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Delhi
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DelhiUn viaggio nel nord dell’India ha inizio e logica conclusione a Nuova Delhi, tappa obbligatoria che molti viaggiatori eliminerebbero volentieri. Sono sufficienti poche ore per una visita dei principali monumenti e luoghi d’interesse della vecchia e Nuova Delhi. Forte Rosso, Jama Masjid, Qutab Minar, Jantar Mantar per terminare in una orgia di acquisti in Chandi Chowk od in Connought Place. Con un giorno ulteriore a disposizione è possibile compiere una veloce escursione ad Agra ed a Fatepur Sikri. Nuova DelhiModerna capitale britannica ed indiana, divenne centro amministrativo del Raj poco prima dell’indipendenza. Nel 1911, Giorgio 5°, re d’Inghilterra ed imperatore delle Indie, proclamò il trasferimento della capitale da Calcutta a Delhi. L’architetto Edward Lutyens ricevette l’incarico di studiare e progettare una città che rappresentasse l’ideale del potere imperiale, mantenesse un gusto architettonico piacevole anche ai dominatori e fosse funzionale alle esigenze non solo di rappresentanza, ma anche della miriade di uffici governativi che dovevano essere qui trasferiti. Lutyens individuò un’area a sud di Shahajahanabad, una delle antiche città che costituivano la vecchia Delhi ed il 9 febbraio 1931 venne inaugurata la grandiosa Nuova Delhi. Il cuore della città commerciale era costituito dal duplice cerchio di Connuaght Place, qui si trova la massima concentrazione di negozi, uffici, banche, agenzie di viaggio, compagnie aeree, uffici turistici dei vari stati indiani. La piazza è luogo obbligatorio di passaggio di ogni turista. Sulle radiali che escono da Connaught Place, negli anni ’90, sono sorti nuovi edifici e grattacieli dalle linee inusitate. L’occhio è attratto dall’edificio che ospita gli uffici dell’Air India, un palazzo in arenaria che richiama la pietra usata per la maggior parte degli edifici della vecchia Delhi. Chi è solo in transito non può esentarsi da una visita al Jantar Mantar, posto nella radiale di Sasar Road che conduce al Parlamento: le grandi forme geometriche, rosa salmone, non sono pezzi di un’esposizione all’aperto di arte moderna. Sono versione in mattoni ed intonaco del gigantesco osservatorio costruito nel 1724 da Maharaja Jai Singh II che ne costruì altri quattro, uguali a questo nell’impianto. Da Connaught Place in direzione sud si stacca l’ampia Janpath, vi si trovano l’ufficio del turismo, uffici di compagnie aeree, ed alcuni grandi alberghi. Fra gli imponenti palazzi che costituivano la New Delhi imperiale fu innalzata la Porta dell’India, cuore del Raj britannico, arco di trionfo che commemora i soldati dell’esercito indiano caduti nella I guerra mondiale. Lunghi viali s’irradiano attraverso prati geometrici (maidan). Il viale principale è Rajpath che conduce al maestoso ed imponente edificio del Rashtrapati Bhavan. Costruito sulla collina di Raisini, era la residenza del viceré ed ora ospita la Presidenza dell’Unione Indiana. Gli edifici hanno inglobato i precedenti palazzi Moghul. Accanto si trova Sabsad Bhavan, il Parlamento. Old Delhi, sette città nella storiaIl clan Ghauhan dei Rajput governò la regione da Qila Rajpithora (la prima città di Delhi) che si trova a sud dell’attuale. Alla fine del 12° secolo essi furono rovesciati dai Musulmani che fondarono il Sultanato di Delhi con Qutb-ud-din Aibak, un ex schiavo. Egli distrusse 27 templi hindu e jainici e con il materiale asportato elevò Quwwat-ul-Islam (potenza dell’Islam), prima moschea dell’India, ed il fantastico Qutb Minar. La torre è alta 72 metri e mezzo. Venne chiusa al pubblico dopo che decine di scolari in visita morirono travolti da compagni irrequieti. Nel cortile c’è una colonna di ferro di 2000 anni fa. Volgetele le spalle e tentate di abbracciarla: buona fortuna! Alaudin conquistò Delhi nel 13° secolo. Soppiantò la dinastia precedente instaurando quella degli Hiliji e fondò Siri (la seconda città) come propria capitale. L’ampia riserva d’acqua Hauz Khan si trova ad ovest di Delhi (non merita una visita). Seguì la dinastia Tughluq ed il primo sultano, Ghiyasuddin fondò la terza città: Tugluqabad a sud est di Siri, con una imponente cerchia di mura in cui si aprivano 213 porte. A sud di Tugluqabad si trova Surai Kund, ampio anfiteatro rajput, ed a nord è stata trovata un’iscrizione rupestre voluta dall’imperatore Ashoka (273-236 a.C.). Il sultano fu ucciso dal figlio Mahammad che costruì Jahanapanath (la quarta città) di poco ad oriente di Qila