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Lhasa Tibet Breve

1-18 agosto 2024

con AnM e Marco Vasta nel Paese delle nevi

 

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Queste pagine sono una ipotesi di percorso che verrà predisposto in base al
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Jokhang ཇོ་ཁང་

Lhasa e la valle del Kyi Chu

Su ] Potala པོ་ཏ་ལ ] [ Jokhang ཇོ་ཁང་ ] Barkhor ར་སྐོར་ ] Drepung ] Shoton ] Sera ] Ganden ] Norbulinka ] Moschee ] Dolma Lhakang ]

 

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Segni di incendio MV©1986

Chiamato in tibetano anche Tsuglhakhang, il Jokhang è l’edificio sacro più venerato del Tibet. La visita di questo monastero, pervaso dall’odore intenso del burro di yak e animato dai fedeli che, con gli occhi sgranati, procedono strascicando i piedi e mormorando mantra, è una delle esperienze più autentiche che si possano vivere in Tibet.

 

Si ritiene che il Jokhang sia stato costruito tra il 639 e il 647 d.C. La costruzione fu avviata dal re Songtsen Gampo per ospitare una statua di Mikyöba (il Buddha Akshobhya), portatagli in dote dalla sua sposa nepalese, la principessa Bhrikuti. Il Tempio di Ramoche risale allo stesso periodo e fu edificato per accogliere l’immagine del Buddha Jowo Sakyamuni, portata in Tibet dalla moglie cinese, la principessa Wencheng. Si pensa che, dopo la morte di Songtsen Gampo, la statua di Jowo Sakyamuni sia stata rimossa dal Tempio di Ramoche e nascosta nel Jokhang dalla principessa Wencheng, allo scopo di proteggerla. Da allora, l’immagine più venerata di tutto il Tibet è sempre rimasta nel Jokhang (o Jowokhang, ossia ‘cappella di Jowo’).

Nel corso dei secoli il Jokhang è stato sottoposto a numerosi interventi di restauro, ma l’impianto è rimasto quello originale e si distingue da quello di molti altri edifici sacri tibetani. Una differenza fondamentale è l’orientamento della struttura lungo l’asse est-ovest: si dice che sia stata rivolta verso il Nepal in onore della principessa Bhrikuti. Della costruzione originaria del VII secolo rimangono soltanto alcuni pilastri scolpiti e gli archi d’ingresso, realizzati dagli artigiani newari provenienti dalla Valle di Kathmandu.

Nella prima fase della Rivoluzione Culturale, gran parte dell’interno del Jokhang fu profanata dalle Guardie Rosse, e si dice addirittura che una sezione fu utilizzata come porcile. A partire dal 1980 il Jokhang è stato restaurato e, a meno di non essere molto esperti in fatto di architettura tibetana, è difficile individuare i segni dei danni subiti dal tempio negli ultimi anni.

 

Piano terra

L’ingresso del Jokhang è preceduto da un cortile sempre gremito di pellegrini prostrati sul selciato.

Appena varcato l’ingresso vedrete le statue dei quattro Re Guardiani (Chökyong), due su ogni lato, e proseguendo raggiungerete la grande sala delle riunioni, o dukhang, un cortile lastricato a cielo aperto nel quale, in occasione delle feste, si tengono spesso cerimonie; il trono lungo la parete sinistra veniva utilizzato dai Dalai Lama.

Vedrete una fila di pellegrini che, seguendo il circuito attorno al tempio, passa davanti all’ingresso principale del Jokhang.

Il cuore del monastero ospita le cappelle e le statue più importanti, tra cui vanno annoverate le sei statue che dominano la sala centrale. Si tratta di sculture di dimensioni superiori al naturale: in posizione predominante, sulla sinistra, è collocata una statua alta 6 m raffigurante Guru Rinpoche; sulla destra si trova la statua di Jampa (Maitreya, il Buddha del futuro), ornato da una elaborata corona. Al centro della sala, alle spalle di queste due statue, è posto Chenresig (Avalokiteshvara), dalle mille braccia. All’estrema destra vi sono altre due statue di Jampa, una dietro l’altra, e in fondo, dietro Chenresig e di fronte alla statua principale di Jowo (che vedrete dopo),  sSi trova un’altra statua di Guru Rinpoche, all’interno di una teca.

