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Guida al Kailash Kora

di Marco Vasta © 1994

Asti uttarsyam dishi devatatma, Himalaya nama nagadhirajah
Purvaparo toyanidhivagahya sthitah prithivya iva mandandah"
"A nord dell'India abitano le anime degli dei, dei re delle montagne,
Himalaya unisce gli oceani da oriente ad occidente,
Egli è l'epitome della Terra"

dal poema epico "Kumarasambhav" di Kalidasa (IV sec)

Introduzione

All'alba dei tempi, quando i primi saddhu attraversarono l'Himàlaya e si affacciarono sul plateau tibetano, ai loro occhi apparve una slanciata piramide innevata. Giochi di luce ed ombra tracciavano il simbolo del sole sulla parete di cristallo: erano giunti al Monte Meru, il mitico asse del mondo.

Per gli Hindu, la montagna riproduce il lingam di Shiva. Per i fedeli del Vajrayana essa è il monte Tisé o Kan Rimpoché, il gioiello delle nevi. Per i viaggiatori è l'epitome d'ogni montagna sacra, ma perché proprio questa e non un'altra? In Himàlaya s'innalzano vette più massicce e ben più alte... Una risposta la troviamo negli scritti dell'ultimo occidentale che vi giunse in pellegrinaggio prima che l'invasione cinese bloccasse per ventidue anni ogni accesso di stranieri.

Ne "La via delle nuvole bianche" Lama Anagarika Govinda spiega perché una montagna diviene sacra. Alcune cime sono ammassi di rocce - egli sostiene - ma altre sono di più: hanno una personalità dalla quale traggono una forza che attrae gli uomini. La personalità consiste in qualità come la consistenza, l'armonia e una singolarità di carattere. Quando queste qualità si concentrano in un essere umano, egli diviene un gran personaggio, un imperatore o un saggio, come il Signore Buddha. Quando si manifestano in una montagna, essa si trasforma in un contenitore di potere cosmico.

Ma perché il Kailash occupa una posto così preminente fra le montagne del mondo?

Non solo è il punto d'intersezione fra due delle più importanti culture, quella cinese e quella indiana ma è anche il luogo più alto del plateau tibetano, uno slancio fisico verso il cielo. Qui nascono anche i grandi fiumi che, scorrendo nelle quattro direzioni, simbolizzano i legami religiosi fra India e Tibet e due di loro, Indo e Brahamaputra racchiudono il subcontinente indiano in un gigantesco abbraccio. Lama Govinda enumera le associazioni spirituali di Hindu e seguaci del Dharma con il Kailash. Per quest'ultimi il Monte è il gigantesco mandala dei Dhyani Buddha e Bodhisatva descritto nel Tantra di Demciog: il "mandala della sublime benedizione"; il vicino Manasarovar è il lago Anavapatta della tradizione buddhista. E come ogni tempio hinduista ha la sua cisterna dove il fedele si immerge, così ai piedi del Kailash si adagiano il Manasarovar, solare, maschile e luminoso, ed il Raksha Tal (lett. lago dei demoni) lunare, scuro e femminile.

Anagarika significa senza casa, nome appropriato per un cercatore spirituale che respinge il concetto di "conquistare un cima": è la montagna che conquista l'uomo. Lama Govinda compì il rituale percorso attorno al Kailash e per poi raggiungere le città ormai dirute di Toling e Tsaparang che tuttora racchiudono preziosi affreschi, veri gioielli dell'arte tibetana.

Dal 1981 il governo cinese autorizza ogni anno una yatra dall'India. Trenta fortunati vengono estratti fra le migliaia di postulanti al pellegrinaggio.

Per tutti gli altri stranieri la via del Kailash è più semplice. Una pista risale l'ampia valle del Brahamaputra: più di millecinquecento chilometri fra pascoli costellati di armenti e tende di nomadi, costeggiando le scintillanti vette dell'Himàlaya ed infine, valicato il passo Mayum, ecco apparire la grande piana dove si adagia il lago Manasarovar con a sud il grande monte Gurla Mandhata ed a settentrione, elegante e splendente, il sacro Kailash. Dal villaggio di Tarchen, alla base della montagna, all'alba, decine di pellegrini ogni età iniziano il kora, il periplo del Kan Rimpocé che compiranno in un paio di giorni.

