Piazza del Barkhor
L’ampia
Piazza del Barkhor, realizzata nel
1985, che in diverse occasioni è
stata teatro di
violenti scontri tra cinesi e tibetani; come
nel 1998, quando fra le vittime vi fu
anche una turista
olandese che fu colpita alla spalla
da un proiettile, e, più di recente,
nel 2008. A
destra, il Jokhang senza
piazza da
Journey to Lhasa and Central Tibet di Sarat
Chandra Das, 1902
Oggi la piazza è ben sorvegliata, con metal
detector, mezzi antisommossa, squadre
di vigili del fuoco
(per prevenire le autoimmolazioni) e
telecamere sui tetti. Nonostante la presenza
di molti turisti, il clima è quello di una
città occupata.
Vicino all’ingresso del Jokhang un flusso
ininterrotto di tibetani segue il circuito
del Barkhor in senso orario. Date
un’occhiata aidue panciuti sangkang di
pietra situati di
fronte al Jokhang: questi incensieri,
insieme agli altri
due che si trovano sul lato posteriore
del tempio, segnano le estremità del
circuito di
pellegrinaggio.
Dietro i primi due sangkang vi sono due
recinti collegati: quello settentrionale
custodisce una stele su cui sono incise le
clausole del trattato sino-tibetano
dell’822 (ironia
della sorte, l’iscrizione bilingue sancisce
l’impegno delle due nazioni a rispettare i
confini convenuti); quello meridionale
ospita il ceppo di un antico salice chiamato
‘capelli di Jowo’, che la tradizione vuole
sia stato piantato dalla moglie cinese di
Songtsen Gampo, la principessa Wencheng. Ci
sono poi altre due stele, una delle
quali fu eretta nel
1793 in memoria delle vittime di
un’epidemia di vaiolo; nel corso dei
secoli i tibetani ne
hanno prelevato molti frammenti,
perché le attribuiscono la facoltà di
prevenire le malattie. |
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Circuito del Barkhor
Mentre seguite la corrente passando davanti
a negozi che vendono fotografie a
soggetto religioso,
cappelli da cowboy in feltro e
frullatori (per preparare il tè al
burro di yak!),
noterete un piccolo edificio sulla destra,
un po’ discosto dalla
via principale. Si tratta
del Mani Lhakhang, una piccola
cappella che custodisce un’enorme
ruota di preghiera
quasi sempre in movimento. Alla
sua destra si apre il maestoso
ingresso della
vecchia prigione cittadina e dei
sotterranei, detti
Nangtse Shar. Se da
questo punto procedete verso sud,
dopo una decina di metri vedrete
sulla destra
l’ingresso del Jampa Lhakhang,
chiamato anche Jamkhang o Tempio
dell’Acqua Santa. Al piano terra di
questo tempietto si trovano una colossale
statua di Miwang Jampa, il Buddha del
futuro, affiancata da file di divinità
tutelari, e la cella di meditazione del
fondatore della cappella.
I pellegrini salgono al piano superiore per
essere benedetti con uno spruzzo di
acqua santa e il
tocco di un sacro dorje (oggetto
rituale che rappresenta un fulmine).
Proseguite lungo il vicolo seguendo le
ruote di preghiera, quindi varcate il
portale che immette
nell’antico Monastero di Meru
Nyingba..
Piccolo ma molto attivo,
questo monastero è un vero gioiello,
sempre gremito di
tibetani che sgranano rosari o
fanno girare lentamente le ruote di
preghiera cantando
sottovoce. La cappella è amministrata dal
Monastero di Nechung, cosa che spiega le
numerose immagini dell’omonimo oracolo
visibili all’interno. Il complesso, come il
vicino Jokhang, risale al VII secolo, benché
gran parte di ciò che si vede oggi sia stata
ricostruita in tempi recenti.
Sul lato occidentale del cortile, dopo aver
salito gli stretti scalini, si arriva
alla piccola Gongkar
Chöde (cartina p48), una cappella
appartenente alla scuola sakyapa. Al
di sotto vi è lo
Zhambhala Lhakhang, un tempio che ospita
al centro una statua di Marmedze (Dipamkara),
il Buddha del passato;
all’interno si dipana un piccolo
circuito di
pellegrinaggio. Da qui potrete ritornare
verso nord oppure
dirigervi a est per proseguire
lungo il circuito del Barkhor.
Nella parte orientale del circuito ci sono
più negozi e e persino un paio di
piccoli empori specializzati in turchesi.
Nell’angolo sudorientale
vi sono un reliquiario, incassato in
una nicchia nel muro, e un darchen (palo con
bandiere di preghiera), che segna il punto
in cui, nel 1409, Tsongkhapa piantò il suo
bastone da passeggio.
Nella parte meridionale del circuito
s’incontra la Sala in memoria di Gendun
Choephel (www.gdqpzhx.com), un museo
piuttosto noioso su un
personaggio interessante. Versatile e
anticonformista, Choephel (1903-51) fu
monaco, poeta, traduttore, scienziato,
scrittore di viaggi, pittore, linguista,
medico, sessuologo e studioso di sanscrito.
Il museo ha un’impostazione alquanto
dogmatica, e forse vi troverete a
strabuzzare gli occhi leggendo i
riferimenti al ‘sistema di servitù
feudale di stampo cesaropapista’.
La piazza a sud del Jokhang, oggi desolata,
un tempo ospitava le lezioni del Dalai Lama
impartite in occasione della festa del
Mönlam. Il circuito infine piega a nord, nei
pressi di una stazione di polizia, per
tornare in Piazza del Barkhor. |