letto coniugale e quelli 
			delle donne.
			
			Il pavimento è ricoperto 
			di feltri e tappeti, di cui uno rosso riservato agli ospiti.
			
			Tutti i mobili 
			(cassapanche, letti, sgabelli e tavolino, un guardaroba, una 
			dispensa e un piccolo altare con immagini buddhiste) sono 
			prevalentemente di color arancione, arricchiti con decorazioni e 
			variopinti disegni simbolici. Gli oggetti sacri della famiglia si 
			trovano sul lato opposto dell’entrata.
			
			In una gher nulla è 
			casuale, ognuno ha il suo ruolo e ogni cosa ha un significato, un 
			riferimento sacro. La posizione degli arredi segue regole legate 
			alla simbologia religiosa e chi entra deve rispettare una serie di 
			rituali e un’etichetta dettagliata e precisa.
			
			
			
			"Gurvger" by The original uploader was Adagio at English Wikipedia 
			
			 
			
			Dice un proverbio 
			mongolo: “Se bevi l’acqua di una terra straniera, devi berne 
			anche le tradizioni”.
			
			Mai calpestare 
			volontariamente lo stipite della porta d’ingresso. Porta 
			sfortuna. Se però ci inciampi accidentalmente è buon segno. Anche 
			bussare è vietato. Indica un’esitazione da parte del visitatore, e, 
			di conseguenza, costituisce un’offesa agli ospiti, come se non 
			fossero degni di accoglierlo.
			
			Gli uomini, una volta 
			entrati, si dispongono a oriente (il lato sinistro) e le donne a 
			occidente (il lato destro). Il capo famiglia si siede a nord, le 
			persone importanti si siedono a nord-ovest ed i bambini a sud.
			
			Sono banditi gli oggetti 
			nefasti, come armi, coltelli, ma anche utensili da scavo (ricordano 
			la sepoltura) e le pentole senza coperchio, secondo i mongoli ideali 
			per trafugare la felicità familiare.
			
			È 
			d’obbligo accettare 
			tutto! Se viene offerto del cibo (con il braccio destro, sorretto 
			dalla mano sinistra all’altezza del gomito) va accettato sempre con 
			entrambe le mani e gustato con entusiasmo, che si tratti di carne 
			grassa di pecora, di formaggio essiccato, vodka o airag (latte di 
			cavalla fermentato).
			
			Rifiutarlo o non 
			assaggiarlo offenderebbe la famiglia. Se qualcuno offre la propria 
			tabacchiera, va accettata prendendola con la mano destra. A chi non 
			piace il tabacco da fiuto, deve almeno fare il gesto di odorare la 
			parte superiore della scatola.
			
			Per essere considerato 
			un ospite ben educato meglio evitare di fare troppe domande e di 
			appoggiarti ai pali di sostegno. Non voltare le spalle ad un altare 
			o a un oggetto religioso(tranne quando stai andando via). Prima di 
			uscire, è d’ obbligo: percorrere un giro in senso orario attorno 
			alla stufa posta al centro della gher, ricambiare l’ospitalità con 
			un regalo, fare nuovamente attenzione a non urtare lo stipite della 
			porticina di legno. Urtarlo significherebbe portar fuori la buona 
			sorte e per rimediare saresti costretto a rientrare.
			
			Anche la struttura della 
			tenda è legata a credenze religiose e richiama antichi simbolismi 
			cosmici. L’apertura centrale, che durante la notte viene chiusa per 
			impedire l’accesso degli spiriti maligni, simboleggia la finestra 
			sull’universo. Da essa si protendono i raggi che formano il tetto 
			ovvero la volta celeste. I feltri e i tappeti sul terreno, quadrati 
			o rettangolari, rimandano alla Terra, che nel simbolismo orientale è 
			rappresentata appunto con un quadrato. Tra i due estremi, cielo e 
			terra, si svolge la vita degli uomini.
			
			Soggiornare qualche 
			giorno nella gher è anche l’occasione giusta per allontanarsi dalla 
			frenesia del vivere moderno, per riscoprire il piacere 
			dell’essenziale, per ritrovare un dimenticato senso di serenità e di 
			libertà, e per riavvicinarsi a uno stile di vita semplice, in 
			contatto con la natura e con la popolazione locale, gente socievole, 
			ospitale, tranquilla e tollerante.
			
			La gher gioca un ruolo importantissimo nel dar forma al carattere 
			dei mongoli. Le sue dimensioni limitate costringono infatti a 
			condividere ogni cosa e a lavorare insieme, incoraggiando la 
			pazienza e rafforzando i legami familiari.
			
			Un modo di vivere che si può condividere e sperimentare , almeno in 
			parte, durante il soggiorno nella gher.
			
			 
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			marco vasta © 2015