Ognuno lo affronta come vuole, alcuni cantando, altri recitando mantra, altri progrediscono con la triplice genuflessione e impiegheranno alcune settimane a ritornare. Alcuni pellegrini camminano soli, concentrati sulle preghiere; altri procedono festanti in compagnie liete e felici di aver finalmente raggiunto queste valli. I genitori mostrano ai bambini i luoghi legati alle vicende di Milarepa ed alle saghe di Gesar di Ling. Tutti sostano nei tre gompa e venerano le immagini salvate dalla furia delle guardie rosse. Per quanto la quota possa sembrare alta, il sentiero si snoda facile ed i pellegrini proseguono nell'aria cristallina, raggiungendo infine il Dolma-la. Chi compie centootto kora entrerà direttamente nel nirvana ed a Darchen alcuni tibetani trascorrono l'ultima vita votati a quest'obiettivo.

Ma i 5.600 metri del valico non sono un punto di arrivo; da qui, per tutti, praticanti del Dharma o viaggiatori, credenti o atei radicali, inizia qualcosa di nuovo perché - ci ricorda lama Govinda - "Chi valica il Dolma-la nasce per la seconda volta"

Per l'accesso dalla valle di Humla, vedi sotto


Durata
Tre giorni
Difficoltà
Lungo il sentiero non ci sono sorgenti, è meglio potabilizzare l'acqua per il percorso. In stagione si trovano dei piccoli tea-shop con bevande.
 

Bibliografia (vedi anche Un libro nello zaino)

Itinerario in sintesi

  • Giorno
  • tempo disl salita disl. discesa q. campo q. max
  • 6h 30m 350   4950/5000  
  • 5h 35m 520 600 4850/4870 5470
  • 4h 5m   230 4620/4650  
  • totale
  • 16h 10m 870 830    

    Tappe
    1a tappa Darchan - Chhöku (Nyanri) Gompa - Drirapugh Gompa (5.010m) 10 h con soste (tempo netto: 6h 30m, dislivello: +350 m.)

    Il sentiero è ampio ed evidente ed inizia alcuni minuti di cammino a monte della guest house di Darchen (q.4650). Affiancato da rocce, sassi e piccoli ometti votivi, il kora procede verso ovest dalle tende dei pellegrini alla base della collina. La punta del Kailash con la parete sud rapidamente scompare dalla vista mentre il sentiero si alza ed abbassa sul terreno sabbioso, ondulato e solcato da piccoli canyon che contornano le pendici della collina ad ovest di Darchen; grande panorama sulla vasta piana di Barga con sfondo del Gurla Mandhata.

    Dopo un'ora di cammino il sentiero sale sulla cresta di una morena affacciandosi fra mucchi di pietre con bandierine cosparsi di indumenti lasciati dai pellegrini (50' - 4730m) e ricompare la parete sud del Kailash. Questo è il primo dei quattro chatsal ghang (luoghi di prosternazione) disposti lungo il kora. I pellegrini si fermano per compiere quattro serie di genuflessioni: tre in direzione della montagna, tre in direzione del lago Manasarovar, tre verso Thirtapuri (a sud ovest) ed infine tre verso Darchen. Appendono poi bandiere e bruciano incenso, talvolta un rametto detto khenpa oppure il fiore rosso di una pianta conosciuta come shangpe. Altri aromi usati sono il ginepro (shukpa) e il sandalo rosso e bianco (tseden).

