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Il Buddhismo

Sul nucleo di credenze che permeava la società indiana si innestò nel 7° secolo a.C., la predicazione del principe Gotama. Il Buddhismo delle origini era molto semplice. All’inizio i teologi sostenevano solo l’esistenza di due piani fra i quali non esiste comunicazione, da un lato il piano samsarico (il nostro mondo) nel quale opera il karma e in cui si vive e si muore continuamente, dall’altro il mondo nirvanico (riduttivamente uguagliabile all’aldilà)  realizzato quando il karma e la sua forza sono stati esauriti e soppressi.

Ecco quanto predicò Sakyamuni, cioè il Buddha storico:

·         tutto è continuamente relazionato e niente può essere distrutto,

·         tutte le cose e tutti i pensieri (esclusi quelli prodotti dall’osservanza della legge) sono legati al dolore e provocano il continuo ciclo dell’esistenza; noi siamo vittime e prigionieri di questo mondo samsarico perché non ne comprendiamo l’esistenza;

·         tutte le cose ed tutti i pensieri sono illusori, privi di una vera esistenza fino a quando non raggiungiamo la maturità spirituale;

·         esiste un mondo che è aldilà del mondo apparente e pieno di dolore: questo stato è il nirvana. Esso si caratterizza per l’annullamento delle sensazioni illusorie ed è quindi uno stato di «vuoto» nel quale si realizza la piena coscienza.

Buddha non predicò nulla sull’esistenza di Dio o degli dei: essi vivono in un loro mondo a cui anche noi potremmo accedere riincarnandoci. Ma anche gli dei sono soggetti al ciclo della vita. Buddha predicò solo la possibilità di uscita dal ciclo della vita, della morte e della reincarnazione. Seguire la sua via significa entrare in una grande comunità di fedeli:

]      Io mi rifugio nel Buddha,

]      io mi rifugio nella Legge (dharma),

]      io mi rifugio nella Comunità (sangha).

Giungere al nirvana è possibile affidandosi a questi tre «rifugi» che accolgono il fedele e lo aiutano nella sua esperienza di salvezza. Il buddhista, laico o religioso, accettando la fede, ha scelto di cercare l’illuminazione, cioè l’uscita da questo ciclo di vita e di morte. Per questo non si dedica solo della propria salvezza personale, caratteristica dell’Hinayana, la prima forma di Buddhismo (Uso questa distinzione più diffusa, anche se impropria, tralasciando il termine Theravada), ma deve tendere a trasformarsi in Bodhisattva, cioè in Buddha potenziale, preoccupandosi anche della liberazione degli altri dal ciclo delle reincarnazioni. Questa è la via del Mahayana, il Grande Veicolo, la seconda forma di Buddhismo.

L’impatto sociale del Buddhismo fu enorme e la nuova via di salvezza si diffuse ampiamente. Nel 7° secolo anche il Buddhismo subì gli influssi del Tantrismo per poi scomparire sotto il dominio dei Musulmani quando i centri più importanti vennero distrutti e con il passare dei secoli l’India riassorbì anche questa «novità». (Per lo sviluppo del Buddhismo in Himalaya vedi pag.: 000)

 


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22 settembre 2001
   

Kathmandu