Il governo cinese non riconosce i musulmani tibetani come gruppo etnico distinto; sono raggruppati con aderenti tibetani al Buddhismo e al Bön. Al contrario, i musulmani Hui di lingua cinese si distinguono dalla maggioranza cinese Han. In Nepal, sono divisi in due gruppi: Khache, che hanno origini del Kashmir e quindi possiedono passaporti indiani; e Khazar, che hanno origini nepalesi e quindi possiedono passaporti nepalesi.
Le originiI primi contatti tra il Tibet e il mondo islamico iniziarono intorno alla metà dell'VIII secolo, quando nacquero dalla combinazione del commercio attraverso la Via della Seta e della presenza militare delle forze musulmane nella Valle di Fergana. Nonostante la vaga conoscenza che il mondo islamico aveva del Tibet, slcune opere islamiche accennavano al Tibet. Una di queste fonti era il trattato scritto da Abu Saʿīd Gardēzī intitolato Zayn al-Akhbar che menziona l'ambiente, l'origine fantastica dei tibetani (attraverso gli Himyariti), la divinità del re, le principali risorse (come il muschio) e una descrizione delle rotte commerciali da e verso il Tibet. Un'altra fonte, Hudud al-'Alam (Le regioni del mondo), scritta da un autore sconosciuto nel 982 o 983 in Afghanistan, contiene principalmente geografia, politica e brevi descrizioni di regioni, città, paesi e altre località tibetane. Questa fonte fa la prima menzione diretta della presenza dei musulmani in Tibet affermando che Lhasa aveva una moschea e una piccola popolazione musulmana. Durante il regno di Sadnalegs (799–815), ci fu una lunga guerra contro le potenze arabe in Occidente. Sembra che i tibetani avessero catturato un certo numero di truppe arabe e che costrinsero a prestare servizio sulla frontiera orientale nell'801. I tibetani erano attivi fino a Samarcanda e Kabul a ovest. Le forze arabe iniziarono a prendere il sopravvento e il governatore tibetano di Kabul si sottomise agli arabi e divenne musulmano intorno all'812 o 815 (3).
Dal 14° secolo ad oggiAnche gli estesi commerci con il Kashmir, il Ladakh e il Baltistan portarono i musulmani in Tibet, soprattutto dopo l'adozione o la crescente presenza dell'Islam in queste regioni a partire dal XIV secolo. La continua crescita dei musulmani continuò come effetto del trattato tibetano-ladakhi del 1684 in cui il governo tibetano consentiva alle missioni commerciali dal Ladakh di entrare a Lhasa ogni tre anni. Molti musulmani del Kashmir e del Ladakh si unirono a queste missioni e alcuni si stabilirono in Tibet. Durante il regno del Grande V Dalai Lama Ngawang Lobsang Gyatso (1617–1682), una comunità musulmana permanente si stabilì in Tibet. Fu loro permesso di eleggere il proprio consiglio di rappresentanti, risolvere le controversie legali del loro gruppo con la legge islamica, e fu loro donata una parte di terreno per la costruzione di una moschea. La comunità adottò presto aspetti della cultura tibetana come l'abbigliamento, la dieta e la lingua tibetana. Un afflusso di musulmani del Kashmir in Nepal (originariamente aventi contatti commerciali con i loro parenti in Tibet) fuggì in Tibet a partire dal 1769 a causa dell'invasione della valle di Kathmandu da parte di Prithvi Narayan Shah. Già nel XVII secolo, Ningxia e altri Hui nordoccidentali (musulmani cinesi) iniziarono a stabilirsi nelle regioni orientali del Tibet (come nell'Amdo). Si sposarono con i tibetani locali e continuarono ad avere estesi contatti commerciali con altri musulmani all'interno della Cina. Un'altra ondata di nuovi coloni musulmani iniziò dopo la conquista del Tibet occidentale e del Ladakh da parte dei Dogra nel 1841. Molte truppe musulmane del Kashmir, dei Balti e dei Ladakhi (che furono fatti prigionieri quando combatterono contro l'esercito dei Dogra) rimasero per stabilirsi in Tibet. Anche alcuni Dogra hindu si stabilirono in Tibet e successivamente si convertirono all'Islam. Il governo della Repubblica popolare cinese non riconosce i musulmani tibetani come gruppo etnico distinto; sono raggruppati con aderenti tibetani al Buddismo e al Bön. Al contrario, i musulmani Hui di lingua cinese si distinguono dalla maggioranza cinese Han.