    Aldilà della cresta morenica si apre a nord la valle pietrosa e deserta del Lha Chu, il torrente degli dei: immense muraglie di arenaria porpora, puddinga di colore rossastro e conglomerati si sfaldano in pinnacoli e mitici castelli. Discesa di circa 30' a Serdzong (pascolo o passaggio d'oro) dove si tiene la cerimonia nel giorno della luna di Saga Dawa (Buddha Jayanty o Vaishaka Purmina; nascita, illuminazione e paranirvana di Buddha). A monte del sentiero si erge il palo o tharboche (q.4.680) che viene sostituito in questa occasione. Su un dosso più ad est vi è il cimitero degli 84 Arhat (saggi, Mahasiddha) (tib. Drachom Ngagye Durtro) benedetto da Gotshangpa (primo esploratore del Kailash) e da Padma Shambava. Il prezioso maestro predisse che il palo sarebbe stato ricavato da un altissimo albero nato da se stesso (rangjung). L’attuale è un sostituto privo dell’originale forza vitale (neupa).

    Presso il cimitero vi è la miracolosa sorgente (Drub Chu) dei Mahasiddha, attraverso la quale il fedele riesce a vedere un lago sotterraneo, Khandro Drora (il luogo delle danze delle Dakini), carico di vibrazioni, dove i maestri si siedono per ricevere visioni. Luogo potente durante il Saga Dawa. Qui giunge un sentiero da Gyangdrak e Silung gompa.

    Ad un centinaio di metri dal palo è stato ricostruito il Chorten Kang gni (lett.: chorten a due gambe, kani; ovvero chorten con portale) (10'). I pellegrini acquistano meriti entrando nella valle del Lha Chu attraverso questo portale e toccando la prima delle impronte di Buddha (shapje). Si continua in leggerissima discesa verso il fondovalle sempre in vista del versante meridionale. Le facce del monte Meru (e quindi del Kailash) sono di oro, cristallo, rubino e lapislazzuli.

    Il sentiero principale si tiene al margine presso le pendici anche se vi sono sentieri che attraversano la piana fra numerosi vecchi mendong (muri mani). Macchie prative permettono di campeggiare a Pema Phuk (caverna del loto, 40'), il toponimo indica un'ampia zona prativa e, se campeggiate, occhio agli allagamenti serali dei prati. Con una buona jeep si giunge fino a qui. La caverna di Naro Bön Cho (Naro Bon Chung Phuk) è posta sul pendio che sovrasta la zona prativa. Davanti alla caverna vi è l’impronta di Milarepa che pose un piede qui ed uno al monastero. A sinistra della caverna sta Tsokzhung, larga roccia dove i fedeli individuano un calderone per il cibo consumato dalle Dakini e scorre il Tshe Chu (acqua della lunga vita) dove i pellegrini immergono tre volte il capo.

    La conformazione dei pendii è ora in creste quasi verticali di arenaria verde o marrone e di conglomerati. Giunti ad un ponticello (4.710m) (1h dal Tarboche senza le varie soste) e attraversato il Lha Chu, un sentiero sale a Chhöku Gompa (pr. Ciocu, 4.820m), il primo tempio nel circuito del Kailash. Lo si raggiunge con 30' di faticosa salita dal ponte.


    Chhöku Gompa

    Poco sotto il monastero c’è la grotta dell’elefante Sala Rabten (Langchen phuk) il cui teschio è nel dukhang. La grotta è consacrata a Guru Rimpoche che vi avrebbe meditato. Chhöku (figura religiosa) Gompa è detto anche Nyan-ri Gompa e Nyan-po ri dzong, venne fondato nel 13° secolo da Götshangpa Gompo Pel (1189-1258), discepolo di Tsanga Gyaré, maestro fondatore della scuola drukpa kagyü e scopritore del grande pellegrinaggio a Tsari. In una grotta dietro al monastero (Götshang Phuk) si trova il suo eremo. Poco a sud si trovano le grotte dei Mahasiddha (Drubthob) fra le quali quella di Milarepa che trovandola troppo bassa la alzò lasciando l’impronta della mano nel soffitto. Agli inizi del secolo un enorme masso cadde direttamente sul gompa, L'attuale edificio è stato ricostruito dopo la rivoluzione culturale, ma la figura centrale del dukang (è il tempio interno all'edificio) è quella originale. Entrati nella sala, a sinistra troviamo piccoli chorten di metallo, statue di Opame e di Sakyamuni in tre differenti aspetti. Sulla parete centrale spicca la statua in marmo bianco di Nagwa Thaye, conosciuto anche come di Chhocku Rimpoche.

