Il gruppo di Takatisfi (Teka Tesfay)
Con quattro chiese situate a breve distanza
l’una dall’altra, a soli due chilometri dalla strada asfaltata, il gruppo di Takatisfi
(probabile deformazione di Teka Tesfay), una piccola frazione sulla A2, è
la méta della nostra ultima mattinata in Etiopia. Il punto di partenza migliore
per visitarle è passare dai villaggi di Dinglet e di Teka Tesfai,
ed anche oggi è possibile
una facile camminata che in meno di due ore porta da
Medhane Alem Kesho a
Petros We Paulos.
Per chi non volesse camminare il
pulmino è a disposizione ed una strada sterrata fra fattorie cinte da cactus
conduce al parcheggio sotto Petros We Paulos.
Mikael Meka’e è una chiesa minore e
poco visitata, situata a 15 minuti a piedi a nord di Petros We Paulos.
Sotto: Le chiese di Takatisfi
Medhane Alem Kesho መድኃኔዓለም ክሾ
Alla fine della pista percorribile in fuoristrada,
lunga un paio di chilometri, si affronta a piedi una piacevole salita di 10 minuti.
Chiediamo di poter vedere il sacerdote mentre apre la porta all’interno: davvero
geniale!
Nota anche come Adi Kesho, è una
delle chiese più antiche (forse proprio la più antica in assoluto), più alte e
più belle del Tigrai. Le pareti esterne e interne, poco lavorate, sono in
splendido contrasto con il soffitto a cassettoni arricchito da intagli
elaborati.
La tradizione fa risalire la costruzione
(lo scavo... ) della chiesa al 14° e 15° secolo. David Buxton la ritiene
antecedente. In origine vi era un colonnato staccato dalla chiesa,
successivamente un muro venne elevato per unire le colonne ed il pronao venne
chiuso, ma il fregio axumita è in ogni caso ben visibile alla luce del sole.
Ai lati della chiesa si notano due cavità
mai terminate, probabilmente un tentativo di ricavare un corridoio deambulatorio
attorno alla cavità principale. Porte e finestre dono in legno adornate da
magnifici fregi axumiti.
Vi sono tre navate ognuna con tre volte, la centrale
termina con una cappella semicircolare protetta da una arco e contenete un'arca,
le due laterali hanno due camere quadrate anch'esse con un arco. Come molte
altre chiese del Tigrai, le tre arche sono dedicate a Michele, Maria e Gabriele.
Tutte le navate hanno il soffitto piatto e
nella roccia sono stati scolpiti fregi axumiti che però non hanno relazione con
quelli in legno.
David Buxton
sostiene che la presenza di un solo arca e la delicata elaborazione
dei dettagli axumiti permettano di datare la chiesa al 11° e 12° secolo.
Petros We Paulos ጴጥሮስ እና ጳውሎስ (Pietro
e Paolo, Melehayzenghi)
|
Soffitto Petros We Paulos
Clicca sulla immagine per ingrandirla |
Scolpita soltanto in parte, questa chiesa
di legno, pietra e malta, oggi agibile ma a rischio e pericolo del visitatore
specie se sovrappeso, sorge su una sporgenza rocciosa ed è
più interessante dall’esterno che dall’interno, malgrado alcuni semplici e
graziosi affreschi antichi di santi e angeli che stanno rapidamente
deteriorandosi. In una cavità a sinistra della chiesa giacciono i teschi di
alcuni di
monaci, quasi a godersi il panorama.
Solo
il Santum e le pareti principali sono ricavate nella roccia. Gli affreschi molto
semplici con colori naturali verde oliva, rosso veneziano e ornamenti in bianco
e nero riempiono la minuscola chiesa. Tavole di legno sono infisse negli angoli
e su esse appoggia il soffitto ligneo.
Per salire alla chiesa occorre arrampicarsi
per cinque minuti su una scala di legno piuttosto precaria, simile a
quelle in uso nei cantieri etiopi. La nuova Petros We Paulos, scavata
nella roccia dopo che Dio chiese a un uomo del posto di farlo, si trova più in
basso. Tenete presente che la casa del sacerdote è più vicina alla statale che
alla chiesa; di solito manda uno dei suoi figli ad aprire le porte.