 
Sopra: portone area cappelle MV©1986
Sopra: Fedeli cortile interno MV©1986
Sopra: Fedeli davanti ingresso MV©1986
Posizione originale campana italiana  MV©1986

Lampade votive  MV©1986

Sopra: calderone burro votivo MV©1986
Praticante
 
 

Attorno a quest’area recintata, ricca di statue, sorge una serie di cappelle che i pellegrini visitano camminando in senso orario. Di solito si formano lunghe code davanti a quelle ritenute più sacre, in particolare la cappella di Jowo Sakyamuni.

I pellegrini accarezzano le porte e le altre superfici in metallo, toccano le statue con il capo, gettano semi in segno di offerta e alimentano con il burro di yak fuso migliaia di lampade votive di preghiera. L’atmosfera di profonda devozione è guastata soltanto dalla suoneria dei cellulari dei turisti.

Proseguendo in senso orario si incontrano varie cappelle. Tsongkhapa fondò l’ordine gelugpa; lo si può vedere rappresentato da una statua, seduto al centro della Cappella di Tson􀀐gkhapa e discepoli (1) e circondato appunto dai suoi otto discepoli. All’esterno si trova il grande chörten di Tagba. Le statue degli otto Buddha della medicina nella Cappella degli Otto Buddha della Medicina (2) sono recenti e non molto interessanti. La Cappella di Chenresig (3) contiene la statua più importante del Jokhang dopo quella di Jowo Sakyamuni. Secondo la leggenda, la statua di Chenresig si materializzò spontaneamente e racchiude in sé aspetti del re Songtsen Gampo, delle sue mogli e di due divinità tutelari adirate. Le porte della cappella sono fra i pochi resti dell’edificio originario del VII secolo e furono realizzate da artigiani nepalesi. Questa cappella, insieme alle quattro successive, è la più visitata dai pellegrini, perciò la fila può essere molto lunga. Nella Cappella di Jampa (4) si trovano le statue di Jampa e di quattro bodhisattva più piccoli: Jampelyang (Manjushri), Chenresig (a sinistra), Chana Dorje (Vajrapani) e Drölma (Tara). Vi sono inoltre due sculture raffiguranti Öpagme (Amitabha) e Tsongkhapa, nonché due chörten, uno dei quali conserva le spoglie mortali dello scultore che realizzò le opere.

La statua custodita all’interno della Cappella di Tsongkhapa (5) fu commissionata da Tsongkhapa stesso, e si dice che gli somigli moltissimo. È la statua che campeggia in cima agli scalini dell’alcova di legno, al centro.

La Cappella del Buddha della Luce Infinita (6) è la seconda cappella consacrata a Öpagme (cioè Amitabha, il Buddha della luce infinita). L’ingresso, impreziosito da magnifiche porte dalle raffinate incisioni, è protetto da due temibili divinità: Tamdrin (Hayagriva) è la scultura rossa sulla destra, mentre Chana Dorje (Vajrapani) è quella blu sulla sinistra. Vi sono anche le statue di otto bodhisattva. I pellegrini di solito qui pregano di non avere impedimenti durante la visita alla immagine più sacra del Jokhang, quella di Jowo Sakyamuni, che li attende nella cappella successiva.

Fuori della cappella, sulla destra, si notano le statue del re Songtsen Gampo con le due mogli e quella di Guru Rinpoche (alle sue spalle).

 I due Jowo

Le due statue di Jowo sono il Jowo Mikyo Dorje del Buddha Akshobhya e il Jowo Shakyamuni Rinpoche (tib.:  ཇོ་བོ་རིན་པོ་ཆེ del Buddha Shakyamuni.