Il quartiere musulmanosud in direzione del 9quartiere musulmano, il fulcro della comunità islamica di Lhasa, che conta circa 2000 persone. Il venerdì all’ora di pranzo e al tramonto il quartiere si riempie di uomini barbuti con papaline (l’accesso alla moschea è consentito solo ai musulmani). In altri momenti la piazza pullula di venditori di yartsa gunbu (funghi del bruco) che fanno affari accanto a un mercato ortofrutticolo. Molte donne indossano fazzoletti di velluto nero, come si usa nella zona di Línxià, nel Gānsù.
A Lhasa vivono 2.000 musulmani e cinque moschee forniscono alimentazione religiosa. Molti altri in Ladakh e Kashmir arrivarono per la prima volta a Tiket nel XVII secolo. e lavorarono come macellai. Nel corso degli anni, un numero significativo è arrivato dall'area di Sala (a sud di Xining) della provincia di Qingha e molti ristoranti halal sorsero a Lhasa. Lhasa ha due moschee Khache Iingka e Gyal Lhakhang (moschea principale).
Khache Iingka, la moschea dei kashmiri (Gyanda Lingka est ed ovest)Costruita nel 1718, è situata a 3 km a ovest del Potala sulla strada per Drepung, ha residenze, due moschee e un cimitero. Khache Lingka era l'originale luogo di insediamento dei musulmani nel XVIII secolo. Una targa su una tomba fu apposta durante il regno dell'imperatore Qing Qianlong (1736-95). Gli annali cinesi registrano che 197 musulmani del Kashmir vivevano a Lhasa e a quel tempo gestivano una moschea. Le due moschee di Khache Langka distano meno di 100 metri l'una dall'altra, a sud si trovava il cimitero. L'edificio nord, a due piani in stile tibetano, contiene i bagni pubblici (piano terra) e un'aula scolastica per l'insegnamento dell'arabo coranico (al piano superiore). Immediatamente a sud si trova la sala riunioni, parte dell'edificio principale.
Piccola MoscheaLa piccola moschea si trova nell'antico quartiere tibetano a ovest del Gyal Lhakhang, in una strada tranquilla a sud del Jokhang. Questa piccola moschea con minareto esposto a sud è composta da due parti. Sarebbe stata edificata nel 1920 dai mercanti kashmiri. La sala principale conterrebbe più di 150 fedeli.
