Il percorso, che qui riporto nella descrizione di Pierluigi Ferrari del CAI Mantova, parte dalle foreste di Kishtwar divenute santuario della guerriglia ed è stato vietato al turismo. Lo pubblichiamo con l’augurio che il conflitto termini e sia nuovamente percorribile.
Da Kishtwar l’itinerario si snoda, su strada sterrata, attraverso le valli del fiume Chandra-Chenab fino ad Atholi da dove, su sentiero, si inoltra nella valle di Pardar per poi salire all’Umasi-la (in kashmiro Pardar-la). È il percorso abituale che gli abitanti di Padum affrontano quando vogliono raggiungere rapidamente l’India nei mesi invernali. La lunga escursione permette di conoscere il versante meridionale della Grande Catena Himalayana che, con i suoi verdi boschi, è completamente differente dalle aride valli dello Zanskar ma offre pochi momenti d’interesse culturale. La piana di Padum, con i suoi gompa lamaisti, è raggiunta solo dopo molti giorni di cammino lungo un itinerario che può semmai interessare gli alpinisti intenzionati a scalare l’Umasi Peak.
Dopo il ponte di Atholi il sentiero si biforca, il ramo principale prosegue verso est lungo la valle del Chenab verso il Chamba ed il Lahul nello stato dell’Himachal Pradesh, mentre un sentiero secondario conduce verso lo Zanskar.
L’Umasi-la è raggiungibile, da entrambi i versanti, solo attraverso ghiacciaio: è quindi necessario un minimo di attrezzatura che permetta di affrontarlo in tutta sicurezza. Necessaria una guida. In genere si procede con i cavalli fino a Bujan e qui si affida il carico ai portatori che sono in grado di affrontare la parte più alta del percorso. Escluso l’attraversamento dell’Umasi-la, il percorso non presenta forti difficoltà: è abbastanza in quota e le piogge monsoniche non sono pesanti. Pochi i guadi, numerosi i ponti. Facile l’acclimatazione. Il trekking richiede 8-9 giorni di cammino.
In autobus da Kishtwar si giunge a Padyarna (circa 30 km). Con un mezzo proprio fino a Galhar (altri 4 km). La strada taglia i fianchi della valle del fiume Chenab. Attorno a Kishtwar il governo indiano ha distribuito numerosi appezzamenti di terreno fra i nomadi Gujar, nella speranza di riuscire ad insediarli stabilmente e lo stesso provvedimento è stato adottato per i pastori delle tribù Bakharval. Galhar (m. 1650) non offre possibilità di campeggio. La strada prosegue per circa otto chilometri oltre Galhar.
Il bacino della valle di Pardar racchiude numerosi giacimenti di zaffiro azzurro scoperti alla metà del secolo scorso. Attualmente l’estrazione avviene regolarmente in una decina di minere, alcune delle quali sono state aperte anche a 4000 metri. Questo spiega i controlli che la polizia opera, specie perquisendo gli abitanti del luogo, alla ricerca delle armi da fuoco, severamente vietate nella zona.
Galhar (m. 1650) - Sasshu (m. 1850
Sasshu
(m. 1.850) - Atholi (m. 1.930)
Atholi
(m. 1.930) - Shashut (m.. 2400)
Shashut
(m. 2.400) - Machai (m. 2.800)
Machai
(m. 2.800) - c.q. 3.500
c.q.
3.500 - Bujan (m. 3.500)
Bujan (m. 3.500) - Piana Ritimadan (m. 4.000)
Piana Ritimadan (m. 4.000) - Campo q. 4.950
Campo q.4.950 - Umasi La - Campo Gauba (m. 4.000)
Campo q. 4000 - Ating (m. 3600)
Poco oltre Galhar sorge il villaggio di Nunhuto con una piccola FRH. Da quassù ampio panorama sulla vallata. Al termine della carrareccia proseguire, risalendo un sentiero che porta ad una evidente cascata nei pressi di alcune case (3h). Si sale fino a quota 2.400 per poi scendere a Sasshu (m. 1.850, 3h - 6h) attraversando in una fitta foresta. Abbondano piante di cannabis e grandi noci.
Sull’esposto sentiero ed in continui saliscendi, ci si alza a quota 2100 (ponte sospeso che non si attraversa, 1h.30’). Quattro o cinque chilometri dopo Sasshu la valle comincia ad aprirsi e si scorgono gli abitati di Kundal (Kanji o Kijai) e di Atholi ed in lontananza le cime del Pir Panjal. Il sentiero sale e scende in continuazione ed arriva allo stupendo villaggio di Kijai (4h - 5h.30’) in un’ampia piana che sovrasta il fiume. Coltivazioni di mais, riso, ortaggi. Il sentiero continua in fondovalle e dopo due chilometri giunge ad Atholi (Arthai, m. 1.930, 30’-6h), posto su un pianoro alla confluenza fra i fiumi Chenab e Pardar (Bhut Nallah o Bhuzas Nala). Numerosi spazi per campeggiare. La zona è abitata da Hindu e Musulmani. Scuola, ambulatorio, uffici del distretto di Pardar e posto di polizia sono i principali edifici pubblici. Forest Rest House circa un chilometro prima del mercato.