Il Jowo Mikyo Dorje è stato realizzato in Nepal e portato in Tibet intorno al 622 dalla principessa nepalese Bhrikuti, a cui è attribuita la diffusione del buddhismo in Tibet  e venne  collocato nel Jokhang, costruito appositamente nel 640 circa per la statua.

Il Jowo Shakyamuni Rinpoche fu portato in Tibet più tardi dalla principessa Wencheng della Cina Tang, ed è una grande statua del VII secolo del Buddha Gautama per la quale fu costruito il Ramoche.

Entrambe le statue Jowo hanno influenzato la tradizione dell'arte tibetana e sono le statue più sacre del Tibet. Le posizioni delle statue sono state invertite e il Jowo Shakyamuni è ospitato nella cappella Jokhang del tempio Rasa Trulnang Tsuklakhang, e il Jowo Mikyo Dorje è nel Ramoche, entrambi a Lhasa.

 

Jowo, che storia confusa!

 

Il Jowo Rinpoche ha una lunga storia. Secondo la leggenda tibetana, il Buddha Shakyamuni chiese all'artigiano divino di creare una sua effige destinata a finire in Tibet. Divenne di proprietà del re di Magadha, che lo diede a un imperatore Tang della Cina. Una delle figlie di un membro del clan dell'imperatore, Wenchen Kongjo, lo portò a Lhasa via Lhagang come parte della sua dote quando divenne una consorte straniera del 33° re tibetano Songtsen Gampo. Durante il regno di Mangsong Mangtsen (649-676), a causa della minaccia che i cinesi Tang potessero invadere e rubare il Jowo, si dice che la principessa Wencheng abbia nascosto il Jowo Rinpoche in una camera segreta nel Tsuglakhang. Una successiva principessa cinese lo fece collocare nella cappella centrale del Jokhang, qualche tempo dopo il 710 d.C. Fu sostituita a Ramoche da una statua di Jowo Mikyo Dorje, una piccola statua in bronzo del Buddha quando aveva otto anni, realizzata da Vishvakarman e portata a Lhasa dalla regina nepalese Bhrikuti. Jowo Mikyo Dorje fu gravemente danneggiato dalle Guardie Rosse durante la Rivoluzione Culturale.

Il tempio Ramoche fu sventrato e parzialmente distrutto negli anni '60 e la statua in bronzo scomparve. Nel 1983 si dice che la parte inferiore sia stata ritrovata in un mucchio di rifiuti di Lhasa, e la metà superiore a Pechino. Ora sono stati uniti e la statua è ospitata nel Tempio Ramoche, che è stato parzialmente restaurato nel 1986, e presentava ancora gravi danni nel 1993.
Il restauro del Jowo Mikyö Dorje è stato possibile grazie a Ribur Rinpoche (1923–2006), un venerato Lama che fu incarcerato dall'esercito cinese nel 1959 per 20 anni a Lhasa e rilasciato nel 1979 in connessione con la politica di liberalizzazione di Deng Xiaoping . Ribur Rinpoche ottenne un posto presso l'Ufficio per gli affari religiosi del Tibet e iniziò i tentativi di riportare indietro i sacri tesori spirituali che erano stati portati in Cina. Nel 1983, con l'aiuto del 10° Panchen Lama, riuscì a ritrovare la parte superiore del Jowo Mikyö Dorje e a restituirla al Tibet. Il Panchen Lama ha spiegato al governo cinese quanto sia sacro il valore del Jowos per i tibetani e che la loro risposta alla ricerca di Ribur Rinpoche avrebbe contribuito a dimostrare la sincerità delle nuove politiche religiose cinesi

