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28 luglio - 12 agosto 2017

Ci sono aree con panorami più suggestivi, luoghi con popolazioni più interessanti e culture più integre ma c'è quel qualcosa che non si può descrivere che mi ha fatto rivivere le sensazioni dei primi viaggi anni '80 che ha reso, anche a detta di Nives, questo viaggio tra i più belli degli ultimi anni.

Luciano Caleffi - maggio 2017

Clip di Luciano e Nives (8'53")

 

Pamir Walks non è un viaggio trek, quanto piuttosto il camminare quietamente attraverso villaggi e un popolo ancora non contaminato dal consumismo, in una natura aspra che predomina incontrastata lasciando poco spazio all’uomo. Il viaggio si concentra sulla Bartang Valley, un luogo per viaggiatori più che per turisti, dove le pareti rocciose strette e ripide delle montagne si ergono maestose ai lati del tumultuoso fiume grigio e si viene proiettati in un’epoca senza tempo, scandita dal lavoro manuale nei piccoli campi strappati alle rocce, dai ritmi delle stagioni, della pastorizia, dalla gentilezza delle persone e dalla curiosità dei bambini. Un luogo per tornare “allo stato di natura”, per inserirsi nelle famiglie che ci ospitano e ritrovare il valore delle piccole cose, come il vivere in comunità, un sorriso schietto, il mangiare dallo stesso piatto, la gioia della musica tradizionale, il calore di un invito a danzare, l’assaporare le succulente piccole albicocche colte dagli alberi, il dormire assieme o all’aperto sotto le stelle; un luogo dove una doccia calda costituisce un vero lusso che poche famiglie possono permettersi e il water è ancora un buco nella terra e spesso non in completa privacy. Più che le meraviglie naturali, colpisce la gente, che ti accoglie a braccia aperte e ti chiama per un chai assieme, perché l’ospite è una benedizione.

Sono ancora scarsi i segni di “civilizzazione”. Le infrastrutture, le strade e in particolare l’energia costituiscono i problemi principali che rendono la vita in Pamir e in particolare la Bartang valley ancora intatta e poco permeata dal turismo.

Fino ad inizio secolo il passaggio attraverso la valle avveniva attraverso un sistema di scale, piattaforme di legno e ceste che consentivano agli intrepidi abitanti di percorrere le ripide pareti e superare le acque del fiume.  Oggi la valle è percorsa da una stretta strada ghiaiosa serrata, in precario equilibrio, fra l’argine del fiume e i ripidi massicci montuosi, e pertanto soggetta a continui allagamenti e frane.

La percorriamo anche noi, in un continuo saliscendi di buche, di scossoni, guardando meravigliati l’autista negli scambi con le auto che giungono in senso opposto.

È facile che la strada sia bloccata e che sia necessario prendere delle alternative, quindi occorre massima flessibilità e disponibilità a cambiamenti di percorso e itinerario.

Gli investimenti stranieri, soprattutto cinesi, stanno però cominciando a prendere piede e, ad esempio, la famosa M41 è in corso di ampliamento e assestamento ad opera degli ingegneri cinesi con manovalanza locale.

Nella Bartang gli unici investimenti sono opera dell’Aga Khan Foundation che, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, costituisce la fonte principale di sussistenza della popolazione locale. Qualche altro investimento, soprattutto in generatori e impianti per lo sfruttamento dell’energia idrica, è stato effettuato dal Giappone, anche se la situazione è lontana dal minimi standard occidentali.

 

Lucilla Cinelli 2016

 

Massimo Cammelli, giornalista e fotografo, compagno di viaggio in Alto Dolpo 1995 ed in Zanskar 2000, assieme alla moglie dott.ssa Anna Maria Cavallo, ha pubblicato su Facebook alcuni ricordi del loro viaggio nella valle di Bartang.

Album di M.Cammelli ]

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