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Pamir 4x4

14-28 settembre 2019

con Marco Vasta ed AnM sul "tetto del mondo", tra natura e popoli dell’Asia Centrale su i monti del Pamir lungo i confini con l'Afghanistan

Pamir

Due o tre cose che so di lui...

Pamir: il nome ] GBAO ] I Tagiki del Pamir ] Parco del Tajikistan ] Ospitalità ]

 

La pianura si chiama Pamier, e per attraversarla ci vogliono ben dodici giorni, durante i quali non troverete nulla se non un deserto privo di abitazioni o di qualsiasi cosa verde, tanto che i viaggiatori sono obbligati a portare con sé qualsiasi cosa di cui abbiano bisogno. La regione è così alta e fredda che non vedrete volare neppure un uccello. E devo sottolineare anche che, a causa del grande freddo, il fuoco non brucia in maniera così luminosa e che non riscalda come è solito fare normalmente.

Marco Polo, Il Milione

 

Il Pamir è chiamato dalla gente del posto Bam-i-Dunya (‘Tetto del Mondo’), e una volta arrivati non vi sarà difficile capire il perché. Nel Pamir, per secoli formato da piccoli emirati sparsi nelle diverse vallate, sembra di essere un po’ più vicini al cielo.

In persiano antico il termine pamir significa “pascoli ondulati” in riferimento alla parte orientale di questa regione, ma non esiste in effetti una catena del Pamir vera e propria, bensì una serie complessa di catene montuose separate da valli d’alta quota. I cinesi chiamavano queste montagne Congling Shan, o ‘montagne a cipolla’.

La metà occidentale della regione, il Badakhshan, è caratterizzata da profonde valli solcate da corsi d’acqua e da vette perpendicolari che ricordano le aree abitate dai wakhi del Pakistan settentrionale (che sono anche tagike dal punto di vista etnico). La porzione orientale della regione è invece occupata dall’elevato altopiano del Pamir, arido e scarsamente abitato, popolato principalmente da pastori kirghisi e dalle loro yurte. Per gran parte della sua estensione, la regione del Pamir è situata a un’altitudine troppo elevata per ospitare insediamenti umani.

Il Pamir contiene tre delle quattro montagne più alte dell’ex Unione Sovietica, che culminano nei 7495 m del Koh-i Somoni (ex Pik Kommunizma) e nei 7124 m del Pik Lenin (a volte chiamato Koh-i-Istiqlal, o Cima dell’Indipendenza).

La regione è attraversata da numerosi affluenti dei fiumi Vakhsh e Pyanj, che a loro volta alimentano l’Amu-Darya, il maggior fiume dell’Asia centrale.

Il Kohistani Badakhshan (tuttora conosciuto più comunemente con il suo nome sovietico, Gorno-Badakhshan, o GBAO) costituisce circa il 45% del territorio tagiko, ma ospita solo il 3% dell’intera popolazione del paese. Le 212.000 anime che vi abitano sono suddivise tra pamiri a ovest e kirghisi a est. Sotto il profilo culturale, l’influenza del Badakhshan si estende oltre il fiume Pyanj nel Badakhshan afghano.

I pendii e le valli sono popolati da animali particolarmente resistenti e quasi mitici, come la gigantesca pecora di Marco Polo, con le sue corna ricurve che, se si riuscisse a svolgerle, misurerebbero quasi due metri, e il leopardo delle nevi, un animale difficilmente avvistabile. Durante il periodo sovietico diverse squadre di scienziati si sono messe sulle tracce dell’altrettanto schivo ‘abominevole uomo delle nevi’, ma senza successo.

A parte la possibilità di trovarsi faccia a faccia con uno yeti, viaggiare nella regione del Pamir non presenta particolari pericoli e l’unico inconveniente potrebbe essere rappresentato dalla burocrazia e dalla presenza in loco del KGB. Le guardie di frontiera tagike si sono assunte il non invidiabile compito di controllare il contrabbando di eroina che giunge dall’Afghanistan, per cui sarebbe meglio evitarle.

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