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Nel Sahara maliano, al confine con l’Algeria, c’è un massiccio
montuoso di 1.000 metri di altitudine, di pietre e rocce basaltiche: l’Adrar
degli Iforas. In questo massiccio, il cui attuale capoluogo è Kidal, sono
presenti pitture rupestri vecchie di 4.000 anni, perché, per millenni, fu
attraversato da uno degli itinerari commerciali transahariani più
frequentati. Nel medioevo, lungo uno dei suoi corsi fluviali oggi estinti (uadi), un gruppo di tuareg provenienti dall’Hoggar (Algeria), fondò Tadmekka, città ricca e acculturata, citata e magnificata in molte cronache di viaggiatori arabi medioevali. Per la grande importanza come centro degli scambi commerciali transahariani, fu chiamata es-Souk (il mercato), e la sua magnificenza cominciò ad eclissarsi solo con l’ascesa di Tombouctou alla fine del medioevo. Nel 1640 Tadmekka fu distrutta da una fazione di tuareg nemici e la città cadde nell’oblio fino all’inizio dell’ottocento, quando una spedizione archeologica francese raggiunse le rovine rimaste in mezzo al deserto. Altre due spedizioni arrivarono ad es-Souk nel 1935 e nel 1952. Nel 1960, con l’indipendenza del Mali, l’Adrar fu dichiarato territorio militare e il sito divenne inaccessibile per gli stranieri. Alla metà degli anni ’90 accordi di pace hanno messo fine alla numerosa serie di rivolte tuareg contro i governi centrali di Mali e Niger. E sono sempre più numerosi i viaggiatori e gli studiosi che si avventurano alla ricerca delle radici storiche del popolo tuareg. A Tadmekka sono presenti sei necropoli, generalmente all’interno di
grandi recinti quadrati. La maggior parte delle tombe è di tipo islamico,
poche risalgono al periodo preislamico. Le iscrizioni per le lapidi
funerarie utilizzavano i caratteri arabi, e le tombe sono costituite da un
cerchio di pietre, all’interno del quale, se lo scheletro del defunto
emerge dalla sabbia, si può distinguere il viso rivolto ad est. |
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