Pamir Orientale Trek
27 luglio - 17 agosto 2018
|
Da Sari Mogol al Lenin peak ed al Grande Lago Nero
29 luglio 2018. dopo un sonno ristoratore, per favorire la acclimatazione una pista con numerosi guadi. Il temporale notturno lascia l'aria frizzante ed a colazione ci complimentiamo fra noi della scelta di ieri di non salire al CB. Carichiamo i bagagli e con le 4x4, dopo un periglioso guado seguiamo la pista che porta dritta verso le montagne e lunga circa trenta chilometri. Imbocchiamo una valle fra le miniere e saliamo verso Achik-Tash, nei pressi del lago Tulpar (Ozero Tulparkel) e del campo base (3.633m) del Picco Avicenna (7.134 m), più conosciuto come Pik Lenin. Questo splendido 7.000 è da anni nei programmi di AnM ed è stato salito anche dai nostri gruppi. Nei pressi del lago c'è la dependance della Guest House (3.505m; 39.50147, 72.92914): un enorme container trasformato in sala da pranzo, circondato da alcune yurte. Stiamo ad osservare un carrello (dono USAID) con pannelli solare, inverte e batterie, poi iniziamo una passeggiata sul fianco destro orografico. I CB veri e propri sono sull'altro lato della valle. Circa cinque chilometri fra andata e ritorno. pranzo nel container e poi scendiamo. Ad una curva ci fermiamo presso un casolare dove offrono pane e formaggio, sono parenti dell'autista. Sotto: Camminata verso il CB Lenin peak Clicca sul logo Wikiloc per altimetria e immagine satellite
Lasciata la valle di Sari Mogol e ripresa la Pamir Highway M41, percorriamo quello che è forse il suo tratto più spettacolare in Kirghisitan, giungendo al confine con il Tajikistan al passo Kyzl Art (4.282 m). Il fondo stradale inizia a cambiare e diventa più accidentato, correndo su un terrapieno con un rettilineo fra prati dove pascolano cavalli e bovini, Le strutture a globo che proteggevano due radar attirano l'attenzione mentre ci avviciniamo alle montagne. Poi la strada giunge a Bor Döbö con dogana kirghisa e controllo passaporti. Il primo tracciato della futura M41, fra Osh e Murgab, fu allestito dai Russi nel 1897 e pochi decenni dopo la pista giunse fino a Khorog. "Al primo posto di confine gli autisti espletano tutte le formalità (non capiremo mai quanto pagano per il nostro passaggio), incontriamo gente improbabile, la prima di una lunga serie di macchine del Mongol Rally, macchine con meno di 1200 di cilindrata, guidata da due ragazzi molto giovani. Una coppia di Olandesi con due moto che sono in via da mesi, solo gente estrema, gli unici turisti “normali” sembriamo noi… Dopo il confine entriamo nella terra di nessuno e il paesaggio diventa bellissimo. Arriviamo al secondo confine e la scena si ripete, macchine stravaganti, gente ancora di più, gran controlli da parte dei militari". Dalla relazione 2017 di Valentina Giacomini
La Strada del Pamir (ru: Pamirsky Trakt, Памирское Шоссе) tra Osh e Khorog fu completata da ingegneri militari sovietici fra il 1931 e il 1935 allo scopo di facilitare il trasporto di truppe e gli approvvigionamenti in questo remoto avamposto dell’URSS. Fino a poco tempo fa inaccessibile ai viaggiatori, questa strada ad alta quota conduce su un elevato altopiano che ricorda il paesaggio tibetano, popolato da yurte e yak e disseminato di laghi di un intenso blu. I cippi chilometrici di colore blu hanno segnata su un lato la distanza da Osh e dall'altro quella per Khorog. Affiancata dal grande reticolato costruito dall'URSS contro la Cina, la strada prosegue sulle sponde del Kara Kul (anche Kara Köl, kara : nero, kul : lago; 3.914 m). Le aree a sud ovest ed a sud del lago sono indicate come Karghushi Pamir, e prendono nome dal passo Khargush che mette in comunicazioni questo Pamir con la valle del Bartang ad ovest.
