Oasi di Hunza

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La splendida e verde conca della valle degli Hunzakut è percorsa da due strade. La KKH sul fondovalle posto ad occidente del fiume Hunza e la nuova strada sterrata che inizia prima di entrare in Aliabbad, presso il ponte che valica il fiume per condurre dai Nagari che vivono nella parte orientale della vallata.

Risalendo la KKH ad una curva improvvisa ci si affaccia sulla vallata e già in distanza si scorge il castello del Mir. La KKH incontra a destra il bivio per il ponte verso Nagar, poi imbocca una vallata laterale attraversa un torrente, ritorna verso il fiume e, dopo un'ampia curva si porta sul pianoro alluvionale. A sinistra si diparte la strada sterrata per Karimabad che segue in alto ed in costa tutta la valle.

Si entra così in Alliabad, la prima delle frazioni che compongono la vallata, incontrando a destra il negozio della Pakistan Mineral Development Corporation, mentre a sinistra avete il posto di controllo della polizia, il Prince Hotel, una serie di negozietti ed il distributore. Il centro islamico patrocinato dall'Aga Khan è riconoscibile per l'entrata dipinta in verde e sormontata da torrette, proseguendo di alcuni chilometri si giunge alle case di Ganesh con la moschea, al posto di blocco ed al ponte sull'Hunza. Se non si è percorsa la strada sterrata in alto, a Ganesh si possono prendere delle jeep che percorrono la ripida salita fino a Karimabad.

La strada sterrata attraversa il villaggio di Alliabad e, mantenendosi in quota conduce a Karimabad. Il paese è posto su un poggio panoramico che domina tutta la vallata ed è pure raggiungibile da Ganesh. Albe e tramonti sul Rakaposhi sono affascinanti visti da Karimabad che è punto di partenza per passeggiate e camminate. A monte del villaggio sta il diroccato forte di Baltit e lo scenario chiuso è dalle quinte maestose dell'Ultar e dal Bubelimating. La leggenda legata a questa guglia di roccia alta più di 600 metri ricorda la romantica storia della principessa Bubela, andata sposa a Ghiser (o Kiser, o Ghizer, il mitico Cesare tibetano). Egli, dopo aver conquistata Hunza, ebbe in sogno il presagio di una invasione del Tibet e partì per difenderlo. Prima di partire promise alla principessa che sarebbe ritornato «Ieri e domani, quando gli asini pianteranno il grano, i mulini macineranno pietre ed i torrenti scorrerano verso l'alto». Poiché la giovane sposa lo tratteneva con pianti e grida la pose a sedere in cima alla guglia di granito con un sacco di miglio ed un gallo dicendole: «Dai al gallo un chicco ogni anno e quando il miglio sarà finito io tornerò». Bubela è ancora lassù e talvolta si odono i suoi lamenti.

Il forte di Baltit domina la valle. Questa vecchia costruzione di 400 anni, abbandonata nel 1960 quando il Mir andò a vivere nella villa di granito costruita poco sopra gli alberghi. Nella stagione turistica il guardiano del forte è sempre pronto sulla porta per staccarvi il biglietto di ingresso. Attraverso il villaggio si nota che le abitazioni hanno gli infissi (porte e finestre) con decorazioni di chiaro influsso tibetano. D'altronde i locali raccontano che una principessa del Baltistan, venuta in sposa ad un Mir giunse con carpentieri, muratori ed artigiani tibetani.

Il vecchio palazzo, ormai fatiscente e diruto, fu costruito in pietra, legno e mattoni di fango seccato al sole. Entrando nelle stanze buie fate attenzione agli scalini pericolanti ed agli stipiti bassi. Le stanze inferiori erano usate come prigione, salendo attraverso il cortiletto interno si arriva alle cucine, ai magazzini ed al piano nobile. In alcune stanze vengono conservate stampe e fotografie degli antichi sovrani in compagnia di monarchi e principi europei. Quando gli inglesi nel 1892 saccheggiarono il forte cercarono in utilmente il teoro del Mir. In una nicchia <197>racconta Knight<197> furono rinvenuti solo polvere da sparo e palle per i moschetti. La terrazza dell'ultimo piano è delimitata da un loggiato ed una piccola cupola di stile centro asiatico.

Il forte di Altit è pure interessante. Lo si raggiunge da Karimabad con una camminata di un paio di chilometri. La popolazione non gradisce fotografie ma la visita è consentita . Si passa sotto l'arcata dell'acquedotto e seguendo la nuova pista per jeep od il vecchio sentiero si scende verso Altit. Percorso il campo da polo, si raggiunge la piscina del villaggio. Accanto vi è un edificio fatto costruire dall'Aga Khan come scuola ed ospedale. Un cancello in ferro racchiude lo splendido giardino del Mir dove un guardiano vi accompagna oppure, gentilmente vi fornisce le chiavi pregandovi di riconsegnarle. Aggirasi nel forte è simpatico, ci si può affacciare sul precipizio di 300 metri che domina la valle oppure appostarsi nella veranda dell'antico appartamento del Mir e fotografare dall'alto i cento tetti delle case di Altit.

La fortezza dovrebbe essere più recente di quello di Baltit e sarebbe stata costruita o restaurata da un mercante che trafficava sulla carovaniera dell seta. La torre di avvistamente reca incisa la data 909 dell'Egira (1531 d.C) l'interno è spoglio non vi sono ornamenti oltre agli infissi lavorati ed alle corna di ibex cui ora sono appese alcune lampadine elettriche.

Da Karimabad la strada sterrata scende ripida su Ganesh, il più piccolo degli villaggi, con una piccola moschea e ci si ricongiunge alla KKH. Valicato il ponte (un tempo c'era un posto di blocco), sulla sinistra della KKH, due cartelli indicamo la posizione di due blocchi di roccia con grafiti ed iscrizioni. Le guide le indicano come «sacra roccia degli Hunza», ma forse solo la prima aveva carattere sacrale. Numerosi graffiti mostrano scene di caccia all'ibex con battute di caccia e danze. L'ibex era molto importante ed assumeva un carattere sacro, gli sciamani si ripoprivano con la sua pelle e ne bevevano il sangue prima di cader in trance e predire il futuro.

L'altra riporta iscrizioni celebranti il transito di eserciti o di pellegrini. Le prime iscrizioni sono in caratteri karoshti, gupta, sogdian e tibetani. Indicate come «il libro degli ospiti» dal traduttore prof.Dani ricordano i vari passaggi ed i cambi di potere lungo la via della seta. La prima roccia verso oriente ritrae un re kushianide in vesti centro asiatiche, il suo nome era Gondoferne ed è scritto in kharashthi, indica un re di Gandhara del I<198> secolo d.C., su un'altro roccione una iscrizione ricorda Chandra Gupta 2<198>, il più grande degli imperatori Gupta che dominarono l'India ai primi del 5<198> secolo dell'era cristiana. Ad ovest di questa scritta ve ne è una in sogdian indecifrata ed un'altra del generale Gupta Harisena, che conquistò la zona insediandovi il Buddismo pressappoco nel 5<198> secolo d.C; ancora più ad ovest, in una serie di nicchie di formazione naturale vi sono scritte in tibetano.


dal 1° gennaio 2002

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