Some time in the future when others will ply the KKH little will they realise the amount of sweat, courage, dedication, endurance and human sacrifice that has gone into the making of this road. But as you drive along, tarry a little to say a short prayer for those silent brave man of the Pakistan Army who gave their lives to realise a dream, now known as the Karakorum Highway.
(da una lapide posta sulla KKH)
Considerata dai Pakistani una delle meraviglie del proprio paese, la Karakoram Highway (KKH) si snoda fra quattro grandi catene di montagne, le estreme propaggini dell'Himalaya, i Karakoram, l'Indu Kush ed il Pamir. Sulla carta esse sembrano raffigurare una gigantesca piovra, con il Pamir come testa ed i tentacoli che ondeggiano. Monumento perenne ai cinquecento lavoratori pakistani e cinesi che morirono nel corso della sua costruzione, la KKH (pr. it.: chei chei ecc) è giustamente considerata la strada che ha richiesto per la difficoltà del tipo di terreno incontrato veramente instabile.
L'autostrada corre per 753 chilometri da Havelian, stazione ferroviaria di testa presso Hazara, al passo Kunjerab sul confine con la Repubblica Popolare Cinese. Terminata nel 1979, richiese 20 anni di sforzi e nel momento di maggior impegno da parte di entrambe le nazioni vi lavorarono più di quindicimila Pakistani e diecimila Cinesi. Mentre i Cinesi erano assegnati alla costruzione dei numerosi ponti, l'esercito Pakistano impegnava i propri soldati nel tracciare la strada. L'uso di macchine scavatrici era pressocchè impossibile: i pendii sabbiosi ed erti non sopportavano il passaggio di mezzi pesanti e la strada andava scavata con picca e pala per poi creare rinforzi e contrafforti. Ma la difficoltà maggiore veniva dai dirupi delle gole. Come operazione preliminare i militari venivano addestrati nell'arrampicarsi sulle rocce. Molto spesso questi zappatori riciclati in free-climber lavoravano sospesi sopra torrenti tumultuosi cercando di ricavare nella roccia le camere di scoppio per gli esplosivi. L'avanzata di questa lotta titanica era spesso calcolata in metri più che in chilometri e spesso un improvviso cedimento del terreno annullava in un sol colpo il lavoro di parecchi mesi.
E' ad Havelian (km. 20) dove la KKH inizia ufficialmente: il confine con la Cina dista 800 chilometri. Questo tratto di strada venne costruito nel 1890.
Per il tratto Pindi Havelian vedi Itinerario 0
Dopo il lungo ponte sul fiume Dor la KKH inizia a salire in un paesaggio più collinoso, scavalca il passo Salhad e scende verso i 1220 metri della bella conca di Abbottabad, circondata da foreste di conifere. Il nome della città, la più popolosa toccata dalla KKH, ricorda il capitano James Abbottabad, primo Deputy Commissioner dell'Hazara, dove era giunto come consigliere dei Sikh. Numerosi reggimenti e la Accademia Militare Pakistana hanno qui i loro quartieri. Da Abbottabad una strada conduce ad est verso Nathiangali ed a Murree, permettendo un giro circolare attraverso le colline di Galis. Lungo il percorso si possono toccare stazioni di soggiorno come Thandiani e Sherwan considerate piacevoli luoghi di vacanza.
Lasciata Abbottabad si continua fra il verde di frutteti e di conifere raggiungendo Manshera (26 km) adagiata nella piana di Pakhli. Poco prima di Manshera, la strada si biforca, a destra ci si dirige verso Muzafarabad e la valle di Kagan con la vecchia strada dell'Indo attraverso il passo Babusar, a sinistra la KKH prosegue aggirando il centro della cittadina. A quattro chilometri dal bivio una breve sosta permette di visitare i tre massi di granito protetti da tettoie sui quali il grande Ashoka ordinò di scolpire il testo di uno dei suoi editti riguardanti la diffusione del buddismo e dei suoi prncipi (fine della schiavitù di uomini ed animali, buone azioni ecc.). I massi si trovano proprio sulla destra della KKH, sui fianchi della collina tagliata dalla carrozzabile. Purtroppo pioggia e vento hanno reso illeggibili le scritte. Il testo, con traduzione in urdu ed inglese, è riportato su appositi cartelli.
Deviazione per la valle di Kaghan
Quando nel 1966 venne presa la decisione di costruire la KKH iniziò l'abbandono dell'antichissimo percorso attraverso il Passo Babusar. La valle di Kaghan è un luogo ideale per piacevoli camminate, per la pesca e per il riposo. I posti più famosi e popolari della valle sono il lago Saïful dove le acque dall'azzurro intenso riflettono l'immagine del monte Malik Parbat (regina delle montagne).