    Vi sono varie leggende sulla statua che è un ranjung cioè nata da se stessa: scoperta presso il Wöme Tso (oma tso - lago di latte) presso Tirthapuri oppure proveniente Lahul dove sette statue si erano formate da sole. Scoperta in una grotta da una anziana donna che cercò di trasportarla inutilmente per il peso, la statua parlò ed espresse il desiderio di essere spostata.

    A fianco penne di pavone e teschi di elefante fra cui quello dell’elefante Sala Rabten. Interessanti una conchiglia ricoperta in argento (Chödung Thongwa Kundröl) che Milarepa avrebbe raccolto sul fondo del lago. Secondo altri l’oggetto, che infonde un senso di benessere nel pellegrino e rimuove cattivi karma, volò magicamente da Bodh Gaya. Dal lucernario tramite specchio si riflette l’immagine del Kailash. Vi è anche grande catino portato da Tilopa. Alle spalle della statua vi è la biblioteca con il Kangyur. Statua, conchiglia e vassoio rappresentano corpo, parola e mente.

    Sulla terrazza principale sorge il gonkhang dedicato a Ghangri Lhatsen, protettore del luogo e che risiede sulla cresta (tib.: ri ) di Nyan che sovrasta il gompa. Su una cengia della parete che sovrasta il gompa un palo con bandiera bianca segnala una grotta dove avrebbe meditato Milarepa.


    (continua il percorso)

    Vi è un sentiero che continua sulla riva occidentale (dx or) ma conviene tornare al ponte (15'). Il kora prosegue sul fondovalle in saliscendi su pendii sotto le incombenti pareti ma il sentiero è sempre evidente e buono. Poco dopo Pema Phuk, quando la valle fa una curva ed una controcurva, il roccione che si vede in fondo alla prima curva è il Gompo-phang (skt Ravan Parbat), manifestazione di una delle divinità tutelari.

    Lungo il percorso, numerosi luoghi della vallata sono legati al ricordo ed alla leggenda di Gesar di Ling. A più di un'ora dal ponte per Chhöku, proprio a destra del sentiero, in prossimità di poco evidenti mucchi di pietre mani, si vede uno dei tanti rangjung: Kyiki Tapho (cavallo di felicità, o sella di Kyang Go), il cavallo di Gesar di Ling, piccolo masso a forma di sella, unta di burro, che viene indicata come cavalcatura per raggiungere la beatitudine. Sempre costeggiando il torrente si arriva in vista della parete ovest del Kailash.

    Su una piattaforma vi sono tre labche che ospitano immagini "nate da se stesse" delle divinità. Un'alta cascata sul pendio ovest (dx or) fra le prime due cime è conosciuta come la coda di Tawo Kyang Go Yarwa, il cavallo di Gesar. Una pietra cubica in alto sul pendio alla nostra destra è uno dei dadi da gioco usati per prendere una decisione strategica. Un gran buco nella roccia da cui sgorga acqua è il luogo dove Dugmo, moglie di Gesar, preparava il chhang e tre macigni nei pressi erano usati per macinare l'orzo quando ella lasciava fermentare la birra. Vi è la roccia delle 21 dakini (Dolma Nyishu Tsakcich), una grande macigno dove è riportata tutta la preghiera alle 21 Dolma.

    Si giunge al secondo chatsal ghang. Ad est si elevano le cime del Gonpo Bheng e del Guru Jator quest’ultimo è considerata la torma di Padma Shambava. Al di là del Lha Chu vi sono le tre vette del Tselha Namsum (tre dee della longevità: Dolma, Tsepame, Namgyalma) e il Gesar Tega (la sella di Gesar). I pellegrini si prosternano prima verso il Kailash, poi verso il Gonpo Bheng e il Guru Jator ed infine verso Tselha Namsum.

    Valicato l'affluente che scende dalla cima del Changa Dorje, se camminate ogni tanto a naso in su, finalmente vi accorgerete di aver passato lo spigolo nord-ovest e finalmente compare la sacra faccia "dorata" del Kailash con la parete nord.