«....a causa del clima micidiale il filo spinato si deteriorava ed andava sostituito di frequente per centinaio anzi migliaia di chilometri, c'era da supporre che buona parte della industria metallurgica sovietica fosse destinata alla produzione di filo spinato». in Imperium, Ryszard Kapuściński
La M41 entra in un ambiente ancor più desertico che fa scrivere ad un viaggiatore del 19° secolo: «Non so perché mi vengono in mente le parole di apertura dell'Inferno di Dante: "...lasciate ogni speranza o voi che entrate». Qualunque idea si abbia della desolazione, deserto e aridità, la visione di Kyzyl Art supererà tutte le aspettative... "
«Chasse et exploration dans les
régions du Pamir»
Poco a sud del passo attraversiamo una zona che si estende verso ovest ed è chiamata Deserto di Markansu (Пустыня Маркансу), Долина Маркансу (Valle di Markansu), ma anche Valle dei Tornado Долина смерчей ed era temuta dai cammellieri diretti verso il bacino del Tarim che la definivano Valle della Morte (Долина смерти). Le carovane della Grande Via della Seta avevano la possibilità di attraversare le aride piane a oltre quattromila metri in questa parte nord-orientale dei Pamir. Ma era una scelta difficile: queste desolate spianate offrivano condizioni meteorologiche estreme. Oltre al freddo intenso, gli uragani, le improvvise tempeste di neve in piena estate e l'aria quasi costantemente polverosa ed i frequenti vortici simili ai tornado.
Deserto di Markansu (Пустыня Маркансу)
Il luogo assumeva un aspetto spettrale costellato come'era dai resti degli animali da soma morti quassù. Anche se Markansu indica in lingua kirghiso "ruscello", esso è secco per la quasi totalità dell'anno e la carovaniera era piena di scheletri di questi animali - principalmente cavalli e cammelli - che in alcuni punti formavano cumuli di ossa. Il clima secco e freddo portava alla mummificazione dei cadaveri e ha conservato le tracce delle passate tragedie per lunghi secoli fino agli anni "30, quando vennero rimossi al momento della costruzione della strada.
Eppure prima che quassù avanzasse la desertificazione, questi spazi erano abitati. Qui va menzionato il ritrovamento interessante: nel 1957 l'archeologo Vadim A. Ranov trovò un insediamenti neolitici di età compresa tra 9.500 e 8.500 anni (il più famoso è Oshkona - Ошхонa), il luogo abitato più alto al mondo. L'insediamento mesolitico di Oshkona risale al 8500 aC. con focolari dove sono stati rinvenuti resti carbonizzati di betulla e ginepro.
Alcuni scienziati sono convinti che a quei tempi la valle di Markansu fosse anche di seicento metri più bassa di quella attuale (cioè si è innalzata di 5 - 7 cm ogni anno), altrimenti persone e alberi non avrebbero potuto vivere quassù. I movimenti tettonici di alta velocità non sono rari in quest'area, ma non è ancora provato che la Valle del Markansu abbia realmente subito un rapido sollevamento anche se il plateau si è sicuramente sollevato in migliaia di anni (vedi anche Relations between climatic changes and prehistoric human migrations...).
Ed infine ci affacciamo sul lago Karakul. Già dalla strada comprendiamo quali siano gli spazi infiniti che ci attendono nel Pamir orientale. La luce del tramonto si riflette sulle acque del lago con le sue acque leggermente salate e i suoi uccelli migratori che in estate stazionano sulle rive mentre in direzione nord-occidentale svetta ancora la maestosità del Pik Lenin ma siamo sull'altro suo versante. Il luogo alla sera è magico.