Rajpithora. La capitale rimase però a Tugluqabad, anche poiché il sultano tentò di trasferire la popolazione di Delhi nella regione del Maharashtra che voleva annettere al sultanato. L’operazione fallì. Nel 1351 gli successe Feroz Khan che costruì una grande capitale, Ferozabad (la quinta città), il cui centro si trova più a nord lungo le rive del Yamuna. Qui si trova la colonna di Ashoka che riporta gli editti del grande sovrano buddhista. Non lontano si trovano il monumento commemorativo di Mahatma Gandhi e quello di Indira Gandhi (ricordo che non sono parenti). Ai Tughluq succedettero le dinastie Sayid (1414-44) e Lodi (1451-1526). Essi non costruirono nuove città, ma abbellirono le precedenti con le loro tombe circondate da ampi giardini racchiusi fra alte nura. I Giardini Lodi, inglobati in New Delhi, sono un quartiere ricco di mausolei. Alcune tombe sono dei veri e propri palazzi ed alcune vennero usate, nei primi decenni del 1800, come residenze inglesi[1]. La tomba di Safdar Jang (visir di un imperatore moghul) è una delle tombe che più si accostano all’architettura dei Moghul. Nei pressi di Lodi Road è interessante il quartiere medioevale di Nizamuddin, cresciuto attorno alla tomba di Hazrat Nizamuddin, santo sufi, che richiama una corte dei miracoli di mendicanti. Sull’altro lato di Matura Road, imponente la tomba di Humayun, l’imperatore che fondò Dinpanah (la sesta città). Essa fu subito distrutta da Sher Shaha che sulle sue ceneri elevò Purana Qila (il forte vecchio). Sotto di essa vi sarebbe uno degli insediamenti originari di Delhi risalente al 1.000. a.C. Nei dintorni Khairul Manazil Masjid è una moschea del 16° secolo. Poco più in là la tomba di Humayun. Gli imperatori Akbar, Jahanjir risiedettero ad Agra. Nel 1638 Shaha Jahan tornò a Delhi e fondò la nuova capitale (la settima città) vicino alla vecchia Ferozabad. Shahajahanabad è l’attuale Old Delhi. Una città viva, funestata negtli ultimi anni da scontri religiosi essendo abitata da Musulmani. Se il clima è tranquillo ci si può inoltrare in Chandini Chok, l’incrocio illuminato dalla luna, enorme e brulicante mercato, un tempo il più grande bazar dell’oriente. Obbligatoria una visita alla Jama Masjiid ed al forte rosso. La Jama Masjiid, la moschea del venerdì, è la più grande dell’India. Venne costruita fra il 1644 ed il 1658, essa richiama nelle linee la coeva moschea di Latore. Nel grande complesso possono pregare oltre cinquantamila fedeli. L’impianto del Lal Qila - Forte rosso, è uguale al Forte Rosso di Lahore ed al Forte Rosso di Agra, ma quest’ultimo è ben più interessante. MuseiNumerosi e di vario genere. Il Museo Nazionale in Janapath (a sud di Rajpath), ospita una raccolta di arte indiana di importanza storica, oltre a reperti archeologici. La raccolta venne costituita nel 1950 e costituisce un buon approccio alla variegata ricchezza dell’arte indiana. Oltre a stupende collezioni di miniature segnalo la raccolta di sir Marc Aurel Stein, saccheggiata lungo la Via della Seta.. Nel contiguo edificio ha sede l’Archaelogical Survey of India - ASI). La National Galery of Modern Art ospita mostre contemporanee ed, al piano superiore esposizione dei fratelli Th e W. Danielle e della scuola del Bengala. Gli appassionati di fermodellistica non trascurino il Rail Transport Museum con raccolta di locomotive a vapore del celeberrimo servizio ferroviario indiano. Lo splendore moghulAgli inizi del 16° secolo la frammentazione dei regni hindu-shai ed il caos giunsero a tal punto che Lahore spalancò le porte in segno di benvenuto quando Babur, re di Kabul (1483-1530), scese in aiuto del governatore della città. La «tigre», discendente da Timur lo zoppo (Tamerlano) per parte di padre e da Gengis Khan per parte di madre, divenne ben presto il primo padishah (imperatore) dei Moghul quando il 21 aprile 1526 si impadronì di Delhi e dei tesori in essa accumulati. Babur non solo era un brillante stratega, ma fu anche poeta d’elevata sensibilità e costruttore appassionato di giardini e fontane. Il suo regno non fu quello di un despota orientale, dalle sue memorie si ricava l’idea di un uomo capace di unire l’ambizione del regno all’umiltà ed i modi raffinati alla capacità di rapide decisioni. Il figlio Humayun, sebbene ne ereditasse la sensibilità, non fu altrettanto deciso nel governare il grande regno. È indicativo della sua personalità il fatto che morì non per veleno, né in battaglia, ma cadendo dal suo osservatorio astronomico. Akbar (lett.: il grande) successe al padre Humayun nel 1555 all’età di soli quattordici anni. Su