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Clicca sull'immagine per vedere la clip Ethiopian cliff church gives priest daily test of faith In the remote mountains of northern Ethiopia, a lone priest scales a 250m cliff each day to reach his church and study ancient books containing religious secrets. Produced by: Charlie Northcott, Kalkidan Yibeltal and Berihu Lilay. Marzo 2018 |
Tappa a piedi: Si parte dalla stupenda grotta e si scende nella valle a 1750 mt. Si attraversa la piana. Da lì si sale ripidi verso i pinnacoli. C'è un traverso insidioso. Si sale fino alla base dei pinnacoli: bellissimo! Da lì discesa insidiosa. Traversata della piana, sotto un solo cocente, si mangia in ombra alla base della parete.
Da li, si arrampica leggermente e si arriva alla base. Tratto di 5-6 metri di arrampicata facile ma esposta con assistenti/scout che aiutano con la corda. Si risale in libera fino al traverso, abbastanza largo, ed alla entrata della chiesa.
NB La salita con i passaggi esposti è FACOLTATIVA.
Distanza | Disl. tot + |
Disl. Tot - | Alt. max. | Alt. Min. | Diff. altimetrica |
Partenza | Arrivo | Tempo effettivo | Coord. |
Minibus | D'Intino | ||||||||
17 km | 804 m | 613 m | 2,159 m | 8:30 | 5h | Romagnoli |
Sebbene non così d’effetto dal punto di vista architettonico quanto molte altre, questa chiesa Ti regalerà probabilmente la visita più gratificante del Tigrai. Ha una posizione spettacolare su una parete rocciosa, a metà di un pinnacolo di roccia, 4 km a ovest di Megab. Queste alte guglie sono costituite da arenarie di Enticho e Adigrat e considerati gli ultimi resti erosivi di un altopiano di arenaria che un tempo copriva il seminterrato Precambriano.
I primi 45 minuti di salita sono mediamente impegnativi, con un paio di tratti a picco da scalare afferrandosi alle sporgenze naturali. Gli ultimi due minuti richiedono invece nervi d’acciaio.
Anche se non percorrerai l'ultimo tratto, dove esiste una cengia stretta che si affaccia su uno strapiombo di 200 m, vale la pena di salire almeno fin qui perché il panorama offerto dalla camera battesimale è sensazionale. All’interno, splendidi affreschi ben conservati adornano le due cupole, mentre tutto intorno sono sparse le ossa dei monaci delle tombe all’aperto.
Sebbene la tradizione locale rivendichi date precedenti, i dipinti nella chiesa risalgono alla seconda metà del XV secolo sulla base del loro tema, stile e iconografia. Sono stati usati esclusivamente colori naturali derivati da fiori, minerali e frutti. I materiali di terra sono basati su ematite, goethite e terra verte, ma sono stati identificati anche cinabro, orpimento, piombo bianco e nerofumo.
A sinistra uno schizzo tratto da Ruth Plant, pag. 73.
A causa del difficile accesso, non molti visitatori
scelgono o sono in grado di visitare la chiesa, consentendo così ai dipinti di
essere ben conservati. Un altro motivo è che la chiesa è completamente buia
quando la porta di legno è chiusa. Pertanto, i dipinti hanno meno probabilità di
essere danneggiati dalla luce solare. Solo quando la porta viene aperta la luce
solare si diffonderà lentamente nella chiesa aprendola come uno scrigno.
Nove dei dodici Apostoli
Alcuni ipotizzano che Abba Yemata
abbia scelto un luogo così inaccessibile per costruire la chiesa perché il
viaggio imita la via per il paradiso, la via per trovare la vera divinità. Altri
pensano che Yemata volesse trovare un luogo segreto per l'adorazione.
Eppure, come ha fatto Abba a finire un
lavoro così impegnativo più di 1500 anni fa senza l'aiuto di macchine e
strumenti moderni? Forse questo rimarrà per sempre un mistero. Dopo che la
chiesa fu costruita, tuttavia, le sue mura e il soffitto erano rimasti spogli
fino a quasi 1000 anni dopo. Come si è scoperto la chiesa dopo 1000 anni? Chi
sono l'artista anonimo o anche gli altri artisti dietro queste immagini?
Poiché
in entrambe le cupole sono raffigurate nove persone e le didascalie sono in
amarico, si può essere indotti in confusione.
Nella prima cupola sono
presenti nove dei dodici apostoli (Giacomo, Taddeo, Andrea, Filippo, Bartolomeo,
mentre Pietro, Paolo e Tommaso sono dipinti sulla parete. Ovviamente non è
presente il dodicesimo apostolo. Alcuni Apostoli hanno in mano un oggetto che
assomiglia ad un tablet! Giacomo ha una mano sulla bocca, Taddeo il tablet,
Andrea e Filippo una croce.