Il fiume Chenab è valicato da un ponte che unisce Atholi con il villaggio di Gularbargh, posto sull’altra riva. Gularbargh è un insediamento di cultura hinduista e buddhista con numerosi emigrati provenienti dallo Zanskar. Il piccolo mercato è sorto quando alcuni commercianti ladakhi si stabilirono nella parte alta della valle del Pardar. Poco oltre il villaggio, quasi di fronte ad Atholi, vi sono alcune sculture hinduiste e nei pressi si trova un tempio con elaborate sculture in legno nello stile artistico diffuso nella vallata. Dopo il villaggio il sentiero giunge ad un bivio: a destra ci si avvia verso Shoal e la valle del Chenab, mentre il nostro cammino prosegue lungo la valle del Pardar. Attraversato il torrente Pardar (sulle carte indiane Bhut Nallah) con un secondo ponte nei pressi delle case di Dhundi, il trekking continua sulla destra orografica. Subito dopo il ponte c’è una sorgente sulla sinistra del sentiero. Continuando a risalire la valle si attraversano i campi di fattorie isolate. Grandi tagli sono stati effettuati nel bosco. Ottimo spazio per campeggiare in località Masu (m. 2.000, 3h). Procedendo ancora il sentiero giunge alle case di Mahn dove si attraversa il fiume per poi salire verso un altopiano alpino poco prima di Shashut (detto anche Chisoti; m. 2.400, 3h 30’ - 6h 30’). Tea-shop, campeggiare presso i templi, F.R.H.. La tappa può anche essere suddivisa in due tratte.
Con un ponticello il percorso raggiunge la sponda destra e prosegue alzandosi di circa quattrocento metri. Il sentiero si snoda dolcemente ed in tre ore conduce al villaggio di Machai (Machel, m. 2.800, 3h). Il villaggio sorge alla confluenza fra il Bhazun Nallah ed il Buth Nallah. Machai è il primo insediamento di religione buddhista lamaista. Cinque generazioni fa, alcuni agricoltori dello Zanskar giunsero nella valle, da allora i legami sono rimasti saldi con la terra d’origine sia attraverso matrimoni che attraverso la dipendenza del tempio locale e di quello della vicina Lusen con il monastero di Bardan. Posto di polizia. Tappa breve per facilitare l’acclimatazione.
Due o tre chilometri dopo Machai la valle si biforca ed il sentiero volta verso nord-est addentrandosi nella valle del Bhuzas Nallah[17]. Ancora quattro chilometri circa ed il sentiero giunge a Sumsham ( Bujan, m. 3.500, 3h 30’), ultimo luogo abitato prima dell’Umasi-la. È una grande piana fiorita. Sorgente sotto un risalto roccioso presso grandi cespugli di basilico. Splendido prato, in ogni torrentello della piana luccica polvere di mica.
Il sentiero serpeggia verso il ghiacciaio. Il pianoro è lungo circa sette chilometri. Si percorre la piatta valle, seguendo la destra orografica ed intersecando con alcuni guadi il torrente Hagshu che scende dall’omonimo passo (possibile campo in località Bhuzàs-got alla confluenza fra i torrenti Pardar e Hangshu). Al termine del pianoro, poco oltre la confluenza, si piega a sinistra: per erto e ripido sentiero guadagnare quota fino a sbucare in una nuova ed accogliente piana (Ritimidan: tappeto rosso, m. 4.000, 3h 30’). Si intravede il versante meridionale dell’Umasi Peak.
Il ripido e faticoso sentiero procede lungo ad una interminabile morena (m. 4.400) e che sbocca in un lunghissimo ghiacciaio con minima pendenza. Risalito completamente il ghiacciaio, tenendosi lungo la sinistra e seguendo una linea di ometti in pietra, la traccia giunge ad un grosso sbarramento di seracchi (dx - est). A sinistra della seraccata si sale una ripida morena che conduce a monte della seraccata stessa; all’inizio di stagione risulta faticoso procedere se la neve è molle. Il bivacco va posto sotto un’inconfondibile tetto roccioso (m. 4950; 8h) che fornisce l’unico punto adatto ad un campo prima del passo. La tappa può essere suddivisa in due tratte; un campo intermedio può essere installato in un evidente spiazzo che è, però, ristretto ed ospita solo un paio di tende.
