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Ladakh |
il
paese degli alti valichi
di Marco Vasta |
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questa pagina che leggi è basata
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Architettura lamaista:
i conventi
I gompa, le dimore della
solitudine, come i monasteri di ogni paese e di ogni religione, sorgono
generalmente in luoghi appartati e solitari. Nella stesura di questa guida
ho raggiunto monasteri grandi e piccoli, ricchi o poveri, visitando abbazie
e cappelle isolate. La situazione è sempre pittoresca: distesi in
un anfiteatro lungo il pendio roccioso della valle (come a Rigzong) raccolti
su un roccioso cocuzzolo isolato (come Phyang, Bardan, Ringdom, Kye), degradanti
lungo l'erto fianco di un contrafforte (come Spituk o Thikse), abbarbicati
su un pendio aperto (come Karcha o l'affascinante Phuktal), addensati nell'angusto
meandro di una valle (come dZongkhul od Hemis) od affacciati su un poggio
verdeggiante (come Pemayangtse). Essi hanno sempre un fascino particolare
e suggestivo, si celano per comparire improvvisamente ad una svolta della
strada o del sentiero.
I monasteri che oggi
sopravvivono in Tibet e nelle valli himalayane, hanno perduto gran parte
della loro vitalità e della loro importanza sociale. Sicuramente
l'esilio in India del Dalai Lama ha segnato la fine di un epoca e si assiste
oggi ad un progressivo esaurimento di una cultura giunta da tempo al suo
massimo splendore. Eppure proprio questa migrazione dal Tibet ha comportato
un'ondata di nuove energie al Lamaismo di numerose valli poiché
molti monasteri sono stati posti sotto la giurisdizione di eminenti abati
tibetani che hanno rinvigorito lo stanco monachesimo delle regioni himalayane
indiane. Il flusso turistico, se da un lato ha introdotto notevole degrado
nella vita comunitaria, ha dall'altro apportato un beneficio economico
che ha permesso numerosi restauri, salvaguardando parte del patrimonio
artistico dei monasteri ma anche introducendo pericolose semplificazioni
dei modelli artistici nei nuovi affreschi che decorano i templi.
Costruiti in una posizione
dominante e nei pressi di un corso d'acqua, i monasteri costituivano un'unità
religiosa sociale ed economica autonoma. Essi si trovano quindi non solo
presso villaggi ma anche in posizioni isolate proprio in virtù di
questa autosufficienza. Non sono costituiti da un singolo edificio ma da
una folla di edifici che sembrano sormontarsi, quasi sorgere l'uno d'altro.
Attorno al corpo centrale, costituito dal tempio e dalle cappelle per le
cerimonie collettive, stanno gli altri edifici in modo che il tetto
a terrazza dell'uno serva da cortile per quello sovrastante. Questi edifici
hanno lo scopo di soddisfare le molteplici esigenze di comunità
talvolta numerose (in quella di Hemis erano registrati ben cinquecento
monaci) perciò, oltre alle camere ed alle celle personali, i locali
vengono adibiti a scuole, seminari d'istruzione, uffici amministrativi,
refettori, cucine. Ed inoltre si trovano botteghe artigianali, stamperie,
magazzini, foresterie dove alloggiare i monaci di passaggio, i pellegrini
ed anche i turisti.
Nei gompa gli elementi
architettonici sono gli stessi che nelle case dei ricchi e dei notabili
con finestre, terrazzini, portici e loggiati, strette feritoie e ampie
terrazze, balaustre fra un piano e l'altro, tettucci fatti con rametti
sporgenti, colorati in rosso cupo che quasi sezionano le bianche facciate.
Ed una volta valicato il portale di questa cittadella, ci si può
aggirare fra edificio ed edificio, in un labirinto di cortili, corridoi
oscuri; un mondo intero che dall'esterno sembrava impossibile che possa
esistere, celato come è da una apparente compatteza degli edifici.
Le varie cappelle
del monastero assumono nomi diversi a seconda della funzione cui sono destinate.
Vi sono quindi le sale dell'assemblea di culto o sala riunioni, dukhang;
la cappella della legge: choskang; il tempio delle divinità
tutelari, il gonkang dove risiedono gli yddam della comunità;
la cappella di maggior importanza, lhakang o tempio degli dei; quella
privata dell'abate, labrang e la sua biblioteca pezmokang;
ma i nomi poi variano indicando talvolta la specifica divinità adorata
nel tempio.
Quanto alla loro configurazione
interna, i templi lamaisti si suddividono sostanzialmente in due tipi:
a basilica con due navate laterali più basse od a pianta quadrata
dove lo spazio centrale resta circoscritto da pilastri di legno che attraversano
il tetto per sorreggerne uno più alto. Tra i due tetti resta uno
spazio aperto per il passaggio della luce.
In entrambi i casi
lo spazio centrale viene adibito a sala di preghiera dove, tra gli arredi
sacri, si trovano i sedili dei monaci disposti in file parallele ai lati
del passaggio centrale. In fondo alla navata si trova il trono dell'abate
(e nei gompa riformati anche quello del Dalai Lama); in genere questi templi
hanno una cappella posteriore con le altre immagini sacre. Le pareti sono
dipinte, spesso in rosso vivo, oppure minuziosamente affrescate in un rutilio
di colori che contrasta con l'aspro paesaggio delle vallate circostanti.
È una fantasmagoria di tinte, tra cui predominano l'oro, il giallo
ed il blu, riscontrabile anche sui capitelli dei pilastri degli affreschi
e sulla laccatura delle immagini sacre. E la vostra curiosità non
sarà mai appagata perché il senso del bello spira da ogni
cosa che vedete nella cappella, dalle piccole coppe d'argento alle decine
di statue allineate sugli altari, dalle tangke appese a pareti e pilastri,
ai grandi recipienti nei quali l'impasto di tea e tsampa viene servito
ai lama in preghiera, dai tavolini traforati ai lunghi tappeti morbidi,
lunghi e stretti.
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