Considerata la più importante del Tibet, la Cappella di Jowo Sakyamuni (7) ospita una statua di Sakyamuni all’età di 12 anni, portata in Tibet dalla principessa Wencheng. Vi si accede da un’anticamera presidiata dai quattro Re Guardiani, i due a sinistra sorridenti, quelli a destra accigliati. All’interno si trovano le statue delle divinità tutelari Miyowa (Achala) e Chana Dorje (Vajrapani, quella blu). Il tetto, che rivela nello stile l’influenza dell’architettura newari, è decorato da numerose campane di grosse dimensioni. Sfregandolo di continuo a fini rituali, generazioni di pellegrini hanno levigato il portone scolpito che immette nella cappella. Alta un metro e mezzo, la statua di Sakyamuni è adorna di seta, gioielli e pietre preziose ed è circondata da pilastri d’argento decorati con draghi; il baldacchino che la protegge, anch’esso in argento, fu realizzato per volere di un khan mongolo, che ne finanziò la costruzione. I pellegrini appoggiano la fronte alla gamba sinistra della statua fino a che un monaco non dà loro un colpetto sulla schiena per invitarli a proseguire.

Dietro Sakyamuni si trovano le statue del settimo e del tredicesimo Dalai Lama (quest’ultimo ha i baffi), di Tsongkhapa e di 12 bodhisattva in piedi. Uscendo, date un’occhiata alle colonne risalenti al VII secolo.

La statua di Jampa (Maitreya, il Buddha del futuro) all’interno della Cappella di Jam􀀐pa (8) è una riproduzione della scultura che giunse in Tibet come dote della principessa Bhrikuti, la moglie nepalese del re Songtsen Gampo. Intorno a questa statua vi sono otto immagini di Drölma, una dea ritenuta la personificazione dell’illuminazione, fine ultimo di ogni buddhista; il suo ruolo è quello di proteggere la mente dalle otto paure, simboleggiate dalle otto statue. Si notino le pregevoli porte scolpite. Uscendo dalla cappella, osservate le statue delle divinità hindu Indra e Brahma, che non ci si aspetterebbe di trovare proprio qui. Nella Cappella di Chenresig a Cavallo di un Leone (9), la statua di Chenresig in groppa a un sengye (leone delle nevi) è la prima a sinistra (non è la più grande fra quelle presenti nella sala). La maggior parte delle altre statue raffigura aspetti diversi di Chenresig.

All’uscita da questa cappella, alcuni pellegrini salgono una rampa di scale che li conduce al piano superiore, mentre altri completano il circuito al piano terra. A meno che non ne abbiate avuto abbastanza (in fondo, avrete ormai visto le cappelle più importanti), proseguite al piano superiore, ma prima cercate di individuare un piccolo foro nel muro a sinistra dell’uscita; i pellegrini ci appoggiano l’orecchio per ascoltare il battito delle ali di un mitico uccello o lo sciabordare delle acque del Lago Wothang, su cui fu costruito il Jokhang.

Nel Tempio di Guru Rinpoche (10), vicino alle scale, si possono ammirare due statue di Guru Rinpoche e una del re Trisong Detsen. Accanto al tempio si vede una pittura rupestre dorata, protetta da una lastra di vetro, che raffigura il Buddha della medicina. All’interno della Cappella di Tsepame (11) si trovano nove statue di Tsepame (cioè Amitayus, il rosso Buddha della longevità), nella posizione yabyum (amplesso mistico).

La Cappella di Jampa (12) custodisce la statua di Jampa che un tempo veniva portata in processione intorno al Barkhor il 25° giorno del primo mese lunare, in occasione della festa di Mönlam. Si ritiene che questa esposizione annuale della statua di Jampa avesse lo scopo di accelerare l’arrivo del Buddha del futuro. Affiancano il Buddha Jampelyang e Chenresig.

La cappella è anche chiamata Cappella della Capra Sacra (Ramo Gyalmo) per la sagoma grezza di una capra che si può scorgere in un angolo, accanto alla raffigurazione del dio della ricchezza Zhambhala; secondo la tradizione, questa scultura si sarebbe materializzata da sé, cioè non sarebbe opera umana.

