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Solu Numbur Trek
31 ottobre - 16
Novembre 2019
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Notte un po' disagiata ma non troppo. Dopo colazione consegniamo i sacconi ai portatori che si avviano allegramente sul sentiero in ripida discesa. La traccia taglia una grande curva della strada che abbiamo percorso ieri e la incrociamo ripetutamente. Con me sono due portatori che mi aiutano anche in alcuni passaggi perché la strada è ancora in parte in costruzione e quando taglia l'antico sentiero vi sono dei salti da fare. C'è anche Carlo che è meno affaticato di me, ma per sicurezza procede lentamente poi mi sorpassa e raggiunge il gruppo.
Procediamo verso Sarima (2.224m) passando accanto ha una parete rocciosa (rock honey bee) dove un tempo si trovavano degli alveari, ma il raccolto del miele non viene più effettuato e gli alveari sono stati abbandonati. Gli sciami sono stati trasferiti presso degli alveari costruiti dall’uomo, peccato perché era una pratica abbastanza diffusa e molto fotografata tant'è che sono stati pubblicati alcuni libri e girati documentari su gli honey hunter, i cacciatori di miele.
Sarima ha varie frazioni, tant’è che nella mia mappa mentale ho individuato Sarima ovest e Sarima est dove ci sono alcuni negozi e dove trovo il gruppo con Carlo che ha avuto un calo di pressione ed una sorta di svenimento. Si riprende presto e cammina ancora con noi. Dopo Sarima il cammino prosegue sulla strada rotabile che sale dolcemente verso la nostra destinazione. Il villaggio non è proprio vicino e quando ci raggiunge il pick up che porta il bagaglio arrivato a Kathmandu ieri mattina. Sul cassone c’è Dawa, portatore che lo ha aspettato a Salléri. Dawa faceva parte dello staff di Luca D’Intino che ha accompagnato il gruppo attraverso il Rolwaling ed il Renjo pass per scendere fino a Phaplu. Aajay mi fa accomodare e lo faccio volentieri. Per strada salgono anche Franco e Carlo e arriviamo un po' prima del gruppo a Khastap.
La home stay è composta da due edifici: il primo dove ci sono magazzini al pian terreno e sopra la cucina con l'abitazione dei proprietari e la sala mensa e il secondo edificio dove al pian terreno vi era un magazzino e al primo piano e nel sottotetto alcune stanze. Franco ed io ci sistemiamo a pian terreno che è proprio terreno nel senso che il pavimento non esiste ma è di terra battuta. Gli altri sono ai piani superiori. C’è anche una latrina poco distante in mezzo al giardino fra i fiori. Chiedo a Dawa di cercare ed acquistare birre, cocacola ed acqua in bottiglia per un partecipante, poi siamo invitati ad un “cultural show” organizzato il nostro onore.
Non amo molto queste manifestazioni ma gli abitanti sono molto orgogliosi di mostrarcelo, per questo attraversiamo il villaggio che è sparso su un pendio e saliamo al plesso scolastico della Kanku Higher Secondary School. Ci accomodiamo nella sala riunioni e ascoltiamo la presentazione da parte del direttore che ci omaggia con la kata e poi dobbiamo salire su un palco dove sono disposte delle sedie ed assistiamo a questa danza caratteristica.
Gli abitanti del villaggio sono di etnia khaling e, ovviamente, parlano kaling. In primavera, nel corso di una festa detta wass, si esibiscono in una danza con una gestualità che mima le fasi della semina e del raccolto. I danzatori sono in costume, e comprendiamo dai gesti che quello che vogliono narrare. Siamo più fortunati della esibizione eseguita per la ricercatrice di cui ho trovato la comunicazione perché i danzatori si esibiscono ripetutamente e sembrano pure contenti della esibizione.
Davanti alla tribuna viene sistemato un cesto di vimini (chiamato polu, lang, dell a seconda delle funzioni, ma il più bello è sicuramente il gogro, usato come culla per trasportare i neonati) ed infisso un paletto nel terreno. I danzatori entrano in corteo nel pratone primi i musici vestiti da nepalesi con l’abito bianco seguiti dalle donne con l’abito caratteristico dei khalinga. Si dispongono davanti a noi con il capo dei danzatori che mostra agli altri ballerini i movimenti da eseguire. I gesti che sicuramente comprendiamo sono quelli della piantumazione del riso e della raccolta del grano. Potrebbero esserci anche l’impastare il pane e della disposizione dei fiori.
Al termine, la cerimonia di accoglienza prevede che ognuno di noi riceva un'altra kata e offra pubblicamente una piccola donazione. L’evento è stato organizzato dal signor Jash Rai del vicino villaggio di Waku che sta studiando di promuovere il turismo fra questi i villaggi che sono fuori del flusso turistico del Khumbu. A Waku, dopo il terremoto è stata ricostruita ed ampliata la Sagarmatha Secondary School. Il villaggio è stato scelto dal Monviso Nepal Foundation ONG e da altre onlus italiane proprio perché fuori dai percorsi di trekking.
Come per tutti i villaggi nepalesi è difficile vivere e sopravvivere a Khastap perché ci sono molti problemi: comunicazione, igiene, assistenza sanitaria adeguata, assenza e indisponibilità di macchinari, crescente scarsità di terreni adatti alla coltivazione, disboscamento, accesso a combustibili alternativi per cucinare. Più dell'80% del popolo nepalese dipende dall'agricoltura tradizionale e dal mantenimento di un minimo di bestiame nelle regioni collinari del paese. Da tempo immemorabile, il popolo Khaling vive nella valle del Dudh Kosi nei VDC (Village Developmente Committe) di Basa, Kaku, Waku, Pawai, Jubing e Taksindo.
Fino ad una generazione fa erano soliti recarsi a Namche Bazaar per barattare il grano con il sale dal Tibet. Emigravano anche a Darjeeling e in Sikkim per guadagnare soldi e vedere un paese straniero mentre lavoravano nelle piantagioni di tè, come portatori di arance o nella costruzione di strade e nel taglio del legname. Altri si arruolano nei reggimenti Gurkha degli eserciti britannico e indiano. Con i soldi che guadagnati, di solito comprano vestiti e gioielli per le loro famiglie. In questo modo, possono tuttora aumentare il magro reddito dall'agricoltura.
Dopo ritorniamo a casa passando da un negozietto dove acquistiamo qualche cosa non mi ricordo cosa e siamo pronti per la cena nella home stay. Quando la ricercatrice e giapponese Ingrid Toba ha effettuato le ricerche ai primi anni 70, il villaggio contava 75 nuclei famigliari, quattro famiglie di fabbri ed un sarto.
Légendes et coutumes des Khaling Rai, Yadav Kumar Rai , Bechet Marc.
Un autre Népal, Les Khaling Rai de Basa Rapch, Béchet Marc.
Khaling-Nepali-English Phrasebook, Noriko Matsuura.
A Khaling-English, English-Khaling Glossary, Sueyoshi Toba, Ingrid Toba, Un. Press, Tribhuvan Uni, 1975 - 86 pagine
Folk Art and Culture Change as Observed in Khaling Village, Ingrid Toba.
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