di lui ebbe un grandissimo influsso Bahram Khan, tutore e reggente, che lo consigliò fino alla maggiore età quando, nel 1560, assunse il comando diretto. In quarantacinque anni allargò i confini dell’impero fino alla baia del Bengala ad oriente ed alla frontiera con la Persia ad occidente. Aveva anche il dominio di gran parte dell’India meridionale, del Kashmir, del Baluchistan e del Sind. Il suo regno fu grande come il suo nome. Akbar salì al trono come devoto musulmano, ma morì in un certo senso eretico. Fu estremamente tollerante verso le altre fedi, ma poi acconsentì che attorno alla sua persona si sviluppasse una forma di culto, si accattivò gli hindu abolendo nel 1562 la maggior parte delle restrizioni loro imposte e successivamente tolse la jiiza (testatico sui non musulmani), abolì la tassa sui luoghi di pellegrinaggio ed inoltre consolidò ed amministrò con giustizia gli immensi territori ampliando i confini dell’impero del nonno Babur. Suo desiderio era che questo culto divenisse una sorta di religione universale che comprendesse le migliori caratteristiche di tutte le altre fedi dell’impero e ciò lo pose in contrasto con i suoi consiglieri. Akbar chiamò questo credo Dine-Ilahi, cioè la fede divina, una fede che ebbe un suo ruolo, seppure di breve durata, nel consolidare l’amministrazione dell’impero. Soldato di genio e audacia, trasformò un semplice punto d’appoggio in India nel controllo di tutto l’Hindustan. Abile diplomatico, strinse trattati con i capi rajput e soprattutto con il sovrano di Jaipur, che divenne suo generale e la cui figlia Jodhai Bai gli diede il primo figlio maschio. Fu un autentico liberale, gran costruttore, amministratore e idealista, e meglio lo si comprende nella capitale da lui creata, Fatehpur Sikri. Promosse tutte le arti: del suo circolo culturale, da lui detto dei "nove gioielli", faceva parte il musicista Tansen. Aveva una personalità magnetica: i Gesuiti che partecipavano alle sue discussioni teosofiche furono colpiti dagli occhi imperiosi “vibranti come il mare nel sole”. E certo provava sentimenti affettuosi per alcune delle molte mogli: il fascino di Jodhai Bai riuscì a persuadere il re a evitare aglio e cipolla perché "inopportune nel baciare", a rasarsi la barba e a smettere di mangiare carne di bue molto amata dai musulmani, ma vietata agli Hindu. Alla sua morte, nel 1605, salì al trono il figlio Jeangjir (lett.: conquistatore del mondo), che in ventitré anni di regno si guadagnò la reputazione di re giusto. La saggezza della sua amministrazione, unita alla simpatia che seppe attirarsi dal popolo per alcune infelici storie d’amore vissute in gioventù, ne fanno una delle personalità più amabili fra i Moghul. Nel 1628 sale al trono Shaha Jahan che elimina il fratellastro Shaha Ruar ed ogni altro pretendente. Nonostante il cruento inizio si dimostra un buon sovrano e soprattutto un ottimo mecenate delle arti e dell’architettura. Suoi il forte rosso di Delhi e il Taj Mahal di Agra in memoria della moglie Mumtaz Mahal, forse uno degli edifici più belli al mondo. Il suo regno segnò l’apice dell’impero moghul, le eccedenze economiche dovute alla prosperità furono impiegate per finanziare imprese artistiche. Purtroppo i suoi ultimi anni di regno videro la lotta per la successione scatenatasi fra i quattro figli. Nel 1658 Aurangzeb risultò vincitore e Shah Jahan venne rinchiuso nel forte rosso di Lahore da dove poteva scorgere il mausoleo dell’adorata consorte. Aurangzeb usò il pugno di ferro per governare l’impero. Austero ed intransigente nelle abitudini personali e mussulmano ortodosso nella fede, continuò e rafforzò il ritorno alla fede islamica iniziato dal padre. Di tutti i Moghul Aurangzeb fu quello che più si avvicinò all’ideale di uno stato islamico in India. Per suo volere una commissione di studiosi compilò un nuovo codice di giurisprudenza attinente alle condizioni di vita del tempo. La sua interpretazione dell’ortodossia si tradusse in uno scarso interesse per le arti, ciò nonostante lasciò alcune bellissime opere architettoniche come la moschea Badshahi di Lahore, con un cortile che allora era il più grande del mondo. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1707, l’impero iniziò un rapido declino. Sebbene i Moghul conservassero nominalmente il controllo di parte dell’India fino alla metà del 19° secolo, i vari imperatori non riacquistarono mai la dignità e l’autorità di un tempo ed il loro declino consentì lo sviluppo di nuovi influssi sul subcontinente.
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