Gyal Lhakhang, la grande moscheaGyal Lhakhang è a pochi passi dall'angolo sud-est del Barkhor. La strada mussulmana iniziava da un punto contrassegnato dall'asta della bandiera di Sharkyaring ed arrivava alla moschea. Lungo la strada ci sono numerosi ristoranti musulmani che servono piatti di noodle (la mian), ravioli (momos), carne di montone e tè delizioso.Situata in Dongtsezur road (Tib.: Gdong tse zur lam; Chin. Dongzisulu) al numero 7, nel quartiere (distretto) Chengguan, la moschea è sotto l’amministrazione del Comitato di quartiere di Wapaling, Ufficio di Kyiré (Tib. Skyid ras don gcod khru’u; Chin. Jiri banshichu) del governo del distretto di Chengguan. Fu inizialmente costruito nel X secolo e fu ampliato due volte, nel 11716, Gyal Lhakhang inizialmente era piuttosto piccola. Dopo un incendio, fu ampliata nel 1793 per diventare la moschea più grande di Lhasa. Durante l'insurrezione del marzo 1959, la sala principale e le sue tavolette storiche furono bruciate dai tibetani. Alla fine del 1959, volontari musulmani locali ricostruirono la sala della Grande Moschea come un edificio in stile tibetano a un piano di 360 m2, finanziato dal governo popolare di Lhasa. Durante la Rivoluzione Culturale, la Grande Moschea di Lhasa fu utilizzata come ufficio per il Comitato di quartiere di Wapaling e deNla cooperativa di produttori agricoli. Solo nel 1978 la Grande Moschea fu restaurata e riaperta al culto e il governo locale stanziò anche fondi per il suo. Inoltre, nel 2002, il governo regionale autonomo del Tibet e il governo municipale di Lhasa hanno fornito 500.000 yuan ciascuno per la ricostruzione e l'ampliamento della moschea. Mel 2008, durante scontri fra tibetani buddhisti e tibetani musulmani, la folla incendiò nuovamente parte degli edifici. Nel marzo 2009, la supervisione della Grande Moschea di Lhasa è stata trasferita dall'Ufficio municipale per gli affari etnici e religiosi al governo del quartiere (distretto) di Chengguan. La moschea ha un cortile a tre ingressi che copre una superficie totale di 2.600 m2. L'area edificata copre un'area di 1.300 m2 che comprende la sala di preghiera, l'edificio Pai, l'edificio bunker, la sala per le abluzioni, il bagno e altre strutture. La sala di preghiera si trova ad ovest e copre un'area di 285 m2 composta da sala interna, sala aperta e piattaforma principale. L'architettura dell'edificio è il tradizionale stile architettonico Zang e combina anche caratteristiche religiose e locali.
In Musulmans et soufis du Tibet, Corneille Jest affronta I'islam tibetano attraverso la storia attuale delle comunità musulmane di Lhasa e dei loro luoghi di culto, moschee e cimiteri.Peccato che la copertina mostri la moschea kaché (kashmira) di Lhasa ora distrutta come denunciato due anni fa. La zona sud-est di Lhasa vecchia è il quartiere dei commercianti musulmani e nepalesi. Ai margini a est di quest’area, il Kache Lhakhang, piccola moschea tradizionale molto caratteristica destinata ai musulmani tibetani originari del Kashmir e del Ladakh, è stato abbattuto. Al suo posto ne è stata costruita una molto più grande, con una facciata in stile più tibetano. I pilastri e le architravi in cemento hanno decorazioni architettoniche nello stile dei templi tibetani. La vecchia moschea, invece, era un monumento storico unico nel suo genere che combinava caratteristiche islamiche dell’Asia meridionale, come due piccoli minareti che incorniciavano l’edificio e il tetto a cupola, con elementi tibetani, come il tipico portale d’ingresso.
Note: 1) Strano contrappasso con il temine kafiri (infedeli) usato per indicare i Kalash dell'Hindukush. 2) I capi delle carovane ladakhe erano chiamati Aksakal (barba bianca) con un termine centroasiatico 3) Non deve stupire la presenza di un governatore tibetano a Kabul ai tempi dell'esteso impero tibetano prima della sua caduta.
Fonti: Chuanbin Zhou. Islamic Culture in Tibet, Brill Xiaochun Yang, La fête de la rupture du jeûne Aïd el-Fitr dans la Grande Mosquée de Lhasa. Quelques observations. Études mongoles & tibétaines, 47, 2016 Gyurme Dorje, Footprint Tibet Handbook with Bhutan, The Travel Guide 4th ed., p.152, ed.1996 Chan Victor, Tibet Handbook - a Pilgrimage Guide, p201,Moon pub. ed. 1994 Chan Victor, Tibet, Le guide du pélerin, 302, Olizane, 1998 LP, p. 55, ed 2010 Bue, Erberto F. Lo. “Scholars, Artists and Feasts.” In "Lhasa in the Seventeenth Century: The Capital of the Dalai Lamas", ed. Francoise Pommaret. Boston: Brill, 2003, 179–98.
Ultima modifica: 10/07/2024 21:57:52
dal 13 giugno 2024 |