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India Orissa - Bharat Odisha

3-19 Febbraio 2024

le spiagge e i templi di Puri e Konarak, le tribù primitive dell’India Orientale

Iconografia hindūista

La religione della Grande Madre

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Tratto dalla guida Ladakh di Marco Vasta.

 

Brahama (Brahmā)

Vishnu ed i nove avatara

Krishna

Shiva e le sue manifestazioni

Kala Rudra

Bhairava

Ardhanarishvara

Ganesh o Ganapati

Hanuman

Kali

India, una religiosità diffusa che senti dappertutto, che scopri di primo mattino quando agli angoli delle strade le donne compiono la puja alle divinità tutelari. Una religiosità suggestiva nei riti funebri e nei pellegrinaggi. In ogni caso una miriade di aspetti difficili da riassumere e rielaborare con gli occhi del turista occidentale. Non è facile fornire un quadro sintetico ed esauriente dei milioni di divinità hindūiste. Leggende, miti, credenze religiose si intrecciano e si sovrappongono. E gli dei si ripropongono con mille facce e mille nomi.

 

Brahama (Brahmā)

Brahama il creatore, incarna il principio della spiritualità calma e virile. È rappresentato con barba e baffi, prototipo dell’uomo ariano, ha quattro teste ornate da corone (la quinta fu persa), forse rappresentanti i quattro Veda, ed ha nelle mani: i Veda, il rosario, il cucchiaio e la brocca per le abluzioni sacre. Suo veicolo è il cigno Hansa. Uno dei suoi pochi templi è a Puskar in Rajasthan.

 

Vishnu ed i nove avatara

Vishnu, il dio che conserva, ha come attributi il diadema, la mazza ed il disco (chakra), suo veicolo è Garuda, sua consorte la dolce Laxmi. Spesso Vishnu ha come simbolo la sankha, la conchiglia marina conica. La punta è tagliata per poterla suonare a fiato. La sua struttura a spirale, che parte da un punto per allargarsi sempre più, simbolizza l’origine dell’essere. Provenendo dal mare, è associata all’Oceano primordiale. Il suono che emette quando vi si soffia richiama la vibrazione che diede inizio alla Creazione. Usata un tempo in battaglia, è ora entrata nei rituali.

Ma più che Vishnu sono alcuni dei suoi avatara ad essere particolarmente cari agli Indiani. I nove avatara (skt lett. discesa) sono le manifestazioni scese in varie epoche sulla terra per ricondurre gli uomini sulla retta via. I più famosi sono Rama e Krishna.

Vi è anche Buddha che per alcuni potrebbe essere il tentativo di ricondurre il Buddhismo nell’Hindūismo. Infine Kalki Avatara sarà il futuro ed ultimo avatara di Vishnu che scenderà sulla terra come guerriero su un cavallo bianco e la salverà dalla distruzione.
Nel Ramayana, il poema epico hindū, vengono cantate le gesta del semidio Rama. L’epopea, trasmessa oralmente, venne scritta in sanscrito nel 5° sec. a.C. dal grande saggio Valmiki. Essa narra come Dasharatha, re di Kosala capitale dell’Ayodha, si accingesse ad investire il figlio maggiore Rama come principe della corona quando gli intrighi di palazzo condotti da Kaikeyi, una delle quattro mogli del re, lo costrinsero a condannarlo all’esilio nella foresta per quattordici anni. Rama se ne andò con la moglie Sita ed il fratellino Lakshman. Un giorno, mentre era assente, il demone Ravana, re di Lanka, rapì Sita. Con l’aiuto del re scimmia Sugriva e del suo esercito di scimmie condotte da Hanuman, Rama assediò Lanka, uccise Ravana e salvò Sita. Al termine dell’esilio fu incoronato. Rama è descritto come un principe di una bellezza «lunare». Rappresenta l’ideale principe di una Età dell’Oro: temperamento artistico, conoscenze scientifiche, valore guerriero. È l’epitome della saggezza e del buon governo.

Krishna è il più recente, in ordine di tempo, avatara di Vishnu. Un suo appellativo è Vasudeva, figlio di Vasu. Krishna era in origine il dio delle tribù pastorali delle foreste in riva allo Yamuna nella regione di Mathura. Nella leggenda, è un erede al trono allevato dal pastore Nanda assieme al fratello Balarama (secondo altre leggende è nato da un capello nero [krishna] di Vishnu). La sua venuta è raccontata nel poema Gita Govinda dove si cantano le sue avventure con le Gopi (pastorelle) e con la compagna Radha. Krishna riesce ad eliminare il tiranno Kamsa e rimettere sul trono Ugrasena. In seguito fonderà Dvaravati sulla costa occidentale dove morirà. Nel Mahabarata, o meglio nel Bhagavad Gita, Krishna si rivela come l’Assoluto e come avatara di Vishnu.