La Cappella del Jowo Nascosto (13) è il luogo in cui la principessa Wencheng avrebbe nascosto la statua di Jowo Sakyamuni per proteggerla dopo la morte del marito, sottraendola alla reazione antibuddhista che ne seguì: nella parete orientale si può tuttora vedere la nicchia in cui probabilmente fu preservata la scultura. All’interno vi sono le statue di Öpagme (Amitabha) e degli otto Buddha della medicina, riconoscibili dalle capigliature di colore blu.

L’ultima delle cappelle del piano terra è la Cappella dei Re (14), che presenta statue originali dei primi sovrani del Tibet. Quella centrale raffigura Songtsen Gampo, affiancato dai re Trisong Detsen e Ralpachen. I pellegrini sono soliti toccare con la testa la colonna centrale. Sul muro esterno della cappella si può vedere un interessante dipinto che illustra la costruzione del Jokhang e del Potala: la scena, molto articolata, include musicisti, danzatori, lottatori, sollevatori di pesi e cavalieri impegnati in gare.

 

Primo piano

 

Songtsen Gampo e consorti

La campana di Orazio da Penna Billi

La campana di Orazio da Penna Billi
Franco Rivetta
© 1987

Completata la visita alle cappelle del piano terra, dovrete ritornare, girando sempre in senso orario, alla rampa di scale che porta al piano superiore del Jokhang, anch’esso circondato da cappelle (alcune però sono chiuse).

a visita al secondo piano è per me legata alla campana di Orazio da penna Billi, che narro nell'articolo La campana ferita.

All’inizio del circuito si susseguono diverse sale restaurate di recente: all’interno si trovano varie icone di Sakyamuni (15, 18), affiancato dai suoi due discepoli principali, e una raffigurazione degli otto Buddha della medicina (17). La Cappella di Lamrin (16), vicino all’angolo sud-orientale, accoglie Pabonka Rinpoche, Sakyamuni, Tsongkhapa e Atisha (Jowo-je), mentre all’angolo sud-occidentale sorge la Cappella dei Cinque Protettori (19), che contiene statue minacciose di Tamdrin (Hayagriva) e altre divinità custodi; nella suggestiva anticamera ascolterete il suono di percussioni tantriche.

Accanto si trova la Cappella dei Tre Re (20), dedicata a Songtsen Gampo, Trisong Detsen e Tri Ralpachen. In questa sala sono presenti anche le statue delle due mogli di Songtsen Gampo, di vari ministri e di emblemi del potere regale come l’elefante e il cavallo. Merita un’occhiata anche la Cappella di Songtsen Gampo (21), la più importante delle cappelle del Jokhang dedicate a questo re: è situata al centro del muro occidentale (direttamente sopra l’ingresso all’area sacra del piano terra). La statua del sovrano, che indossa un turbante da cui sporge un piccolo Buddha ed è ornata da numerosi gioielli, è affiancata da quelle delle due consorti, la moglie nepalese a sinistra e la cinese a destra. In occasione della festa di Palden Lhamo, le famiglie tibetane fanno la fila davanti al contenitore reale di chang (birra d’orzo), decorato con rilievi in argento e posto all’esterno della cappella, per offrire in dono la loro prima produzione di birra fatta in casa.

Quasi tutte le altre sale sono chiuse da inferriate, a parte la cella di meditazione (22) nella Cappella di Songtsen Gampo, situata presso l’angolo nord-orientale di questo piano, che ha una porta magnificamente scolpita che nel corso degli anni è stata coperta di burro di yak. I dipinti murali a destra della porta raffigurano il Jokhang. Tornando verso le scale notate l’insolita serie di travi scolpite che raffigurano creature per metà leone e per metà scimmia.