    Si raggiunge un luogo di campo per i pellegrini: Tamdrin Dronkang (o Dronktram) (q.4830) dove si trova un altro rangjung costituito da una pietra scura disposta in un piccolo recinto di pietre, sullo sfondo della parete ovest del Kailash, e sulla quale è incisa una immagine di Tamdrin (difficilmente distinguibile), divinità con testa di cavallo, avatara di Chenrezi. È ricoperta di burro offerto nel quale i pellegrini conficcano monete. Vi appoggiano la propria testa, prendono del burro e se ne mettono in capo. Qui si fermano anche i trekking quando dividono il percorso in quattro tappe (10'). Vi sono alcune tende ristoro. Spazi migliori un po' più a monte. Vi è anche una larga impronta sulla roccia è l'orma del piede di Buddha, la seconda che incontriamo sul circuito (questo secondo Swami Pranavananda) per altri è di Milarepa.

    Sulla destra orografica si vedono due tributari che scendono da nord-ovest: Belung Chu e Dunglung Chu. La seconda di queste vallette è la valle di Dronglung (yak selvaggio) ed è una delle valli che conducono alle sorgenti del Seng-ghe Khabab (nome tibetano dell’Indo: il fiume che esce dalla bocca del leone). La valle qui compie una ampia curva.

    Il sentiero, sempre sulla riva sinistra orografica, attraversa con un guado il Kanjam Chu che scende dal ghiacciaio omonimo ed in 30' arriva ad una malga in pietra. Attraversato il torrentello che nasce dal piccolo ghiacciaio alla base della parete nord del Kailash, si può mettere il campo 1° (q.5000) presso il grande palo con bandierine di fronte alla parete del Kailash.

    Per visitare il gompa scendere al fiume (10') guadarlo oppure risalire fino al ponticello sul Dolma Chu e raggiungere il ponticello sul Lha Chu. Una breve salita (10') conduce al gompa. Proprio sotto il gompa vi sono quattro misere stanze da affittare (Driraphug guest house).


    Driraphug gompa

    Dal gompa magnifica vista della faccia nord del Kailash. Direttamente di fronte al monastero, aldilà della valle del Lha Chu, si apre Pölung (valle dell'incenso): un largo bacino formato dalle pendici occidentali del Kailash. Le due sentinelle (montagne) sono a destra il Changa Dorje (Vajrapani) ed a sinistra il .Chenrezi (Avalokiteshvara). Poco sopra il gompa, vi è la caverna del corno dello yak femmina (Driraphug, 5.010m) dove meditò Gyalwa Gotsangpa, il monaco Drigung che "inventò" il kora. Driraphugh è tutt'ora legato alla chiesa Drigung.

    2a tappa Driraphug - Dolma La - campo 2
    Tempo netto:5h 35', dislivello: +520 m., -600 m

    Dal campo (q.4950) si scende al Dolma Chu su un ponticello e ci portiamo sul sentiero che, sul greto destro, viene da Driraphug e si inoltra nella valle che scende dal Dolma. Inizia una salita non ripida fra blocchi di granito bianco che porta ad un primo punto panoramico sulla valle e poi ad un secondo (40'). Il prato sotto questo punto è l'ultimo spazio adatto a porre delle tende.

    Dopo il breve tratto in mezza costa il sentiero si alza ora con minor inclinazione sopra i prati per circa 20 minuti fino al cimitero di Shiva (Shiva-chal, 20', q.5260.). Il terreno è cosparso di mucchi di pietre, in parte coperte da una gran quantità di indumenti, scarpe, ciotole e altri oggetti personali lasciati dai devoti pellegrini. Le offerte vengono compiute per assicurare non il passaggio del valico ma un buon transito nel Bardo, lo stadio intermedio fra due vite. Il sentiero si inerpica con molta gradualità, ma la quota si fa comunque sentire; il paesaggio è di tipo alpino sub-glaciale.

