Hunzakut, davvero longevi?
di Luciano Berti
L'oasi di Hunza è rimasta nei miei occhi e nel mio cuore come uno dei momenti magici del viaggio in Pakistan. Dopo un allucinante percorso fra dirupi che mozzano il fiato, burroni, continuo pericolo di frane piccole o spettacolari, la visione che i miei compagni ed io abbiamo avuto in una sera di luglio dai poggi di Karimabad ha ripagato da sola le fatiche della KKH e di tuttoil soggiorno in Pakistan. Ed all'indomani mattina, quando con i primi raggi del sole saliamo al forte di Baltit, che domina la valle, con un colpo d'occhio a trecento sessanta gradi abbracciamo guglie slanciate, ghiacciai, pinnacoli, montagne che nella luce dell'alba sembrano troni dorati, cime superbe come quella del Rakaposhi, terrazze strette disposte a gradinata fino quasi a raggiungere le vette dominate dai ghiacciai perenni, mentre in basso il fiume Hunza scorre fragoroso in una gola scavata fra le due grandi terrazze alluvionali su cui si sono formate le oasi degli Hunzakut e dei Nagari.
L'Hunza non è sempre stato il posto piacevole che noi ammiriamo. Da 100 anni, la parola stessa non esisteva più. Il paese, come il fiume, si chiamava Kanjout, e i suoi abitanti Kanjouti. I Kanjouti erano dei terribili saccheggiatori. A tal punto che le ricche carovane cinesi recandosi nel Kashmir evitavano di avventurarsi sul loro territorio oppure pagavano un tributo al mir affichè assicurasse loro la salvezza. Guerrieri e predoni gli antenati degli Hunzakut si trovavano spesso in guerra con i regni vicini, specie con i Nagari. Alleandosi di volta in volta con i vicini i Mir entrarono anche nell'area di influenza tibetana ancora nel 7<198> secolo. Nel 17<198> furono alleati dei Baltì, anzi in questa occasione giunsero operai e artigiani che innalzarono i forti di Baltit ed Altit. Nel secolo scorso il Mir Ghazanfur Khan estese i suoi domini fino alle oasi a sud di Kashgar in Turkestan. Fino a che non fu tracciata la Durand Line i Mir si considerarono, per i territori aldilà del passo Mintaka, vassalli del «celeste impero».
Quando arrivarono gli Inglesi, i Kanjouti rifiutarono innanzi tutto di credere nella loro potenza e continuarono ad abbandonarsi ai loro misfatti. Nel 1891 dopo alcuni attacchi sanguinosi contro i nuovi venuti essi furono costretti a sottomettersi: era la prima sconfitta militare di questa tribù. Il re, Mir Safdar Ali, fu esiliato e suo fratello, il pacifico Mohammed Nazim Khan, che gli succedette al trono, firmò la pace con l'Inghilterra iniziando il suo regno che durò dal 1892 al 1938. E' così che i Kanjouti si trasformarono poco a poco in pacifici agricoltori.
Uno dei suoi primi provvedimenti fu quello di abolire le tasse (fino a quel momento ogni famiglia pagava in natura: nove carichi di letame in primavera e quattro in autunno, quindici tazze di olio, venti chili di cereali). Inoltre il Mir distribuì fra i sudditi un terzo delle sue terre. Provvedimenti benefici visto che la popolazione passò dai seimila abitanti del 1891, ai dodicimila del "40, ai venticinquemila del "50. Oggi si calcola che nella valle vivano 35.000 Hunzakut, questo è il nome che pian piano identificò gli abitanti della valle dell'Hunza e sostituì il termine precedente.
La sovrappopolazione portò a gravi momenti di penuria di cibo, specie alla fine dell'inverno. La «primavera di fame» è una realtà ancora viva nei ricordi degli Hunzakut. Terminate le provviste si attendeva con ansia il nuovo raccolto. Ancora oggi a primavera il Mir apre ritualmente il ciclo vegetativo. Con uno yak bardato a festa si reca nei campi ed ara tre solchi tracciati da oriente verso occidente. Vi butta quindi chicchi di orzo misti a polvere d'oro per auspicare che la terra produca buoni frutti.
Fu proprio osservando la «primavera di fame» che i Britannici scoprirono che questa popolazione non era mai malata: «I loro nervi sono forti come dei cavi metallici e sensibili come corde di violino» scrisse MacCarrison, il celebre medico dell'India Britannica nel principio del secolo. Studiandoli, egli attribuì questa buona salute alla loro alimentazione a base di frutta e cereali.Gli Hunzakut non avevano scelto questo modo di nutrirsi deliberatamente. Era stato loro imposto dalle condizioni di vita molto dure. Mancando di combustibile, spesso dovevano mangiare crudi i loro alimenti. La superficie ristretta dei loro pascoli limitava le mandrie, quindi il consumo della carne. L'allevamento di polli fu per molto tempo proibito per serbare il più possibile il prezioso grano per il consumo umano e la semina. Ma quali ne fossero le ragioni, la salute e la longevità dei Hunzakut divennero leggendarie. «Un popolo che non conosce malattie» un popolo di ultra centennari, secondo scrittori come David Lorimer e Ralph Bircher (quest'ultimo in Hunza non c'è mai stato). Gli Hunza seguono una dieta sana, seguono norme igieniche esemplari, non presenterebbero casi di gozzo endemico presenti fra Wakkhi e Nagari.
