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KaraartPoco a nord del villaggio di Karakul c’è un posto di controllo passaporti non sempre attivo. La deviazione di poche centinaia di metri e la sosta alla stazione di Karaart sono solo per "impallinati " di archeologia. Occorre fantasia per cercare di comprendere e ricostruire la posizione delle tombe e dei geoglifi, ma il luogo da una sensazione di spazi incommensurabili: a nord-ovest il panorama spazia sulla catena dei Trans-Alaj o Transalaj (in tagico Qatorkŭhi Pasi Oloy; in kirghizo Чоң-Алай кырка тоосу, Çoñ-Alaj kyrka toosu; in russo Заалайский хребет, Zaalajskij chrebet, o Чоналайский хребет, Čonalajskij chrebet) sono una catena dorsale latitudinale che separa la valle di Alaj (Kirghizistan) dal Pamir tajico e si estendono lungo il confine per circa 240 chilometri. La vetta più famosa è il picco Lenin (kirg.: Ленин Чокусу, russo: Пик Ленина; tagico: қуллаи Ленин, ribattezzato picco Ibn Sina (per noi italiani Avivenna, medico, filosofo, matematico, logico e fisico persiano nato a Bukara), kirg.: қуллаи Абӯалӣ ибни Сино dal luglio 2006). Alla mia domanda perché il cambio fosse avvenuto per Lenin e non per i picchi Marx ed Engels, mi è stato risposto che Lenin era un politico mentre Marx ed Engles erano due studiosi. La piana di Karaart, panoramica di Roberto Simoni©2019.
Sullo sfondo, il Pamir Alaj con il
picco Ibn Sina (Lenin Pik)
Stazioni archeologiche di Karaart I e II Il termine geoġlifo (geo e gr. γλυϕή «intaglio») fa subito pensare alle grandi linee di Nazca. Niente di tutto questo: a Karaart troveremo dei ciottoli di differente colore che delineano delle figure geometriche sul terreno semisabbioso. La stazione archeologica è situata a un chilometro di distanza dall'alpeggio di Karaart (Караарт), vicino alla M41, otto chilometri a nord del villaggio di Karakul. Il primo complesso, Karaart I, è composto da 16 figure e 4 kurgan (tombe). Diversi ciottoli di rocce colorate (bianco e nero) sono state posizionate in formazioni triangolari doppie divise in 4 parti. Le rocce più grandi e più scure segnano i perimetri. Le misure variano da 10 a 30 m di lunghezza a 6 - 8 m di larghezza. Rispetto a quelli di Shurali (vedi pagina), i geoglifi sono di qualità molto inferiore e mostrano motivi leggermente diversi. Il rapporto fra le due località, tuttavia, non può essere negato.
A nord-ovest della stazione Karaart I si trova una necropoli di 21 tombe accompagnata da tre geoglifi, studiata come Karaart II. Nell'estate del 2003, una squadra guidata da Mira Alekseyevna Bubnova intraprese degli scavi su alcuni di questi kurgan. I corpi ritrovati erano collocati in sepolcri formati da lastre di scisto ed alcune erano coperte da un tetto di legno. Una tomba conteneva le ossa di due donne. Tra gli oggetti trovati nella tomba vi erano una piccola forcina di legno (forse una matita per contorno occhi), una ciotola fatta di porcellana, vetro, turchese e lapislazzuli, perline, due braccialetti in lega di rame e frammenti di pelle. I corpi giacevano orientati da ovest a est. La tomba di un uomo conteneva frammenti di un coltello di ferro, una punta di una freccia fatta di lega di rame e ossa di pecora. Le pietre, formando il primo tumulo, coprivano le camere tombali. Un primo cerchio di rocce e poi un secondo cerchio con un raggio di un metro racchiudeva il tumulo. L'intera struttura fu quindi coperta dalla terra. Due file di rocce diramantesi dal cerchio esterno fungevano da ingresso simbolico al monumento. Fonte: Guide to the Principal Archaeological Sites of the Eastern Pamirs. Queste costruzioni e i riti sepolcrali a loro associati rivelano che i manufatti della tomba sono arrivati da varie aree del Pamir. I kurgan sono attribuiti al periodo Saka tra l'VIII e il III secolo a.C. Nel costruire un percorso per la visita delimitato da pietre, qualche ingenuo locale ha notato che la loro disposizione attorno a quattro cumuli rammentava una clessidra e prontamente qualcuno ha composto la parola clock (orologio) con dei sassi. C'è solo da sperare che nessun autista abbia pensato bene di passare con le ruote sui geoglifi, ma non temere, il camion che ha solcato le linee di Nazca nel 2019 è un buon esempio...
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