Pietro impugna il lungo bastone con la croce, Paolo e
Tommaso anche loro il tablet... Vi
sono anche una Madonna con bambino (probabilmente di epoca posteriore e copre un
dipinto precedente) ed un gruppo con i tre patriarchi Abramo, Giacobbe e Isacco.
Nel complesso i vividi colori rammentano mosaici greci o bizantini.
Nella Chiesa ortodossa etiopica, coloro che sono santi e buoni devono mostrare
tutto il loro volto. In altre parole, tutte le caratteristiche facciali devono
essere viste, compresi entrambi i loro occhi. Tuttavia, coloro che sono cattivi,
vale a dire i peccatori e le persone che condannano Dio, sono sempre mostrati in
un profilo con un solo occhio visibile. Questo stile di rappresentazione nelle
icone ortodosse etiopiche rende facile distinguere il male e il bene.
ሐይለስላሴ
ካህሴ Haylesilassie Kahsay, il monaco residente
“Chi salirà il monte del Signore, chi starà nel suo luogo santo? Chi ha mani
innocenti e cuore puro” (Salmo 23). Si potrebbe dire che Haylesilassie
Kahsay, un monaco copto etiope, appartenga a questa schiera di persone. Come
si vede nella clip della BBC, sulle montagne di Gheralta, padre Kahsay cammina
per due ore ogni giorno e poi scala una montagna per arrivare alla Abuna Yemata
Guh, una chiesa scavata nel fianco del monte, ornata di affreschi colorati e due
cupole. La vita quotidiana di padre Haylesilassie Kahsay è fatta di lavoro e
preghiera. Si alza all’alba e lavora fino alle 6.00 a casa sua. Dopo aver fatto
colazione inizia la camminata per arrivare in chiesa. La scalata che deve
affrontare include una parete verticale di dieci metri. “Non ho paura quando
scalo la montagna per arrivare in chiesa perché lo faccio ogni giorno. È molto
difficile, ma lo trovo fattibile”, riferisce padre Kahsay alla BBC. Una volta
giunto in chiesa, il monaco trascorre il suo tempo dividendosi tra preghiera e
studio, soprattutto di testi antichi. “Sono felice di leggere per tutta la
giornata. Qui è molto tranquillo, non c’è nessuno con cui parlare. Si comunica
con Dio e si condividono i propri segreti con Lui. E poi la mente diventa libera
e felice”.
Per secoli i monaci che giungevano qui per recarsi nella chiesa vi sono stati
anche sepolti, ma nessuno di loro è mai morto, inciampato o ha avuto un
incidente durante l’ascesa del monte. “I Nove Santi che vivono su queste
montagne mi proteggono”, afferma sorridendo padre Kahsay.
Abuna Yemata e i Nove Santi
Abuna Yem'ata, cui si deve la costruzione (scavo) della omonima chiesa nei presi
del villaggio di Guh, è annoverato fra i Nove Santi. Al fondatore della
chiesa etiope San Frumenzio († 383, Abba Salama, padre della pace, Ge'ez
ፍሬምናጦስ frēmnāṭōs), succedette il vescovo Mina.
Nella immagine a sinistra, San Frumenzio in un affresco del XV secolo nella
chiesa monolitica di Abuna Yemata Guh (©Vladimir Melnik).
A Mina si deve l'introduzione del
monachesimo su modello alessandrino nella regione. In questo periodo arrivano
anche i Nove Santi, fra i quali sono ricordati soprattutto Mikael Aregawi
fondatore di Debre Damo, Pantalewon (Pantaleone) fondatore di chiese
vicino ad Akum e Afse risiedente a Yeha. Erano tutti cenobiti o monaci
provenienti dalla Siria e da Costantinopoli. Gli altri sono:
Abba Likanos, fondatore di chiese vicino ad Akum.
Abba Isaac o Gerima, NE si Adowa.
Abba Guba, ovest di Medera vicino ad Abba Gerima.
Abba Alef, Sebra Halleluya (NE Aksum)
Abba Selima (SE di Adowa, scomparsa)
I Nove Santi
sono raffigurati nella seconda cupola di Abuna Yemata (immagine a
sinistra).
Nell'affreschi compaiono solo otto personaggi, quindi probabilmente uno di loro
(forse lo stesso Yemata) è su una parete: potrebbe essere il personaggio a
cavallo nel corteo. Interessante notare i turbanti dei Santi, ma anche di altre
raffigurazioni.
