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Lhasa Tibet Breve

1-18 agosto 2024

con AnM e Marco Vasta nel Paese delle nevi

 

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La valle del Kyi Chu e Lhasa

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Barkhor ར་སྐོར་ ར་སྐོར་

Il Barkhor (Bākuò), è un quadrilatero di strade che circonda il complesso del Jokhang. Si tratta di una zona che non ha eguali in tutto il Tibet, per il modo straordinario in cui le più sincere espressioni di fede si armonizzano con le manifestazioni di una vivace economia di mercato: quest’area è infatti al contempo il cuore spirituale della città santa e il più importante quartiere commerciale della città.

Il Barkhor è inoltre la sola zona di Lhasa ad aver contenuto l’invasione del mondo moderno. Pellegrini provenienti dal Kham, dall’Amdo e da terre ancora più lontane passano con disinvoltura accanto a monaci prostrati, fermandosi brevemente solo per guardare un pugnale adorno di pietre preziose in un negozio; monaci seduti a gambe incrociate sulle pietre del selciato recitano mantra davanti alla loro ciotola delle elemosine, mentre pattuglie armate provocano i locali marciando in senso antiorario. Nel complesso, lo scenario è così suggestivo che probabilmente desidererete di tornarci più volte. I cinesi hanno resistito alla tentazione di collocare una statua di Mao al centro della piazza, come è avvenuto in quasi tutti i capoluoghi di provincia.

Il percorso circolare del Barkhor è composto dal Barkhor East Street, Barkhor South Street, Barkhor West Street and Barkhor North Street e si sviluppa per circa 1.000 metri. La municipalità aveva preso l'impegno con l'UNESCO di preservare l'rea attorno al Jokhang, ma numerosi edifici sono stati abbattuti ed è stato edificato un grande complesso commerciale.

 

Lhasa, le sfide del cambiamento, testimonianza dagli anni " 80 al 2000

immagini dalla conferenza "Il sacco di Lhasa", organizzata da Italia Nostra Milano

Piazza del Barkhor

L’ampia Piazza del Barkhor, realizzata nel 1985, che in diverse occasioni è stata teatro di violenti scontri tra cinesi e tibetani; come nel 1998, quando fra le vittime vi fu anche una turista olandese che fu colpita alla spalla da un proiettile, e, più di recente, nel 2008. A destra, il Jokhang senza piazza da Journey to Lhasa and Central Tibet di Sarat Chandra Das, 1902

Oggi la piazza è ben sorvegliata, con metal detector, mezzi antisommossa, squadre di vigili del fuoco (per prevenire le autoimmolazioni) e telecamere sui tetti. Nonostante la presenza di molti turisti, il clima è quello di una città occupata.

Vicino all’ingresso del Jokhang un flusso ininterrotto di tibetani segue il circuito del Barkhor in senso orario. Date un’occhiata aidue panciuti sangkang di pietra situati di fronte al Jokhang: questi incensieri, insieme agli altri due che si trovano sul lato posteriore del tempio, segnano le estremità del circuito di pellegrinaggio.

Dietro i primi due sangkang vi sono due recinti collegati: quello settentrionale custodisce una stele su cui sono incise le clausole del trattato sino-tibetano dell’822 (ironia della sorte, l’iscrizione bilingue sancisce l’impegno delle due nazioni a rispettare i confini convenuti); quello meridionale ospita il ceppo di un antico salice chiamato ‘capelli di Jowo’, che la tradizione vuole sia stato piantato dalla moglie cinese di Songtsen Gampo, la principessa Wencheng. Ci sono poi altre due stele, una delle quali fu eretta nel 1793 in memoria delle vittime di un’epidemia di vaiolo; nel corso dei secoli i tibetani ne hanno prelevato molti frammenti, perché le attribuiscono la facoltà di prevenire le malattie.