 

Shiva e le sue manifestazioni

Shiva ha due aspetti: uno beatificante e trascendente, l’altro terrificante ed immediato, con ruoli che si scambiano. Nell’aspetto terrifico di Kala Rudra, potere universale di distruzione che pone fine ad ogni esistenza e dal quale ogni esistenza nasce, Shiva può essere rappresentato seduto su una pelle di tigre, con il terzo occhio e la luna crescente, il corpo ricoperto di cenere (come i naga sadhu). I tre occhi simbolizzano sole, luna e fuoco; con essi vede passato, presente e futuro. Sulla fronte è tracciata la mezza luna, indicando che Egli è Signore del tempo, per la misura che la luna dà a mesi e giorni con il suo movimento.

La tigre è il veicolo dell’Energia, incarnazione delle forze della natura. Kala Rudra ha quattro braccia, tese nelle direzioni cardinali, simbolizzano il dominio universale. Il tridente (trisuli) ricorda le tre guna, tre qualità di base, e le tre funzioni di Shiva come creatore, conservatore, distruttore.

Rudra era una divinità terrifica del periodo vedico e fu poi assimilata a Shiva. Rudra è la più potente delle divinità hindū, è la violenza che si manifesta nella natura (nel fuoco che brucia, nell’acqua che scava, nel vento che travolge, e nell’uomo che uccide). Il nome viene spiegato come «colui che piange» o «colui che fa piangere». Rudra è il «Signore delle Lacrime» come ricordano gli Shivaiti indossando le collane rudraksh (lett.: lacrime di Rudra) fatte con bacche di Eleocarpus ganitrus, color marrone scuro, composte da diversi spicchi (mukhee), che vengono riunite in rosarii. Dopo una battaglia fra dei e demoni, nel cui corso vennero distrutte tre città, Shiva pianse per le vite distrutte. Le lacrime caddero sulla terra. Dove esse caddero, spuntarono i cespugli con le rudraksh.

Bhairava o Bhairon, una delle forme di Shiva, è la divinità protettrice posta sul portone dei templi od all’ingresso dei villaggi. Talvolta è un semplice sasso. La parte fondamentale da rappresentare sono gli occhi che ne fanno un’entità vivente. Sono gli occhi ad congiungere in mistica unione l’elemento passivo, l’immagine da venerare, ed il fedele, momento attivo.

Nilkantha (il gola blu) è un appellativo di Shiva che bevve l’halahala, il veleno che minacciava i distruggere il mondo, e salvò l’universo, ma il veleno rese blu la sua gola.

Ardhanarishvara è la manifestazione di Shiva sotto aspetto androgino ed ermafrodita. Ardhanarishvara rappresenta l’unione dell’aspetto maschile e femminile.

 

Altre divinità

Ganesh o Ganapati è la più popolare delle divinità indiane. Il dio della saggezza, figlio di Shiva e Parvati, ha la testa di un elefante su corpo d’uomo. Generalmente colorato in rosso, suo veicolo è il topolino Akhu. Ganapati è invocato all’inizio di ogni impresa, di un viaggio, di un affare affinché rimuova gli ostacoli. È lo scriba responsabile della trascrizione dei testi sacri e quindi patrono della scrittura. In termini metafisici, la forma di mezzo-uomo e mezzo-elefante, illustra il concetto filosofico del Tat-twam-asi (tu sei quello). L’elefante rappresenta l’elemento cosmico, il corpo umano la personalità individuale, insieme essi formano un solo elemento.

Hanuman dio con forma di scimmia, personaggio del Ramayana. Per l’aiuto a Rama fu ricompensato con lunga vita ed eterna giovinezza. Servì fedelmente il suo maestro e personifica la fedeltà nel servire dio. Considerato un individuo raffinato e profondamente colto, ben versato in ogni scienza. La sua saggezza è eguagliata dalla forza. Nei templi a lui dedicati è raffigurato con atteggiamento eroico, impugna nella destra la mazza e con la sinistra solleva il monte Sanjivini, simboli della castità. Dotato di poteri soprannaturali come quello di volare e di cambiar aspetto a piacimento, è anche patrono dei lottatori.

 

La dea madre

Devi la dea per antonomasia, la Gran Dea, la Risplendente, il principio femminile, shakti o energia immanente, rappresentata nell’Hindūismo come divinità femminile. Devi riassume i poteri di Shiva, Vishnu e Brahama. Per i suoi devoti, Shaktas, sorgente di vita e suprema manifestazione del divino. Dio è femmina. Shiva e Shakti, la coppia eterna, rappresentati da lingam e yoni, sono il cuore dell’Hindūismo contemporaneo. La figura della dea madre è principalmente focalizzata in Parvati.

Kali è una divinità dravidica divenuta una delle principali divinità hindū. Compagna di Shiva è raffigurata nel suo aspetto terrifico. Kali deriva da Kala (tempo nel senso di durata). La dea rappresenta quindi il principio del tempo che tutto distrugge. Come shakti, energia, di Shiva viene rappresentata danzare sul cadavere del dio Shiva che in tal caso rappresenta la materia senza cui l’energia non può dispiegarsi. Come shakti Kali è anche la creatrice, la Dea Madre.

Mata viene post-posto al nome indicante un particolare aspetto o forma della Dea Madre od il luogo di culto (es.: Indergarh Mata, Iya Mata). Avari e Bayasa Mata curano i disturbi dell’infanzia. Chamunda, Amli, Piplaj, Ambav Mata sono alcuni degli infiniti nomi tribali assunti dalla Dea Madre.

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