Questo gruppo di pii uomini erano stati perseguitati dagli imperatori romani
poiché in disaccordo con il concilio di Calcedonia. I Nove Santi svilupparono la
lingua Ge'ez e la prima letteratura etiope, aiutando la nascita di una cultura
cristiana autoctona. Essi tradussero la Regola Monastica di san Pacomio,
numerosi padri greci e anche il tomo La Retta Fede di San Cirillo d'Alessandria,
il testo dottrinale alla base della Chiesa Etiope. Yared, un discepolo
dei Nove, inventò la musica liturgica etiope proprio in questo periodo, e
l'architettura e l'iconografia etiope prendono sostanzialmente spunto dagli
insegnamenti dei Nove Santi. Gli Egiziani imposero la loro superiorità
giurisdizionale forzando il 42° canone di Nicea, proibendo ai nativi l'ingresso
all'episcopato. Fino al tredicesimo secolo, nessun etiope domanderà mai
giustizia. Al Concilio di Calcedonia nel 451 d.C. la Chiesa Etiope seguì la
Sede-Madre di Alessandria d'Egitto, separandosi dalla comunione con la
Cristianità europea
Tappa in Minibus: "Dopo la colazione ci avviamo verso
la strada che raggiungiamo in trenta minuti, lì ci aspetta il
transfer che ci porta ad Abuna Yemata Gu. Portiamo
corde e imbraghi per permettere, a chi vuole, di salire senza
problemi alla chiesa. Facciamo la ripida salita e in trenta
minuti siamo alla famosa paretina rocciosa. Qualcuno indossa
l'imbrago. Ci sono tanti assistenti/scout che aiutano a salire,
l’arrampicata è semplice, max un III° grado, ma può fare effetto
a chi non è abituato alla esposizione.
Passata la paretina, altri cinque minuti di cammino e siamo
alla chiesa, per accedere alla quale va passato un primo esposto
risalto e poi la famosa cengia (larga) a picco su 200mt di
vuoto. La vista è mozzafiato.
Si passa il risalto (c’è anche uno spit, volendo) infatti lo userò per calare un paio di compagni al ritorno). Si
prosegue sulla cengia senza alcun problema (nell’atrio della
chiesa in basso a sinistra c’è un altro spit). La chiesa ed i
dipinti sono stupendi..."
Dalla relazione Luca D'Intino - Gennaio 2017
Marzo 2018. Questo è il battesimo più estremo che sia possibile vedere.
In Etiopia, la credenza in un potere più elevato porta gli abitanti dei villaggi
della regione del Tigray a scalare un'enorme e vertiginosa montagna per
raggiungere la loro chiesa. Credono che sia vitale e benefico per i loro figli
essere battezzati qui, nonostante gli evidenti pericoli. Solo 40 giorni dopo il
parto Ngisti deve salire 400 metri per far battezzare il suo nuovo figlio Dawit.
Per una descrizione della salita in lingua inglese, clicca
qui.
Dalla casa sotto Guh (vicino al parcheggio) ci si incammina
verso nord e dopo
un’ora e mezza si arriva alla base della montagna. Il sentiero
è molto bello risale la valle e giunge ad un camino che si
supera con corda e imbrago, assicurati dall’alto (sicura
su un albero + mezzo barcaiolo). Il passaggio è breve ma
decisamente più difficile della paretina di Abune Yemata Guh. Comunque
l’assicurazione è buona e in un modo o nell’altro si
sale. Sconsigliato per persone che non abbiano mai arrampicato
e/o siano troppo pesanti per essere “tirate su”. In tal caso dal
parcheggio possono con il bus raggiungere il sentiero che
da nord sale in senso opposto a Maryam Korkor. I due sentieri si
uniscono ad una selletta presso un grotta e sale in leggera arrampicata fino alle due chiese scavate nella
roccia.
Maryam Korkor e Daniel Korkor
"Alle 09.00 siamo all'inizio del trek per Maryam e Daniel
Korkor. Dopo 15 minuti di facile salita, si imbocca uno stretto
e ripidissimo canalone dove, in pratica, ci si arrampica: qui
cominciano a venir utili gli “accompagnatori” che aiutano a
trovare i punti dove mettere i piedi. Dopo il canalone
cominciano alcuni brevi tratti di più facile arrampicata ma con
altri due cana-loni (corti) e una paretina niente male perché
quasi liscia. Comunque arriviamo a Maryam in un' ora e
40'.
Questa chiesa presenta un interno splendido con 11 colonne
scolpite nella roccia e diversi affreschi… vale certamente la
pena arrivare fin qui. In 10 minuti, lungo una facile cengia,
arriviamo alla chiesa di Daniel Korkor che è piccola e
con qualche affresco, ma in ogni caso molto carina e con un
panorama favoloso!
Iniziamo la discesa e ci mettiamo, con
cautela, un'ora e un quarto con l'essenziale aiuto (per alcuni
di noi) degli accompagnatori. Alle 13.00 siamo al bus con le
gambe spezzate!!! È una vera ammazzata ma ne vale la pena: per
i trentenni invece... è una passeggiata di salute."