Il Jokhang senza la piazza Procedere in senso orario...
Piazza Barkhor - Marco Vasta © 1986 Piazza Barkhor - Marco Vasta © 1998
 
  Piazza Barkhor Marco Vasta © 1998
 
  Sopra: Piazza Barkhor - The Economist
 
  Piazza Barkhor - Steli  M.Vasta © 1998

 

Circuito del Barkhor

Mentre seguite la corrente passando davanti a negozi che vendono fotografie a soggetto religioso, cappelli da cowboy in feltro e frullatori (per preparare il tè al burro di yak!), noterete un piccolo edificio sulla destra, un po’ discosto dalla via principale. Si tratta del Mani Lhakhang, una piccola cappella che custodisce un’enorme ruota di preghiera quasi sempre in movimento. Alla sua destra si apre il maestoso ingresso della vecchia prigione cittadina e dei sotterranei, detti Nangtse Shar. Se da questo punto procedete verso sud, dopo una decina di metri vedrete sulla destra l’ingresso del Jampa Lhakhang, chiamato anche Jamkhang o Tempio dell’Acqua Santa. Al piano terra di questo tempietto si trovano una colossale statua di Miwang Jampa, il Buddha del futuro, affiancata da file di divinità tutelari, e la cella di meditazione del fondatore della cappella.

I pellegrini salgono al piano superiore per essere benedetti con uno spruzzo di acqua santa e il tocco di un sacro dorje (oggetto rituale che rappresenta un fulmine).

Proseguite lungo il vicolo seguendo le ruote di preghiera, quindi varcate il portale che immette nell’antico Monastero di Meru Nyingba.. Piccolo ma molto attivo, questo monastero è un vero gioiello, sempre gremito di tibetani che sgranano rosari o fanno girare lentamente le ruote di preghiera cantando sottovoce. La cappella è amministrata dal Monastero di Nechung, cosa che spiega le numerose immagini dell’omonimo oracolo visibili all’interno. Il complesso, come il vicino Jokhang, risale al VII secolo, benché gran parte di ciò che si vede oggi sia stata ricostruita in tempi recenti.

Sul lato occidentale del cortile, dopo aver salito gli stretti scalini, si arriva alla piccola Gongkar Chöde (cartina p48), una cappella appartenente alla scuola sakyapa. Al di sotto vi è lo Zhambhala Lhakhang, un tempio che ospita al centro una statua di Marmedze (Dipamkara), il Buddha del passato; all’interno si dipana un piccolo circuito di pellegrinaggio. Da qui potrete ritornare verso nord oppure dirigervi a est per proseguire lungo il circuito del Barkhor.

Nella parte orientale del circuito ci sono più negozi e e persino un paio di piccoli empori specializzati in turchesi. Nell’angolo sudorientale vi sono un reliquiario, incassato in una nicchia nel muro, e un darchen (palo con bandiere di preghiera), che segna il punto in cui, nel 1409, Tsongkhapa piantò il suo bastone da passeggio.

Nella parte meridionale del circuito s’incontra la Sala in memoria di Gendun Choephel (www.gdqpzhx.com), un museo piuttosto noioso su un personaggio interessante. Versatile e anticonformista, Choephel (1903-51) fu monaco, poeta, traduttore, scienziato, scrittore di viaggi, pittore, linguista, medico, sessuologo e studioso di sanscrito. Il museo ha un’impostazione alquanto dogmatica, e forse vi troverete a strabuzzare gli occhi leggendo i riferimenti al ‘sistema di servitù feudale di stampo cesaropapista’.

La piazza a sud del Jokhang, oggi desolata, un tempo ospitava le lezioni del Dalai Lama impartite in occasione della festa del Mönlam. Il circuito infine piega a nord, nei pressi di una stazione di polizia, per tornare in Piazza del Barkhor.

   

Barkhor - viaggio 1986

Barkhor - viaggio 1998

Barkhor Marco Vasta © 1986 Barkhor Marco Vasta © 1998
Barkhor Marco Vasta © 1986 Barkhor Marco Vasta © 1998
Barkhor Marco Vasta © 1986 Barkhor Marco Vasta © 1998
Barkhor Marco Vasta © 1986 Barkhor Marco Vasta © 1998
Barkhor Marco Vasta © 1986 Barkhor Marco Vasta © 1998
Barkhor Marco Vasta © 1986 Barkhor Marco Vasta © 1998
Barkhor Marco Vasta © 1986 Barkhor Marco Vasta © 1998
Barkhor Marco Vasta © 1986 Barkhor Marco Vasta © 1998
 

2013 ristrutturazione del Barkhor e apertura Barkhor Shopping center

Immagini dalla conferenza "Il sacco di Lhasa" serata presso l'Angolo dell'Avventura - Roma

2013 ristrutturazione Barkhor 2013 ristrutturazione Barkhor 2013 ristrutturazione Barkhor
2013 ristrutturazione Barkhor 2013 ristrutturazione Barkhor Rendering Barkor Shopping Mall
     

Ultima modifica: 26/07/2024 23:31:31

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