Dopo la partenza degli Inglesi nel 1947, numerosi Hunzakut dell'alto paese si arruolarono nell'esercito pakistano. Ne importarono l'abitudine di fumare e bere del thé. E così i germi di certe malattie gravi che si propagarono rapidamente. La costruzione di una strada collegando la vallata a Gilgit distrusse definitivamente l'isolamento, che era diventato, sotto un certo aspetto, benefico...
Oggigiorno sia i fautori degli Hunzakut centennari e salutisti, sia i detrattori di questa vsione di Hunza ideale Shangri-la, possono mettere il cuore in pace: neppure la «Prima conferenza Internazionale di Archeologia, Etnologia, Storia, Arte, Linguistica, Dialetti, Folklore e Condizioni sociali delle Aree Settentrionali del Pakistan», tenutasi nel settembre 1983, ha svelato i misteri della presunta longevità degli Hunzakut. La KKH e l'AKRSP hanno portato scuole, ospedali, ambulatori, negozi di alimentari e... turisti. Frotte di occidentali e di giapponesi, in torpedone verso Pechino o verso Karachi, arrivano in Hunza scendono dall'autobus per risalire su jeep che rapidamente li portano a Baltit ed Altit e ripartono verso accoglienti alberghi appositamente costruiti a Gulmit.
La primavera di fame è ormai solo un ricordo ma non per questo le abitudini alimentari sono cambiate. I cereali più coltivati sono il frumento, l'orzo ed il grano saraceno. Patate, frutta come albicocche e nocciole, latte, burro e yoghurt compongono la dieta da cui è assente in genere la carne.
Con la jeep dell'amico Asgar Kahn, guida di montagna e portatore di alta quota, ho scorazzato nella valle ed ho camminato verso l'Ultar Glacier o verso Hopar. Ora seduti nella sala dell'Hunza Lodge ammiriamo il paesaggio sottostante e, fra una chiacchiera e l'altra gli chiedo di assaggiare la famosa «acqua hunza». Asgar sorride e rimango interdetto vedendo che mi indica il canale che corre fra gli alberi sotto Karimabad. Possibile che l'acqua potabile sia direttamente attinta dalle canalette che passano a fianco di case e latrine? Ma la caraffa d'acqua che viene in quel momento servita sul tavolo vicino al nostro non lascia dubbi! Eppure gli Hunzakut dovrebbero la loro longevità proprio al trattamento cui sottopongono l'acqua!
Asgar sorride e racconta. L'acqua che alimenta Baltit ed i villaggi circostanti, proviene da un'unica sorgente: il ghiacciaio Altar che si nasconde nelle nuvole dietro il vecchio palazzo del mir. Discendendo nella valle attraverso con un canale principale - vera opera d'arte eseguita con mezzi arcaici - che lungo le pareti a picco, quest'acqua alimenta quattro canali secondari di pari importanza che raggiungono i principali villaggi. A loro volta questi canali si dividono e si suddividono in molteplici canali più piccoli che irrigano tutte le terre coltivabili. L'acqua appartiene a tutti ed il suo sistema di distribuzione obbedisce a delle leggi rigorose. Ciascuno riceve a turno una certa quantità in funzione della superficie della sua terra per un tempo stabilito. L'acqua da bere proviene da quei medesimi canali e porta il nome di colui che l'ha attinge e poi la fa depositare in giare di coccio (ma anche in taniche di plastica).
Come per i nostri vini ci sono dei «crus» più ricercati di altri, così alcune «acque» sono più famose di altre per il loro gusto e per la virtù che viene loro attribuita. L'acqua più apprezzata è quella di Barbar. Si pretende che i sali minerali che contiene siano la causa dell'eccelente stato di salute degli abitanti della valle. Ma il suo colore grigiastro e le particelle che si trovano in fondo al bicchiere disgustano gli stranieri...
Al tramonto, mentre il sole fa brillare i ghiacciai sommitali del Rakaposhi ed alle nostre spalle indora il Trono d'oro che finalmente apprezziamo l'«acqua hunza»: l'elisir di giovinezza è un leggero alcoolico ottenuto dalle more di gelso... detta mel. Per la gioia della nostra curiosità ci viene fatta assaggiare anche quella ottenuta dalla distillazione del succo fermentato di albicocche e poi quella derivata dalle mele. Ho bevuto arak, cioè distillati di fermentati ottenuti in genere da riso od orzo in Nepal ed in Ladakh, e mi ricorderò sempre il sapore orrido al gusto di petrolio. A loro confronto queste « acque» sono veramente un nettare.
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