Proprio in fronte al campo, si innalza l’Umasi Peak (m. 6..020) che sovrasta un ramo del ghiacciaio Haptal. Aldilà del ramo del ghiacciaio Roa si trova anche il Roa Peak (m. 5.930). La carta indiana usa lo stesso toponimo (con un piccolo errore di trascrizione) per indicare i nevai ed i ghiacciai su entrambi i versanti dell’Umasi-peak: Haptal ed Haptai.
Dal campo il cammino non è difficoltoso se le condizioni atmosferiche sono buone e la neve è dura. Alcuni ometti segnalano il percorso, aggirando eventuali crepacci, raggiungendo così una conca sopra il ghiacciaio. Alla testata della valle si staglia tutta la linea di cresta e leggermente sulla sinistra si nota il colle da raggiungere e superare: l’Umasi-la (m. 5.342). A secondo delle vostre condizioni e di quelle della neve si devono calcolare, dal luogo del campo, circa 3-4 ore di salita prima di riposare mentre lo sguardo spazia verso le valli dello Zanskar.
Discesa non facile, utile la piccozza, dapprima su un nevaio inclinato, poi sul ghiacciaio per circa quattro chilometri. Attenzione ad eventuali crepacci! Terminato il ghiacciaio, mantenetevi sul pendio di sinistra fino ad un ponte di roccia che permette di attraversare il torrente formato dal ghiacciaio (Nabil, spiazzo per campo), proseguire ancora sul sentiero sconnesso fino a metà valle ai pascoli di Gauba (m. 4.000) unico spiazzo verde della valle presso alcuni massi sulla destra orografica del Mulung Tokpo.
Raggiunto il monastero di Zumgkul il sentiero prosegue in discesa sul percorso che descritto nella parte relativa allo Zanskar al paragrafo: Da Kargil a Padum su la via dei ghiacciai. La valle del Mulung Tokpo (su alcune carte è detta valle di Bardur) sbocca nella grande vallata del fiume Stod (o Doda). Dal luogo del campo, con circa sei ore di cammino, si arriva finalmente ad Ating che, con i suoi campi di piselli, è la prima e verdeggiante oasi dopo il passo.
I sentieri delle montagne del Jammu & Kashmir, poco frequentate dagli escursionisti europei, attraversano valli di selvaggia bellezza che rimangono deserte per sei mesi all’anno. Nella breve stagione estiva, da giugno a metà settembre, i pastori animano i pascoli più alti.
Oltre ai valligiani kashmiri, salgono quassù i nomadi gujar con mandrie di bufali, pecore e cavalli, ed i pastori bakharval con i loro greggi di capre. Questa transumanza annuale segue percorsi abituali, stabiliti ormai da secoli, ed i tre gruppi occupano differenti zone a varie altezze. Ed è grazie a questi pastori che i sentieri sono sempre in buone condizioni, poiché essi ricostruiscono i ponti danneggiati dalle nevicate e dalle piene che seguono al disgelo ed, inoltre, provvedono alla manutenzione delle piste rimuovendo frane e rinforzando i tratti più cedevoli.
I Gujar, con le loro mandrie, occupano una fascia di campi e pascoli posta ad una quota superiore rispetto a quella dove si insediano i pastori locali. In estate vendono latte ai villaggi a valle ed i prodotti caseari sono anche a base di latte di pecora. Chi occupa i pascoli presso le stazioni di soggiorno, come Gulmarg, ha chiaramente un maggior volume di affari. Queste tribù sono originarie del Gujarat. Una grande migrazione avvenne alcuni secoli fa ed i loro antenati raggiunsero le colline e le pendici himalayane del Jammu per poi attraversare il Pir Panjal entrando nel Kashmir. Il Governo Federale e quello del J&K stanno cercando di mutare l’abitudine alla transumanza dei pastori Gujar. Essi infatti trascorrono l’inverno nei fondovalle o nelle piane del Jammu, per poi spostarsi verso i pascoli estivi. I Gujar sono facilmente identificabili da parte del turista: hanno lineamenti simili ai Pathan del Pakistan, con larghi turbanti, coperte di lana dai colori vivaci, barbe e vestiti spesso tinti di rosso. I Gujar sono un gruppo etnico abbastanza isolato che non ha mai adottato i costumi del Kashmir.
Le tribù dei Bakharval formano il terzo nucleo di pastori di queste valli himalayane. I pastori salgono con le loro greggi di pecore fino ai pascoli più alti occupando le testate delle valli. La loro attività economica principale è la vendita della lana ricavata dalla tosatura delle pecore alla fine dell’estate. Gran parte della lana del Kashmir non è la pashmina proveniente dal Chang-Thang, ma è ricavata da queste greggi. I Bakharval conducono tuttora, nonostante gli sforzi del Governo, una esistenza nomade che li spinge ad attraversare gli alti passi della Grande Catena Himalayana arrivando in Zanskar ed in Ladakh. Nei mesi invernali essi scendono nel Jammu fermandosi nel distretto di Raesi con una migrazione che richiede due mesi di tempo.
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