Shogram, i laghi Lulusar e il colle del Babusar sono altri luoghi da visitare. Ciò che maggiormente attira della valle di Kaghan sono la bellezza e la forza della natura, come il fiume Kunhar, il fragore della cui acqua non cessa mai di rimbombare attraverso la quiete dei villaggi circostanti.
Balakot (m. 884) vide lo svolgersi di una battaglia fra Sikh e mussulmani agli inizi del secolo scorso, questa piccola città è oggigiorno il centro commerciale della vallata. Il fiume che la bagna corre a lato della strada principale ed il bazaar coloratissimo e animato è la maggiore attrazione dell cittadina. Da qui è possibile un'escursione in jeep verso Shogram per ammirare il Mussaka Parbat (rp300 a jeep).
Jare (m. 1500) a 3 chilometri da Balakot è un piccolo villaggio, centro artigianale del legno e della lana. Kaghan (m. 2038, a 6 km), l'allegro villaggio che da nome alla vallata, è minuscolo e allegro. Naran (m. 2405) è la stazione finale dell'autobus che risale la valle (km 8 ). Numerose le passeggiate, interessante la possibilità di pescare nei torrenti attorno al villaggio, (è obbligatorio richiedere il permesso presso i Fish Departement). Le trote furono seminate nel 1928 nei laghi vicini e da qui giunsero nel Kunhar, gli Inglesi le avevano importate dalla Scozia. I mesi migliori per pescare sono maggio, giugno ottobre. Il lago di Saïful Muluk, posto a 3200 metri di altitudine si raggiunge con alcuni chilometri di strada sterrata da Naran. Acque smeraldine, pace, tranquillità: un ambiente fiabesco che ha fatto sorgere numerose leggende. Un di esse racconta di un principe, poeta e filosofo, di nome Saïful Muluk, giunto quassù per meditare fra la tranquillità di queste rive.
Partendo da Saïful Muluk è possibile compiere numerose e brevi passeggiate. In due giorni si raggiunge Lalazar, un altopiano collegato da una strada per jeep con Naran.
La KKH continua attraverso un paesaggio sempre più montano fino a raggiungere il passo di Kat Galai dal quale scende in numerose curve tra campi terrazzati e coltivazioni. Ed all'improvviso appare l'Indo. Presso una piazzola panoramica un cartello ricorda che il monte aldilà del fiume si chiama Pir Sar (m. 2163), identificato da molti studiosi con la Roccia di Aornos, dove nel 327 a.C. Alessandro sbaragliò l'esercito dello Swat. Sfortunatamente nuove ricostruzioni hanno posto l'Aornos sul monte Ilam nello Swat.
La strada scende sulla sinistra orografica dell'Indo e lo attraversa a Thakot (m. 760, 121 chilometri da Abbottabad). Il ponte, primo di una lunga serie, è costruito secondo un schema comune a tutti i ponti della KKH. Gli ingegneri della Repubblica Popolare hanno progettato una struttura che vorrebbe richiamare i ponti che valicano i laghetti nei giardini dei mandarini nel lontano regno di mezzo. La struttura in cemento è ingentilita da graziose e leggiadre arcate, decorate con statue di leoni e con lanterne poste sulle balaustre.
Spesso i muretti laterali sono stati anche abbelliti con farfalle dai colori vivaci. Fino a pochi anni fa, valicato il ponte di Thakot, vi era un posto di controllo al quale era necessario mostrare il permesso per Gilgit.
D'ora in poi noterete che ogni ponte è sorvegliato da un militare, che svogliatamente controlla il traffico dal charpoy posto davanti alla casermetta costruita in stile cinese.
La KKH segue ora il corso del fiume Indo, «il fiume che scorre dalla bocca del leone», come lo chiamano i Ladakhi. Circa quindici chilometri dopo Thakot, nei pressi di una curva, è stato eretto un monumento a ricordo degli operai caduti ed una lapide riporta in miglia le distanze che occorre ancora superare.
Besham è il villaggio successivo a Thakot dal quale dista 28 chilometri. Circa un chilometro prima dell'abitato un bivio verso destra conduce al lodge del PTDC, moderna costruzione che ha ampliato la precedente rest-house del Kohistan Development Board (KDB). Piccola e ben gestita, essa è stata costruita presso la sponda dell'Indo.
Deviazione per lo Swat
All'altra estremità del paese un bivio in salita verso sinistra è l'inizio della strada verso lo Swat attraverso la valle di Gorband ed il passo Shangla. E' in questo punto che la via della seta abbandonava il corso dell'Indo per dirigersi verso lo Swat e poi raggiungere Peshawar e la pianura.