Subito prima delle scale vi sono due cappelle, la Cappella di Guru Rinpoche (23) e la Cappella di Samvara (24), cui si accede da porte ad arco sulla cui intelaiatura sono raffigurati Samvara e consorte, entrambe risalenti al VII secolo. Prima di lasciare il primo piano scendendo le scale nell’angolo sud-orientale, si può salire ancora di mezzo piano per vedere due statue della dea protettrice Palden Lhamo, raffigurata in un caso in atteggiamento benevolo, nell’altro adirato. C’è pure una foto dell’oracolo di Nechung. Talvolta è anche possibile accedere a una cappella tantrica situata al secondo piano. Dopo aver esplorato l’interno del Jokhang, è d’obbligo una sosta rilassante sul tetto, che offre una magnifica vista sulla Piazza del Barkhor. L’edificio arancione situato sul lato settentrionale un tempo ospitava le stanze private del Dalai Lama.

Per concludere, fate una passeggiata lungo il kora del Nangkhor, il circuito di pellegrinaggio che cinge l’area sacra del Jokhang. Se non siete troppo stanchi, potete dare un’occhiata veloce alla Cappella di Drölma (25), in cui la dea è raffigurata in 23 delle sue molteplici manifestazioni, incluse la Drölma bianca e quella verde. Talvolta i pellegrini visitano anche la Cappella di Guru Rinpoche (26), situata alle spalle del kora e costituita da tre templi collegati fra loro, pieni di statue del santo.

 

 

 

 

 

 

 

La rivoluzione culturale

È proprio a causa dell'importante duplice ruolo del Tempio Jokhang sia negli aspetti religiosi che secolari che divenne un obiettivo chiave del "Distruggere i Quattro Vecchi" durante la Rivoluzione Culturale. Nell'agosto del 1966, le Guardie Rosse di Lhasa arrivarono al Tempio di Jokhang e lo saccheggiarono. Secondo le immagini e il testo di "Forbidden Memory", il Tempio di Jokhang subì una distruzione senza precedenti: un gran numero di abiti, scritture, statue di Buddha, ruote Mani, vennero fracassati, distrutti e bruciati. Tutti i tipi di parole offensive scritte vennero scritte sulle cornici. Tutto l'oro, l'argento, i gioielli, la seta e il raso asportati. Anche l'oro dipinto sul suo corpo e sul viso fu raschiato via, e persino un cuore nudo incastonato nella fronte du yna statua del Buddha.

Non si sa chi portò via le innumerevoli gemme preziose e gli antichi orecchini d'oro; furono portati via anche tutti gli oggetti nascosti all'interno delle statue di Buddha...

Successivamente, nel 1967, l'esercito di stanza nel Jokhang, portò via i restanti strumenti religiosi, statue di Buddha ed altre statue di Buddha furono distrutte. Molte delle sale furono trasformate in recinti dove venivano allevati molti maiali, mentre le sale al piano superiore fu trasformata in un dormitorio per i soldati.

Un monaco che all'epoca consegnava mangime per i maiali racconta: "Hanno trasformato un angolo del Jokhang in una toilette e abbiamo potuto vederli fare pipì per terra; un'altra parte del tempio di Jokhang è stata trasformata in un macello di bestiame". Anche na Guardia Rossa successivamente testimoniò: "Oltre ad essere utilizzato come porcile, il Tempio Jokhang veniva utilizzato anche come macello, dove i maiali venivano uccisi e squartati"

. Nella Seconda Pensione del Comitato Municipale del Partito di Lhasa, poterono alloggiare quadri e gente comune proveniente da tutte le regioni del Tibet e dalle contee vicine che venivano a Lhasa. Di conseguenza, i murali sulle pareti del tempio furono gravemente danneggiati dalle fiamme e dal vapore acqueo del tè al burro.

Nel 1972, con il mutare della situazione internazionale, le relazioni tra Cina, Giappone e Stati Uniti migliorarono. Per cambiare la loro immagine internazionale, i massimi leader del Partito Comunista Cinese ordinarono la ricostruzione del Tempio del Jokhang. Tuttavia, i restauratori non sapevano esattamente quali statue del Buddha avrebbero dovuto essere collocate nelle cappelle. Alla fine, restaurarono il primo piano con l'aiuto di un eminente monaco che era stato criticato come "un demone e un demone". Tutti i progetti di ricostruzione furono completati nel 1980.

