Il sentiero risale l'abitato
sotto forma di un marciapiede gradinato (con qualche scivolo per le
scooter) che aggira case e lodge. Un negozietto espone rotoli
di carta igienica e barattoloni di vetro che racchiudono Mars e
Kitkat. Raggiungiamo la parte alta
del villaggio con un chörten vicino alla Shree Nepal Rastriya
Lower Secondari School e un posto di controllo dell’esercito
a monte del sentiero (non hanno chiesto il TIMS) Una indicazione segnala a destra la strada
per motociclette e truk da Dunche e Brabal.
Da qui il percorso inizia a
salire quasi senza sosta sul fianco della montagna lasciando e
sovrastando sulla nostra sinistra altre case e frazioni sparse fra
i campi terrazzati per poi puntare diritto verso l’altro alzandosi a
zig zag fra alcune vecchie malghe e costeggiando un vecchio chörten.
Poo dopo si trova la deviazione verso sinistra in direzione di
Chyolag Pati (3.584m). È un sentiero che evita Sing Gönpa e
abbrevia il percorso.
Sopra di noi si intravedono le
bandiere di preghiera dei lodge di
Dursagang
(2.735m) con un piccolo lodge panoramico sulla vallata e verso il
Lirung. Poco oltre un chörten coperto di muschio e poi si sale
ancora ripidamente attraverso la foresta di rododendri. Infine il
pendio si apre e gli alberi si fanno più radi fino ad affacciarsi
sul crinale della Phoprang Danda
(3.190m). Gran panorama, calda la minestra Maggi, garrule le due
sorelle che gestiscono il lodge. Nyima Sherpa, il portatore rimasto
con me, chiacchiera e loro sono ben contente di scambiare due
parole.
Il sentiero è ora meno ripido e
con qualche saliscendi entra in una meravigliosa romantica foresta
che sembra non aver traccia di presenza umana. I tronchi sono
coperti di muschio, tronchi giganteschi giacciono sul pendio senza
che nessuno li abbia mai spostati.
La foresta affascina sia con la
nebbia che con il sole ed è uno dei luoghi più magici del nostro
trekking. Sul sentiero aleggia la potentissima fragranza della
Daphne bholua, la pianta nepalese per la carta, una specie di
arbusto da fiore del genere Daphne della famiglia Thymelaeaceae.
Cresce ad altitudini di 1.700-3.500m qui sull'Himalaya e sulle
vicine catene montuose.
A queste basse quote si trova
come un sempreverde nei boschetti e nei margini della foresta; ad
altitudini più elevate, è decidua e si trova di solito nei pascoli e
nelle radure erbose. Solitamente raggiunge un'altezza di circa 2,5
m, sebbene alcuni esemplari raggiungano i quattro metri o più. La Daphne bholua ha foglie coriacee e fiori rosa intenso con una
potente fragranza. Da piccolo amavo il foglio da disegno su carta di
Fabriano ed ero orgoglioso della carta ricavata dagli gli stracci.
Poi ho scoperto che la carta è di origine orientale come la
bellissima carta swan cinese. I tibetani scendevano in Langtang ed
in queste valli per procurarsi gli steli e fabbricare carta.
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My favourite kukri |
Gli entelli ci osservano per
scomparire frusciando nel verde. Un paio di portatori, consegnate le
sacche ai miei compagni, sono tornati indietro per far compagnia a
Nyima in questo tratto finale attraverso la foresta misteriosa,
carica di aromi. Da una garitta, un militare ci saluta quando
passiamo sotto una
postazione militare ed ecco
Chandan Bari,
noto anche come Sing Gönpa
(3330 m). Il pendio a settentrione del villaggio è stato disboscato
nel corso dei secoli.
L’agglomerato di lodge accoglie
un piccolo gönpa a base quadrata sormontato da un tetto a pagoda ed
una lanterna al centro. Sembra abbandonato, come lo sono i due
edifici adiacenti, forse abitazioni per monaci o dharmaśālā
(धर्मशाला) per pellegrini. Sarebbe forse meglio considerarlo un tempio. Il
porticato all’aperto reca tracce di pitture murali fra cui si
individua una raffigurazione dei quattro armoniosi amici, una sorta
di musicanti di Brema in versione vajrayana.
All’interno, al centro
della parete, si staglia un Avalokiteśvara dalle mille
braccia a raggiera. In Tibetano è chiamato Chenrezi ed è il
protettore del Tibet ed il Dalai Lama è la sua presenza sulla terra,
non per nulla Tenzin Gyatso è appellato Kundun “la presenza”. Avalokiteśvara, il bodhisattva della grande compassione, è qui
raffigurato in nella forma più diffusa di Sahasrabujia (sanscrito)
ovvero con mille braccia (quattro in evidenza e miriadi di braccia
sullo sfondo) le cui mani contengono un occhio. Il significato di
questa rappresentazione (molteplicità degli occhi e delle braccia)
inerisce al ruolo di mahākaruṇā
(sanscrito: Grande compassione) rappresentato da questo bodhisattva
pronto a raccogliere le richieste di aiuto di tutti gli esseri.
Un'interpretazione simbolica vuole che i dieci volti collocati
insieme al volto indichino i dieci stadi del percorso del
bodhisattva che si concludono con lo stadio della buddhità.
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