    Proprio sopra il sentiero vi è una roccia dove i fedeli lasciano un dente od versano il proprio sangue estratto dalle vesciche od a un piccolo taglio. È un modo per compiacere e placare Shinje, il signore della morte. Morire qui è considerato altamente meritorio. Pochi minuti più avanti vi è nella roccia l'impronta del piede di Milarepa, colorata in rosso (Drubtak Shabje, legata alla lotta con Naro Bön Cho), e proprio oltre vi è un'area caratterizzata da buche nel terreno che vengono scavate dai pellegrini alla ricerca dei capelli di Yeshe Chogyal, la consorte tibetana di Guru Rimpoche (Padma Sambhava). A sud, aldilà della valle si apre una valletta tributaria che conduce al Kha-dro Sang Lam (strada della dakini dalla faccia rossa) che permette di evitare il Dolma la ed è valicato solo da chi ha compiuto dodici giri. Verso la fine della salita vi è Dikpa karnak (pietra del peccatore), un masso con una fessura attraverso cui riesce a passare chi non ha peccato, e poco più a monte del sentiero ci sono alcuni muri in rovina, Charok donkang, già diruto al tempo di Swami Pranavananda.

    Il sentiero è ora leggermente pianeggiante e si snoda fra massi di granito sparsi sul tappeto erboso. Dopo 20' il sentiero volta a destra valicando il torrente e salendo una morena glaciale: è lo strappo finale al passo, 180 metri di dislivello. Piccola pozza smeraldina e poi ecco il Dolma La (variamente quotato fra i 5470 e i 5630m). Interessante il grande macigno Dolma Do presso il passo, ricoperto di monetine. La striscia bianca rappresenta il corretto cammino verso l'Illuminazione. Il ghiacciaio che sovrasta il colle non scende direttamente dal Kailash, ma da una cima terminale della cresta che si protende dalla sua parete est.

    Il percorso del pellegrinaggio continua sul versante orientale. Dopo il colle il sentiero scende più ripido dell’altro versante fra pareti di granito che sovrastano tre piccoli laghetti morenici. Appare il lago Gaurikhund (tib. Tuuje Chempo tshom; lago del grande e compassionevole Bodhisattva). Il sentiero passa circa 60 metri sopra il lago. Quando il 28 agosto 1946 Swami Pranavananda vi immerse "Janma Bhoomi", il suo battello di gomma, oltre che sondarne la profondità stabilì il record mondiale di navigazione in quota.

    Dopo il lago il sentiero scende ripido fra rocce granitiche. Piana di tundra con cuscini di muschio. Alla vista si apre la sottostante valle del Lham Chhu Kyer e compare per un breve tratto il Gurla Mandhata. Lunga discesa spezzagambe fino a raggiungere il primo fondovalle (1h - 5080m), che si presenta come una prateria d’alta quota, fiancheggiata da strutture rocciose a stratificazioni tipo canyon. Spazi di prati e muschio.

    A destra del sentiero, dopo una malga in pietra ma prima del torrente che scende dal passo, vi sono la terza impronta di Buddha, e l'ennesima grotta di Milarepa. Numerose tracce di sentiero e varie possibilità. Seguite la pista principale che si tiene sulla destra della valle. La pista corre su un pendio di macigni che giunge fin in riva al torrente e poi prosegue sul fondovalle erboso.

    Un'oretta di cammino permette di raggiungere un torrente tributario (20') che scende da ovest ed il Kailash presenta il versante orientale, la faccia detta di "cristallo". Il terzo luogo di prosternazione è nei pressi della confluenza aldilà della quale arriva il sentiero che scende dal Kha-dro Sang Lam.

    In questa zona si trovano numerosi luoghi legati ai Buddha della Medicina. Ad est vi sono infatti le otto montagne di Menlha Tsengye dalle quali scende il Menlha Chu e quindi fra i prati troviamo un'impronta (Menlha Shabje), la sacca dei medicinali (Men Khuk, e la montagna di cui si scorge la parete nord (a sud quindi del tributario di destra) è il Sangye Tongku Phutang, il palazzo delle immagini dei Mille Buddha. Inutilmente cercherete la quarta impronta di Buddha perché nel 1931 è stata spostata presso il monastero di Gyandrak nel kora interno.