Dopo Besham si incontra quello che fino al "77 era il confine del Kohistan e che ora segna l'ingresso nel distretto del Kohistan, la regione più isolata del Pakistan fino a quando venne aperta la KKH.
Il Kohistan, attraversato dal grande padre Indo, confina a nord con l'agenzia di Gilgit, a sud ed est con l'Hazara Division ed ad occidente con lo Swat. Il distretto è inglobato nella NWFP.
Il Kohistan divenne ricettacolo di tutti i fuorilegge e la fama di questa zona franca sorpasso i confini e gli meritò il nome di Yaghistan terra ingovernabile. Oggigiorno la popolazione appartiene a differenti etnie: Mongoli, Cinesi, Kamian, Turchi e Patan.
Da Besham la strada continua ad avventurarsi nella stretta gola dell'Indo, alzandosi talvolta di ben 700 metri sul corso del fiume le cui cui acque limacciose si confondono con le rive. Improvvisamente, a 15 chilometri da Besham, si scorgono le cime innevate spuntare oltre il bordo delle colline sulla sponda opposta. Presto si giunge a Dubair Bazaar, un tipico insediamento del Kohistan con tea-stall in legno costruiti ai bordi della strada e uomini armati di fucile, la cima del Dassu si scorge al termine di una valle a V profondamente incassata.
35 chilometri da Besham ad un bivio si tacca la strada che conduce a Chowa Dara, una delle più belle valli del Kohistan. Ad una curva successiva la strada si affaccia sulla conca di Pattan (circa sei ore da Islamabad) e sulla valle di Pals, che si allunga sull'altra riva del fiume.
Nel 1974 un fortissimo terremoto scosse le pendici dei monti circostanti e immani slavine seppellirono oltre 5000 abitanti, causando anche 15.000 feriti ma oggigiorno rimangono poche tracce di quel disastro naturale. Vi è una rest-house del KDB.
La rest-house di Kayal, 10 chilometri dopo Pattan, gestita dal KDB, è una delle più deliziose foresterie del Kohistan. Oltrepassato un piccolo ponte ed alcuni negozietti, si volta a destra ed in duecento metri si giunge alla rest-house. Voltando sempre a sinistra prima del ponte ci si inoltra nella valle di Kayal.
Da Pattan sono circa tre quarti d'ora, 37 chilometri, fino a Kamila, dove la KKH si porta sulla sponda orientale dell'Indo ed altri 21 fino a Sazin.
A Sazin il fiume forma un'ansa ad angolo retto ed ora proviene proprio da est, la strada continua a seguirlo verso Chilas (km. 68 da Besham). I pendii circostanti sono differenti da quelli precedenti ed in questo punto sono formati da ciotoli e macigni.
Si entra ora nella parte occidentale del Dardistan
Chilas è un villaggio situato nella valle dell'Indolungo il percorso della Karakorum Highway, a 422 km da Rawalpindi e a 137 da Gilgit. Qui giungeva una pista, nel passato molto frequentata come accesso diretto nella valle dell'Indo, che da Rawalpindi risaliva la Kaghan Valley (vedi pag. 000) e scavalcava la catena del Nanga Parbat al Passo Babusar (vedi pag. 000). In questa zona si fermò un'enorme massa di terra scesa dalle pendici del Nanga Parbat che bloccò il corso dell'Indo nel 1840. Quando questa diga naturale si ruppe, una gigantesca massa d'acqua e fango si lanciò verso le pianure causando danni e lutti.
Chilas è il capoluogo amministrativo del Dardistan (vedi Itinerario 9, pag. 000), in genere c'è un posto di blocco a sud del paese, poco prima dei due alberghi di lusso del Shangri-la e del Chilas Inn.
Dopo Chilas si viaggia per una cinquantina di chilometri attraverso un ambiente desertico, tagliando ampi pendii franosi posti sotto le pendici settentrionali del massiccio del Nanga Parbat (m. 8125). Presso Rakhiot una strada per jeep si stacca a destra verso la valle omonima. Un ponte permette di attraversare l'Indo portandosi sulla destra orografica. Si raggiunge Jaglot, piccolo villaggio con numerosi ristorantini e la pompa di benzina, Poco prima del villaggio si ha un'ottima vista del Nanga Parbat. Poco oltre il fiume Gilgit si immette nell'Indo ai piedi dell'Haramosh (m. 7397).
Si lascia l'Indo seguendo il Gilgit, si passa il bivio per Skardu e finalmente si raggiunge il bivio per Gligit. Ancora un paio di chilometri ed eccoci nella cittadina per una meritata sosta all'Hunza Inn.
Mantelli bianchi a Babusar pass
di Chiara Starace
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