Dopo la ricostruzione, il Tempio Jokhang ha ripristinato la sua atmosfera piena di incenso. Tuttavia, le statue del Buddha non sono più quelle di una volta, i murali non sono più quelli di una volta e le persone che gestiscono i templi non sono più gli eminenti monaci di una volta venuti ad adorare devotamente il Buddha ma sono le stesse persone che distrussero il Jokhang.

 

L'incendio del 2018

Nel 2000, il Jokhang è diventato patrimonio dell'umanità dell'UNESCO come estensione del Palazzo del Potala (patrimonio dell'umanità dal 1994) per facilitare gli sforzi di conservazione. Il tempio è elencato nel primo gruppo delle Unità statali di protezione culturale ed è stato classificato come sito turistico di livello 4A.

Nel 2000, il Jokhang è diventato patrimonio dell'umanità dell'UNESCO come estensione del Palazzo del Potala (patrimonio dell'umanità dal 1994) per facilitare gli sforzi di conservazione.[ Il tempio è elencato nel primo gruppo delle Unità statali di protezione culturale ed è stato classificato come sito turistico di livello 4A.

Il 17 febbraio 2018, il tempio ha preso fuoco alle 18:40. (ora locale), prima del tramonto a Lhasa, con l'incendio che durerà fino a tarda sera. Sebbene sui social media cinesi siano state diffuse foto e video dell’incendio, che mostravano il tetto della grondaia di una sezione dell’edificio illuminato da ruggenti fiamme gialle ed emettendo una foschia di fumo, queste immagini sono state rapidamente censurate e scomparse.

Il quotidiano ufficiale Tibet Daily ha brevemente affermato online che l'incendio è stato "rapidamente spento" senza "morti o feriti" a tarda notte, mentre il People's Daily ha pubblicato le stesse parole online e ha aggiunto che non c'erano stati "nessun danno alle reliquie" il tempio; entrambi questi rapporti non contenevano foto.[1] Il tempio è stato temporaneamente chiuso dopo l'incendio ma è stato riaperto al pubblico il 18 febbraio, secondo l'agenzia di stampa ufficiale Xinhua.[2] Ma i drappi gialli erano stati appesi di recente dietro l'immagine centrale del tempio, la statua di Jowo. E a nessuno era permesso entrare al secondo piano del tempio, secondo la fonte del servizio tibetano di Radio Free Asia.[3] L'incendio ha bruciato un'area di circa 50 metri quadrati. Secondo Xinhua, la cupola dorata del tempio era stata rimossa per proteggerla da eventuali crolli e attorno alla statua di Jowo erano stati aggiunti supporti protettivi.[4] Il 19 febbraio 2018, i sostenitori del Dalai Lama con sede in India hanno riferito resoconti di testimoni oculari secondo cui "la fonte dell'incendio non è la cappella Jowo ma da una cappella adiacente all'interno dei locali del tempio Jokhang conosciuta in tibetano come Tsuglakhang" e confermando che c'erano " nessuna vittima e nessun danno alla proprietà deve ancora essere assicurato."[5]

  1. Buckley, Chris (17 February 2018). "Fire Strikes Hallowed Site in Tibet, the Jokhang Temple in Lhasa". The New York Times.

  2. "Fire-hit Jokhang temple streets reopen after blaze at Tibet holy site". AFP. 19 February 2018.

  3. Finney, Richard (2018-02-20). "Tibet's Jokhang Temple Closes For Three Days, Raising Concerns Over Damage". Radio Free Asia.

  4.  "China says fire in sacred Tibetan monastery not arson". The Associated Press. 22 February 2018.

  5.  "Contrary to Reports, Fire not at Jokhang Chapel". Central Tibetan Administration. February 19, 2018.

Ultima modifica: 23/06/2024 21:19:52

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