    Passato la confluenza, dopo mezz'ora si raggiunge un sito pieno di mani, presso il quale c’è un’altra tenda che vende bevande (coca e birra) e cibarie. Si può mettere il campo 2° in riva al Lham Chu (q.4870).


    3a tappa campo 2- Dzutrulpugh (4.820) - Darchen
    tempo netto: 4h15', dislivello: -230 m

    Continuando a camminare verso sud per circa un'ora si raggiunge la spalla di una morena e la si sale (20'). Dalla sommità della spalla si scorge bene la confluenza fra il Lham Chhu ed il Topcheen Chhu (torrente dalla grande forza) che scende da est formando il Dzong Chhu (torrente del castello). Scesi sul fondovalle pianeggiante in meno di un'ora viene raggiunto Dzutrulpugh Phuk Gompa (q.4730 pr. zuprul). Un custode apre il piccolo tempio consentendo di vedere e fotografare la "Caverna del lavoro miracoloso" creata da Milarepa, con le impronte della sua testa e delle sue mani sul basso soffitto. La statua del santo poeta taumaturgo è in una nicchia, ma invano cercherete il tridente di pietra (Mila Changka) ormai trafugato! Nel pianoro sotto il monastero c'è una guest house spartana con sei stanze. Possibilità di accamparsi nel prato sottostante.

    Dal monastero si scende per sassi ad un torrente (grande caverna sulla destra) poi si risale e si prosegue in saliscendi. Il sentiero è inizialmente largo. Numerosi affluenti dalla destra. Vi è anche un ponte su un torrente laterale (q.4610). Ripresa la via, si incontrano lungo il sentiero molti muri mani e diversi rangjung: generalmente sono pietre arrotondate con delle concavità, tipo coppelle dei nostri massi alpini, unte di burro dai pellegrini e interpretate come impronte di santi, divinità ecc.; l’ultima di tali pietre, poco prima di Darchen, ha una impronta a forma di fallo, circondata da mantra scolpiti! L'alveo del Dzong Chhu si restringe e forma un canyon.

    La piccola gola è attraversata da cavi con bandiere, il sentiero passa più in alto: sullo sfondo ricompaiono il Gurla Mandhata e il Raksal Tal. I pendii delle colline circostanti offrono una varietà di colori affascinante. Lunga salita di mezz'ora fino alle rocce colorate di Trang ser (ser = oro) e Trang mar (mar = rosso) e dall'alto ampia vista sulla piana di Barga e sul Rakshas Tal . Si passa accanto al quarto chhatsal ghang (chaktsel gang) raggiungendo alla fine del canyon. Il sentiero abbandona la riva del torrente e si inoltra nelle pendici deserte della vallata giungendo al bivio per il Manasarovar vicino ad un gruppo di muri mani, poi volta a destra contornando le pendici della collina. Dai muri mani a Darchen c'è ancora un'ora di cammino. Nel primo pomeriggio si raggiunge infine a Darchen.


    Inner Kora - Inner Parikrama - Nandhi Parikrama

    Kailash Inner Kora TrekIl kora interno è riservato solo ai pellegrini che hanno compiuto dodici giri attorno al Kailash o ne hanno compiuto uno nell'anno del cavallo (2002-2014-2026). Il turista può salire ai due monasteri posti nella valletta sopra Darchen.

    Si può fare in tre giorni, ma anche in due e c'è qualche escursionista che l'ha affrontato in un solo giorno.

    Si può cercare di dormire a Silung Gompa od a Gyandrak se le autorità lo permettono. Avvicinandosi a tredici chorten occorre porre attenzione perché possono cadere pietre dalla parete. La salita al passo è su ghiaione che spesso può essere innevato.