Il Grande lago nero Il grande lago nero Creato da una meteora circa 10 milioni di anni fa, il Lago Kara-Kul (3914 m) è avvolto in un’irreale quanto misteriosa atmosfera crepuscolare. Il pellegrino cinese Xuán Zàng, che transitò in prossimità del lago nel 642 d.C., lo chiamò ‘il lago del dragone’, e sia Sven Hedin (il geografo svedese che tra il 1892 e il 1935 guidò diverse spedizioni in Asia centrale) sia l’avventuriero austriaco Gustav Krist (che dopo essere stato internato in un campo di prigionia vicino a Samarcanda girò in lungo e in largo la regione) si accamparono in seguito sulle sue rive. I kirghisi del posto chiamano questo lago, dalle acque scure e senza vita, Chong Kara-Kul (grande lago nero), paragonandolo al Kishi Kara-Kul (piccolo lago nero) situato lungo la Strada del Karakoram in Cina, ai piedi del Muztag Ata. Sebbene sia lievemente salato, il lago ghiaccia ed è coperto dalla neve fino alla fine di maggio. Il lago è in russo, Караку́ль, toponimo che talvolta viene usato per indicare il villaggio), in tajico Қарокӯл derivato del turco «чёрное озеро», ovviamente "lago nero" che ha sostituito l'antico toponimo tajico di Siob, ed in kirkiso pure lago nero. Il Karakul si trova all'interno di una depressione circolare interpretata come un cratere da impatto con un diametro 52 chilometri, Il cratere è relativamente recente: la sua età è stimata variamente come 25 Ma , o almeno di 23 Ma, ma più probabilmente probabilmente nel Pliocene (da 5,3 a 2,6 Ma). Anche il database di impatto sulla terra (EID) lo elenca più giovane di 5 Ma o durante il Pliocene. È più grande dell'impatto di Eltanin (2,5 Ma), che è già stato suggerito come concausa al raffreddamento ed alla formazione della calotta glaciale nell'emisfero settentrionale durante il Pliocene. La struttura dell'impatto Karakul è stata identificata per la prima volta intorno al 1987 attraverso studi di immagini prese dallo spazio. Erroneamente alcune guide (come la Brandt) riportano il nome di Vittoria, ma in realtà questo nome venne proposto per lo Zurkul al quale, in un comprensibile scambio, venne attribuito il nome di lago nero.
Stazioni archeologiche di Karaart I e II (visitate con luce migliore al ritorno) Il termine geoġlifo (geo e gr. γλυϕή «intaglio») fa subito pensare alle grandi linee di Nazca. Niente di tutto questo: a Karaart troveremo dei ciottoli di differente colore che delineano delle figure geometriche sul terreno semisabbioso. La stazione archeologica è situata a un chilometro di distanza dall'alpeggio di Karaart (Караарт), vicino alla M41, otto chilometri a nord del villaggio di Karakul. Il primo complesso, Karaart I, è composto da 16 figure e 4 kurgan (tombe). Diversi ciottoli rocce colorate (bianco e nero) sono state posizionate in formazioni triangolari doppie divise in 4 parti. Le rocce più grandi e più scure segnano i perimetri. Le misure variano da 10 a 30 m di lunghezza a 6 - 8 m di larghezza. Rispetto a quelli di Shurali (visibili nel viaggio Pamir 4x4), i geoglifi sono di qualità molto inferiore e mostrano motivi leggermente diversi. Il rapporto fra le due località, tuttavia, non può essere negato.
A nord-ovest della stazione Karaart I si trova una necropoli di 21 tombe accompagnata da tre geoglifi, studiata come Karaart II. Nell'estate del 2003, una squadra guidata da Mira Alekseyevna Bubnova intraprese degli scavi su alcuni di questi kurgan. I corpi ritrovati erano collocati in sepolcri formati da lastre di scisto ed alcune erano coperte da un tetto di legno. Una tomba conteneva le ossa di due donne. Tra gli oggetti trovati nella tomba vi erano una piccola forcina di legno (forse una matita per contorno occhi), una ciotola fatta di porcellana, vetro, turchese e lapislazzuli, perline, due braccialetti in lega di rame e frammenti di pelle. I corpi giacevano orientati da ovest a est. La tomba di un uomo conteneva frammenti di un coltello di ferro, una punta di una freccia fatta di lega di rame e ossa di pecora. Le pietre, formando il primo tumulo, coprivano le camere tombali. Un primo cerchio di rocce e poi un secondo cerchio con un raggio di un metro racchiudeva il tumulo. L'intera struttura fu quindi coperta dalla terra. Due file di rocce diramantesi dal cerchio esterno fungevano da ingresso simbolico al monumento. Queste costruzioni e i riti sepolcrali a loro associati rivelano che i manufatti della tomba sono arrivati da varie aree del Pamir. I kurgan sono attribuiti al periodo Saka tra l'VIII e il III secolo a.C. Nel costruire un percorso per la visita delimitato da pietre, qualche ingenuo locale ha notato che la loro disposizione attorno a quattro cumuli rammentava una clessidra e prontamente qualcuno ha composto la parola clock (orologio) con dei sassi. C'è solo da sperare che nessun autista abbia pensato bene di passare con le ruote sui geoglifi, ma non temere, il camion che ha solcato le linee di Nazca è un buon esempio...