Sotto: mappa di Pietro e Paolo, da
Ruth Plant p. 129
Mikael Milhaizengi ሚካኤል ምልሃዘንጊ
È una chiesa minuscola con l’ingresso
inclinato, scolpita alla sommità di una piccola collina polverosa. Si pensa
risalga all’8° secolo; è nota per il soffitto decorato della cupola alta tre
metri che ricorda un himbasha (la forma di pane preferita dai tigrini) e
che è ritenuto dalla gente del posto l’impronta di Dio. La chiesa dista circa 30
minuti a piedi da Medhane Alem Kesho e 15 minuti da Petros We Paulos.
Verso Addis
Da Petros We Paulos si ritorna verso Wukro
eventualmente sostando a Negash considerato il primo insediamento
musulmano in Africa. Gli archeologi hanno portato alla luce un cimitero
risalente al 7° secolo settimo all'interno dei confini del villaggio. Il libro
Futuh al-Habasha riporta che Ahmad ibn Ibrahim al-Ghazi ha visitato la
tomba di Ashama ibn Abjar a Negash durante la sua invasione della provincia del
Tigray (circa 1537). Negash è anche noto per avere una delle moschee più antiche
dell'Africa, al Negash Amedin Mesgid.
Secondo
la
tradizione, la moschea di Negash è il luogo di sepoltura di
116 seguaci di Maometto (ﷺ)
fuggiti nel regno etiopico durante
la c.d. Piccola Egira,
tra essi la figlia e due delle sue future mogli. Essi vennero ricevuti e
protetti da Asihima (Ashama ibn Abjar), negus dell'Etiopia, amico di
Maometto. Questa ospitalità è la base per l'Hadith
che esenta l'Etiopia dalla Jihad, "fino a quando [gli etiopi] lasceranno in pace
[i mussulmani]". La moschea è anche conosciuta come la Tomba di Said Ahmed al
Negash, il re che presumibilmente si era convertito all'Islam e qui fu
sepolto. I musulmani etiopi considerano Negash il più importante luogo di culto
dopo la Mecca.
Asihima, re di Axum, rifiuta di consegnare i seguaci di Maometto agli
emissari quraysh
Anche se sembra essere poco considerata e
conosciuta al di fuori del paese, l'attuale moschea potrebbe essere una
costruzione medievale, costruita sul sito di quella originale del 7° secolo, ma
il Direttore del Dipartimento di Conservazione dei Beni ha espresso dubbi circa
l'autenticità dcostruzione del 7° secolo, dal momento che è improbabile che
l'Etiopia cristiana avrebbe permesso l'erezione di una moschea sulla tomba di un
re copto e anche in considerazione della scarsa presenza di musulmani nella
zona.
Il nome del villaggio, Negash, deriva dalla
parola araba, nejashi riferita al Negus (arabo: نجاشي najāšī)
Ashama ibn Abjar che gli storici moderni identificano alternativamente come re
Armah o Ella Tsaham.
Raggiungiamo
Wukro dove la guida Mr Kirtos ci offre uno spuntino a base di tihlo (tigrinya:
ቲህሎ), piatto tipico della storica provincia di Agame (Āgāma
/ 'Āgāmē / Agāmē,
distretto nel nordest del Tegrāy).
Il tihlo consiste in palline di pasta d'orzo da intingere in una tazza colma di
carne e salsa a base di berberé. Il chicco d'orzo è completamente decorticato e
arrostito e macinato. La farina d'orzo arrostita viene impastata con una
consistenza uniforme. Dall'impasto vengono ricavate piccole palline disposte in
un piatto attorno alla ciotola di spezzatino di carne fortemente speziata. Una forchetta
di legno a due punte viene usata per infilzare la palla e immergerla nello
spezzatino. Ovviamente per i vegetariani esiste la versione con verdure immerse
nella salsa.
Il berberé è una miscela di spezie, la cui
composizione è tradizionalmente: peperoncino, zenzero, chiodo di garofano,
coriandolo, ruta comune, ajowan, può comparirvi anche il pepe lungo.
In alternativa si può in un'ora e mezza /
due ore raggiungere Mekele per un ultimo acquisto di souvenir al mercato di
Adi Ake e poi l'aeroporto
Internazionale in un quarto d'ora .
MQX - Mekele - partenze domestiche
Transito ad Addis Ababa
Nel nostro viaggio dicembre 2018, il
transito dal Terminal 1 Voli Domestici al Terminal 2 Voli Internazionali era ancora complicato in quanto non
era possibile apporre il timbro di uscita sul passaporto. Occorreva quindi
uscire nel piazzale, ancora occupato da cantieri e rientrare.
In futuro l'aeroporto avrà - spero - questo
servizio così come in arrivo. L'area imbarchi con una trentina di gate ha
diversi bar, ristoranti e negozi.
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