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4 - Baku - Shamakhi (Diri Baba, Yeddi Gumbez) - Sheki (Khan Sarayi - Chiesa di Kish) - Sheki
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In breve Oggi lasceremo la capitale e cominceremo a dirigerci verso nord-ovest per poter poi, il giorno successivo, attraversare la frontiera con la Georgia. L’itinerario previsto avrà una lunghezza di circa 300 km e sarà denso di interessanti visite culturali e di incontri con una realtà rurale che nella capitale e nei suoi dintorni non è possibile osservare.
Martedì 2 luglio 2019 La prima méta è la città di Shamakhi (Şamaxı), un tempo centro di scambi commerciali e capitale dell’Impero degli Shirvanshah che governarono il paese dal IX al XVIII secolo. Purtroppo numerosi terremoti, incendi e invasioni, non hanno lasciato molte testimonianze del suo glorioso passato. Nel periodo sovietico la città divenne famosa per la produzione del vino e del cognac, ma venne poi fortemente colpita durante la campagna contro l’alcolismo voluta da Gorbaciov, e solo attualmente si sta riprendendo. Noi visiteremo l’interessante mausoleo a due piani edificato agli inizi del XVI secolo dedicato a Diri-Baba; un venerato santo sufi il cui corpo sarebbe rimasto incorrotto dopo la sepoltura. La struttura, che richiama folle di fedeli e di pellegrini, sorge su un sito scavato nella roccia, proprio di fronte al vecchio cimitero della città, ricco di antiche e decoratissime lastre tombali, dove, una volta saliti, avremo l’opportunità di osservare un’altra interessante architettura; quella del Mausoleo di Yeddi Gumbez le cui magnifiche cupole si sollevano al di sopra del silenzioso e solitario panorama. Riprendendo il cammino la nostra guida ci prospetta l’opportunità di fare una sosta pranzo presso alcuni rifugiati del Nagorno Karabak di sua conoscenza e noi ne siamo entusiasti per il fatto che i morsi della fame cominciano a farsi sentire ed anche perché siamo molto interessati a conoscere queste persone la cui difficile situazione politica li ha costretti ad optare per una scelta drastica e molto sofferta: l’abbandono della propria terra. Il Nagorno, rispetto agli altri territori armeni, era riuscito a mantenere una propria autonomia fin dall’epoca precristiana, ma, all'inizio del XIX secolo entrò a far parte dell'Impero Russo e con la dissoluzione di quest'ultimo, in seguito alla rivoluzione d’ottobre del 1917, fu conteso dalle due neonate repubbliche di Armenia ed Azerbaigian. Tale situazione, che da più di un secolo fomenta una guerriglia per il possesso di questo modesto e “nero giardino di montagna” (questo è il significato del suo nome), sembra praticamente irrisolvibile in quanto i due contendenti non sono affatto disposti ad arretrare dalle proprie posizioni e nessuno vuole riconoscere questo territorio come uno stato indipendente. Apprezziamo con piacere il decoroso pasto (pane e formaggio ndr) che ci hanno preparato e, contenti di aver contribuito in qualche modo alla loro sussistenza, ringraziamo tutti i componenti della famiglia e ci rimettiamo in viaggio per giungere a Sheki (EDT-LP 257 Şәki), una tranquilla città di montagna circondata da splendide foreste, un tempo sede di un ricco khanato che decadde dalla sua funzione quando il paese venne assoggettato dalla Russia nel 1805. Ma, nonostante questa interferenza, la città continuò comunque a prosperare come centro di produzione della seta in quanto si trovava su un importante snodo commerciale situato nel punto in cui la via carovaniera tra Baku e Tbilisi si diramava per attraversare le montagne e raggiungere Derbent, nel Daghestan. Dei cinque caravanserragli attivi in quel periodo di antico splendore ne sono rimasti soltanto due, adibiti ad attività alberghiere e museali. Giunti in città ci incamminiamo lungo una ripida strada acciottolata che conduce alle mura della Fortezza di Nukha (EDT- LP 