    Si parte dalla guest house (q.4620), imboccando il sentiero che inizia alle spalle (nord) del villaggio in corrispondenza della piccola forra, attraversata da cavi con bandierine, in cui scorre il torrente. Dopo la rampa iniziale, il sentiero sale dolcemente fino a Gyandrak Gompa (q.4980, 1h30') costruzione quadrangolare disposta su una collinetta. 20 minuti dopo, si passa un colletto (q.5000) che supera il dosso che divide la valle di Gyandrak Gompa da quella di Silung Gompa. Altri 20' e si raggiunge il grande chorten (q.4910) posto, poco prima del Silung Gompa, all’imbocco della valle diretta verso la parete sud del Kailash: di qui parte l’Inner Khora, il circuito intorno al Neten Yekzum, che rappresenta il toro Nandi, visibile con la sua "schiena" scura di fronte alla residenza di Shiva. La parete sud del Kailash è strapiombante e su una cengia alla sua base si ergono tredici chorten (Serdang Chuksum) nella c.d. grotta dei Sapta Rishi (chiamata così dagli hindu), una cengia aggettante che corre lungo la parete ad una sessanta metri dalla nase. La cengia è percorribile ed vi si può salire deviando dal  Charok Phurdod La, il colle fra Kailash e Neten Yekzum. I pellegini quindi scendono ai due laghetti (Bianco e Nero) che custodiscono le chiavi della sacra montagna, per poi tornare al punto di partenza. Se l'innevamento è forte i due laghetti sono occultati nel nevaio.

    Il turista che vuole vedere la parete sud invece arriva a Silung Gompa (4930m) e da qui sale al colletto da cui raggiunge Serlung oppure, seguendo il torrente sulla destra orografica, lo guada più a valle, ricongiungendosi col sentiero per Gyandrak Gompa e torna a Darchen.

     

    Accesso
    Da Lhasa o dal Nepal dalla valle di Humla.


    Accesso dalla valle di Humla

    L'alta valle del fiume Humla Karnali ed il valico del Nara Lagna sono state aperte al turismo diretto al Kailash nel 1993. Il primo gruppo di escursionisti italiani ha valicato il confine nel 1994 guidato da Marco Vasta e da Ang Kami Sherpa. Occorre un permesso speciale di trekking e valgono le usuali norme per le zone ristrette: organizzazione di un'agenzia riconosciuta ed ufficiale di collegamento. Il percorso, di scarso interesse, consente una acclimatazione graduale ed è ottimale per l'avvicinamento alle alte quote del trekking del Kailash. L'alta valle di Humla è un territorio di transizione fra Nepal e Tibet. Numerose carovane di capre transitano sulla pista trasportando sacchetti con salgemma o riso. In alcuni villaggi si rifugiarono, dopo il 59, le famiglie tibetane di Taklakot che avevano corrispondenti commerciali in Humla. Un'area tibetana intatta è rimasta nella valle di Limi ma non sempre il governo nepalese rilascia permessi per questa enclave.

    Dall'aereoporto di Nepalgunji (120m) si raggiunge Simikot (circa 2.200m) in aereo od elicottero. Si sale ad un balcone da cui scende a quasi duemila metri per poi iniziare un tracciato in saliscendi di soli 70 chilometri che permette di guadagnare al quarto giorno il Nara La a 4.600m, in tal modo si evitano le gole impercorribili del fiume. Da qui una ripida discesa porta ad Hilsa, in riva all'Humla ed al posto di confine con la strada bianca che giunge da Taklakot (Purang) dove si svolgeranno le pratiche burocratiche con la Cina. A Kojarnath si trova un bel lamasterio intatto così come lo vide Tucci nel 1936. L'Humla Karnali nasce dalle pendici meridionali del Gurla Mandhata ed in tibetano è chiamato Mabjha Khabab, il fiume che esce dalla bocca del pavone. Spesso il trekking al Kailash è organizzato con accesso da Humla. Il ritorno può avvenire in jeep lungo la valle del Brahamaputra o da Humla. In tal caso un elicottero atterra a Yari, caserma nepalese posta prima del Nara la.


    Clima e temperature medie
    Il periodo migliore è in maggio-giugno od in settembre-ottobre. In periodo monsonico, specie ad agosto, il Kailash gioca a nascondino. Notti fredde.
    Abbigliamento
    Da quota
    Attrezzatura
    Da escursione
    Informazioni di viaggio
    Avventure nel Mondo
    Cartografia
    Non è necessaria. La classica Himalaya della Nelles Verlag è sufficiente per orientarsi nel percorso di avvicinamento.

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