Dalla relazione di Miria Caselli - Viaggio Etiopia Storica 2017
Sebbene all’esterno sia di un verde non troppo convincente, ma
potrebbe essere stata ridipinta quando arrivi,
questa chiesa dalla pianta a croce possiede notevoli
caratteristiche architettoniche (pilastri cruciformi, archi e
cupole), begli affreschi del XVII secolo e tesori sacri. È una
delle chiese più grandi della zona; il sentiero per raggiungerla
comincia a 1 km dalla strada immediatamente a sud-est di Megab e
richiede una salita abbastanza ripida di un’ora.
Maryam Korkor ha tre navate e furono ricavate cinque sale per
ognuna nella profondità della montagna. Architettonicamente, è
una delle strutture più complesse, con molte colonne di forme
interessanti e tre cupole con dettagli in stile aksumita. La pianta
ha un impianto cruciforme e numerosi sono i dipinti sulle pareti
e sulle colonne, alcuni sbiaditi e in stili diversi.
Il
sacerdote con un calice su uno dei pilastri è pensato si ritiene
che sia Melchisedek, il personaggio biblico dal
quale le
leggende etiopi fanno discendere gli Amara e gli Oromo
ma da altri è indicato come il protomartire Stefano.
Sull'arco cieco ci sono scene del paradiso terrestre con Eva
e il serpente, e affreschi di molti animali, tra cui
uccelli, gazzelle e persino un maiale, possono essere
trovati su tutte le pareti della chiesa.
A sinistra di una delle entrate, due arcate cieche mostrano un
raro caso di basso rilievo con due uccelli ed un motivo
intrecciato che si ritrova anche su uno degli archi della navata
centrale. Ruth Palant afferma di aver visto uno schizzo fatto
dal Dr. Joseph, lo "scopritore" delle oltre cento chiese
rupestri, in cui compare una grotta dietro il santuario.
Sotto: schizzo di
Ruth Plant
(p. 41)
Lasciata
Maryam Korkor si prosegue fra tombe e grotte di eremiti (uomini
e donne) ed una breve ma mozzafiato passeggiata conduce alla
chiesa di Daniel Korkor (compresa nel biglietto di ingresso a
Maryam Korkor), così minuscola che si potrebbe definire una
cappella nella roccia. Lunga una decina di metri e larga due, la
cengia corre su una sporgenza rocciosa rivolta a est -
sufficientemente larga per evitare le vertigini, ma ancora abbastanza
straordinaria da far rimanere senza parole. Ma il colpo d'occhio
sul paesaggio è magnifico.
L'ingresso
di Abba Daniel Korkor è quasi nascosto. Una piccola porta
nella parete rocciosa (vedi immagine all'inizio) conduce
a questa minuscola chiesa con solo due stanze. Il soffitto
dell'anticamera a cupola è decorato con dipinti ben
conservati. Sulle pareti bianche si stagliano un figure molto
naif in uno stile che potremmo definire bizantino, con uso di
rosso veneziano, giallo ocra e verde viridiano (il blu-verde di
Paolo veronese...) (Ruth Plant
p. 42) raffiguranti una madonna con bimbo, Davide che suona la
lira, il Battesimo di Cristo (simpatica la colomba che
scende dal cielo), i quattro Evangelisti e quattro Arcangeli.
Sono riprodotti anche tre cavalli con tre cavalieri.
probabilmente questa non era una cappella ma solo un eremo.
Nella seconda grotta molto spoglia, vi è una nicchia. Poco
oltre, al termine della cengia una grotta contiene alcuni resti
mortali.
Mappa Daniel Korkor, schizzo di
Ruth Plant
p. 42. In questo luogo remoto, a 500 metri sopra la
pianura, con le sue splendide viste sulle montagne di Gheralta e
sulla pianura di Hawzien, è facile capire perché Abba Tesfay,
il monaco locale a guardia delle chiese gemelle, crede che sia
più vicino al paradiso qui di quanto potrebbe essere in
qualsiasi altra parte del nostro pianeta.
Discesi dall'amba, raggiungiamo il parcheggio e da qui in poco
più di un'ora arriviamo a Wukro passando per Megab,
Hawziem e
Freweyni.
Clicca sul Logo di Wikilok per allagare la
mappa e leggere i dislivelli del percorso a piedi. Distanza Disl. Disl. Tot - Alt. max. Alt. Min. Diff. Partenza Arrivo Tempo effettivo Coord. 12.36 km 578 m 491 m 2.410 m 6:30 11:15 3h45' Romagnoli 2,73 km 440 m 125 m 2.383 m 2,082 m 300 m Vasta
Sopra: Korkor - Wukro - Mek'ele
Pietro, Paolo, Tommaso
Da Guh a Maryam Korkor a Wukro
Da Daniel
Korkor sulla piana di Hawziem
Maricla De Bortoli©
2016
tot +
altimetrica
Solo salita
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