259) (raggiungibile con il bus ndr) contenente il Palazzo del Khan (EDT- LP 259 Xan Sarayı), una sfarzosa residenza ultimata nel 1762. Ciò che ci colpisce, oltre ai due enormi platani del XVI secolo, è la splendida facciata con motivi geometrici e stilizzazioni floreali di colore blu scuro, turchese e ocra, e con le coloratissime vetrate attuate con l’antica tecnica şebeke, consistente nell’assemblare quattordicimila pezzi di vetro (all’epoca provenienti da Venezia) su ogni metro quadrato di finestra, incastonati in minuscoli tasselli di legno e senza uso di colla. Il risultato è che la luce incidente su queste vetrate proietta all’interno del palazzo un caleidoscopico insieme di colori che risultano particolarmente caldi e avvolgenti durante le ore del tramonto. Gli interni del palazzo sono ancora più sorprendenti: tutte le pareti sono ricoperte da splendidi dipinti murali. I più interessanti si trovano tuttavia al piano superiore suddiviso in una grande sala centrale e in altre due stanze: una per gli uomini e un’altra per le donne. La sala centrale si presenta con vivide e minuziose rappresentazioni di eroiche e sanguinose battaglie, quella degli uomini sulla sinistra mostra scene di caccia con animali mitici e leoni che sbranano antilopi, mentre in quella delle donne, sulla destra, ci sono scene delicate con soggetti pastorali, fiori, uccelli e arabeschi vari. Terminata la visita ci soffermiamo per dare uno sguardo fotografico alla Chiesa Russa del XIX secolo di forma stranamente cilindrica, costruita sui resti di un’antica chiesa dell’Albania caucasica (il toponimo Albania nulla a che spartire con l'Albania balcanica ndr) del VI secolo. Siamo quindi pronti per la visita alla Chiesa albanese del vicino villaggio di Kis (EDT- LP 260) situato a circa 8 km a nord di Sheki. Poiché la strada non è molto agibile per il nostro pulmino ci andremo con dei taxi che troviamo già pronti per il trasferimento. Il villaggio con le sue stradine acciottolate è veramente incantevole e si percepisce un’atmosfera d’altri tempi, dove l’esistenza è scandita da ritmi antichi ma sempre attuali. La Chiesa albanese (EDT- LP 260) accuratamente restaurata e con il tipico campanile rotondeggiante, in tempi recenti è stata trasformata in un museo ben organizzato in cui si può apprendere molte notizie sulla misteriosa Albania caucasica; un regno sorto tra il IV-II secolo a.C. che comprendeva gran parte dell’Azerbaigian settentrionale e si estendeva fin nei territori dell’attuale Georgia. In questo regno la religione cristiana era già religione di Stato nell’anno successivo all’editto di Costantino del 313 d.C. Questa chiesa è dunque importante perché è uno dei pochi esempi rimasti di quel lontano periodo. Ma in realtà il sito dove sorge risale a un periodo di gran lunga anteriore all’epoca cristiana e questo si può appurare visitando l’annesso cimitero protetto da una grande cupola. Guardando attraverso un pavimento di vetro si possono ammirare alcune gigantesche tombe che contengono i corpi di individui giganteschi con un’altezza di 2,5 metri e oltre, probabilmente risalenti all’Età del Bronzo e forse anche prima. Nelle antiche cronache si dice che questa popolazione di giganti aveva la pelle bianca e i capelli di un color giallo dorato, molto dissimili dunque dall’attuale popolazione caucasica. In virtù di questo rinvenimento il villaggio viene anche chiamato “terra degli atlanti” e sembra dunque essere un eccezionale esempio del più antico nucleo abitativo dell’Azerbaijan. Ritornati a Seki facciamo una piccola sosta per vedere i caravanserragli e poi, prima di andare a cena, ci perdiamo nella città vecchia col suo labirinto di case dai tetti in tegole rosse e stradine su cui si affacciano numerosi negozi di artigianato. |
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Dalla relazione di Roberto Pierpaoli 2017
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