In queste valli, fra pendii sabbiosi e bastionate di roccia non è facile incontrare animali ed il turista ben pochi ne vedrà oltre a quelli domestici. L'escursionista, nel corso del suo cammino nelle valli interne, incrocia solo capre e bovini. La fantasia porta ad immaginare lunghe carovane di yak che affrontano gli alti passi carichi di mercanzie, ma purtroppo il turista ha ben poche occasioni di ammirare questi poderosi animali che con piede sicuro trasportano anche un quintale di carico, poiché lo yak (dagli zoologhi definito «bue brontolone» vive solo negli alpeggi più alti sopra i 3600 metri. A quote superiori vive anche un esemplare di yak selvatico che raggiunge i sette quintali, ha un mantello di lungo pelo nero e la coda è considerata un prezioso talismano. Gli esemplari addomesticati pesano anche quattro quintali, sono animali di cui tutto viene sfruttato. Lo yak, parola d'origine tibetana che i Baltì pronunciano hijak, è qui considerato come il re degli animali.
Lo yak ha prestatole sue corna al cervo, i suoi piedi al bue, il suo collo al cammello e la sua coda all'asino. Gli zoologi europei, più prosaici, l'hanno battezzato «bue brontolone». Sul piccolo Tibet è soprattutto un animale d'allevamento. La sua femmina (hijakmo) da il miglior latte che ci sia. Animale prezioso, uno yak, vale tre mucche. Si utilizza la sua lana per tessere tappeti, sacchi e corde. La sua pelle, estremamente resistente, per fabbricare delle calzature. La sua carne è più appetitosa di quella delle mucche. Le sue corna sono trasformate sia in strumenti musicali, sia in pipe ad acqua. Il suo sterco lo adoperano come combustibile.
L'allevamento del bestiame costituisce tutt'oggi una risorsa economica assieme all'agricoltura ed ai servizi come portatori. Il patrimonio zootecnico è in gran parte ovino infatti pecore, capre e montoni costituiscono l'85% del bestiame, il rimanente è bovino.
I bovini più diffusi sono lo zebù (Bos indicus) ed il bue tibetano (bos taurus), allevati in cattività nelle valli più basse soprattutto in funzione della produzione di latticini. La lavorazione avvienne secondo metodi tradizionali con strumenti primitivi e permette l'utilizzazione completa del prodotto. Numerosi sono gli incroci fra yak e bovini. Lo dzo rappresenta metà del capitale bovino della regione. Il maschio è sterile ed è usato come animale da trasporto mentre la femmina è allevata per la produzione casearia. Nel periodo estivo si incontrano bovini ed ovini anche nei pascoli più alti, in valli oltre i 5000 metri, quando si effettua la transumanza stagionale; d'inverno gli animali scendono nelle spianate di fondovalle e sono alimentati con fieno e paglia all'interno delle stalle che compongono il pianterreno della case.
Capre e pecore sono diffuse ovunque e sfruttano il minimo filo d'erba per questo i campi sono protetti da barriere di rami spinosi e da siepi di cespugli oltre che da muretti. Gli ovini sono usati sia per la carne ed il latte sia per la produzione di lana. Alle stesse altezze vive l'ibex himalyano (Capra sibirica), è una capra selvatica che raggiunge le dimensioni di un vitellino
I montoni sono pure molto diffusi (e non son da confondersi con il maschio delle capre) e ve ne sono di tre principali razze ormai incrociatesi fra loro e che si distinguono per leggere differenze nella taglia e nella qualità del vello. Alcuni branchi vivono allo stato brado nelle valli più alte attorno ai 5000 metri si incontra il grande montone tibetano (Ovis aomon hodgsoni) detto ha un mantello marrone ed è dotato di un poderoso palco di corna che raggiungono anche un òmetro e mezzo di lunghezza. L'escursionista può avere la fortuna di intravvedere nelle valli il bharal (Pseudois rahura) le cui corna servivano in passato da zappa. Infine lo shapo (Ovis vignii vignu) è il più piccolo dei tre tipi di montoni.
La speranza del turista di avvistare animali selvaggi è ben presto delusa poiché essi sono rarissimi ed i loro habitat ristretti alle zone inaccessibili. Il leopardo delle nevi, il gatto selvatico, l'antilope tibetana e la gazzella himalayana vivono oltre i 4500 metri.
Gruppi di escursionisti hanno trovato tracce, presso i campi, di orsi che scenderebbero anche a valle nei periodi invernali. Sono l'orso bruno (Ursus isabellinis) e quello nero (Selenarctos Thebetanus), ogni tanto nei villaggi si incontra qualche girovago accompagnato da un orso dal collare che ciondola a ritmo della tromba, saldamente controllato da una corda e da un anello infilato nel naso.
Fra gli uccelli si possono notare passeri e gazze che affliggono i raccolti di fondovalle dove si scorgono talvolta il pettirosso tibetano ed il martin pescatore. Alle più alte quote del Karakorum, o nelle oasi di fondovalle si incontra la pernice himalayana (Lerwa lerwa) e la gallina delle nevi (Tetraogallus Thebetanus) ed al camminatore più attento potrà capitare di osservare due rapaci nel cielo azzurro intenso: il grifone (Gyp Himalayensis) e l'aquila (Ictinactus malayensis).
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