Chong Kara Kul, il grande lago nero
Poco prima del villaggio di Karakul, che si trova in prossimità della zona di sicurezza del confine cinese, c’è un posto di controllo passaporti non sempre attivo. Karakul (Қарокӯл, Qarokŭl, Karakul', Қарокул, قرهکول, Кара-Көл, Кара-Көл, قرهکول, Қарoкул), a ridosso del lago, è l’unico insediamento degno di nota in questa zona ed è il villaggio dove possiamo alloggiare.
Clima Karakul - Қарoкул A Karakul - Қарoкул si trova un clima freddo e temperato. Esiste una piovosità significativa durante tutto l'anno. Anche nel mese più secco si riscontra molta piovosità. La classificazione del clima è Dfb come stabilito da Köppen e Geiger. -3.0 °C è la temperatura media. La media annuale di piovosità è di 269 mm. Il mese più caldo dell'anno è Luglio con una temperatura media di 10.5°C. La temperatura più bassa di tutto l'anno è in Gennaio, dove la temperatura media è di -18.8 °C. La differenza tra le precipitazioni del mese più secco e quelle del mese più piovoso è 29 mm. Nel corso dell'anno le temperature medie variano di 29.3 °C. Settembre è il mese più secco con 11 mm. In Maggio cade la maggior parte delle precipitazioni, con una media di 40 mm.
Una leggenda del lago Karakul “Faceva molto caldo quando un viaggiatore arrivò al posto chiamato Kol Bashy ("La foce del lago") sul Lago Karakul. Il viaggiatore era arrivato da lontano ed era stanco, così levò la sella dalla sua giumenta per lasciarla pascolare. Anche lui si riposò sull'erba accarezzato da una leggera brezza che soffiava dal lago e presto si addormentò. All'improvviso, qualcosa lo svegliò. Balzò in piedi e notò uno stallone grigio, che presumibilmente era fuggito, vicino alla sua cavalla. Tornò a dormire e poi fece cena prima di riprendere il viaggio. Chiamò la sua cavalla senza successo, allora la rincorse e lottò un po' per prenderla e sellarla prima di partire. Alcuni mesi dopo la sua giumenta diede alla luce un puledro grigio, come quello che avea visto al lago Karakul. Il puledro divenne forte e fu presto il miglior corridore della regione. Tutti nella zona riconoscevano il mantello grigio d erano stati stupiti dalla sua bellezza e statura. Il proprietario, divenne orgoglioso, vide un'opportunità per possedere altri puledri. Così sellò ancora una volta la giumenta e il suo nuovo puledro e si mise in viaggio verso Karakul per cercare lo stallone. Tornò al lago nello stesso punto e liberò i cavalli, poi si nascose. Tuttavia, presto si addormentò prima di essere svegliato da uno strano rumore. Aprì gli occhi per scrutare le onde sul lago. Al crepuscolo, scorse di nuovo lo stallone grigio, ma questa volta stava uscendo dalle onde del lago. Arrivò a riva, quindi attirò la giumenta e la montò prima che tutti e tre tornassero nel lago, scomparendo rapidamente tra le onde." "Legends of Sarykol" di Sultan Parmanov e Suyuntbak Tajidinov, 2007
La popolazione ama credere che il cavallo grigio viva ancora nel lago.
|
|||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
|
Visitatori in linea: 9514 984 persone hanno letto questa pagina |