Acholgah - Chitral - 4 agosto
Dalle case si ritorna ad est aggirando un largo costone fra alti tronchi in parte scortecciati e in e si prende la valle che punta a sud dopo duecento metri. Le cavità naturali dei tronchi sono cementati con malta lasciando solo un piccolo orifizio punto è il sistema più primitivo di alveare artificiale che abbiamo mai incontrato punto si intravede sopra di noi il passo a 2750 m punto la valle sale costante, ha un aspetto alpino con altri abeti ed un torrente ricoperto di aghi ed un terreno ricoperto di aghi di pino. Saliamo fino al passo ed incrociamo una più ampia mulattiera. I portatori si buttano a capofitto sulla scorciatoia mentre noi continuiamo e poi tiriamo accidenti perché sentierino e ripido e spacca ginocchia, Due ore per salire e due ore per scendere. La valle di Bumburet è la più ampia delle valli kalash. Il primo nucleo che incontriamo si chiama Batrik: una decina di case di kalash. Uomini vagliano il grano. Interessantissimo e assistere alle forme di saluto. Gli uomini con il triplo stringere di mano avambraccio spalla. Uomini e donne con baci reciproci sulla mano e sulla fronte. Scendiamo poi al più grosso insediamento che ha il nome Burungram (1950m) ed al Peace Hotel troviamo la nostra jeep pronta in attesa. In mattinata hanno trasportato Hindukush Karakorum di Chiara a Rumbur e sono tornate. Ci spargiamo per il villaggio in attesa di un pasto che richiede una lunghissima preparazione (un'ora e mezza) mentre Umberto B. tranquillo attende il suo pollo nel senso che aspetta che tre uomini riescano a prenderlo dopo averlo rincorso per i campi. Qualcuno sarà anche al villaggio di Krakal, da dove parte il sentiero per il passo Chumboh che porta a Bischala nella valle di Birir, e poi a Brumbutu dove sono insediate il maggior numero di famiglia kalash di tutto il Chitral, ma che è anche il più visitatoi. Qui a Burungram - incontriamo quattro stranieri e alcuni pakistani, sono dei maestri, altri sono anch'essi turisti come noi. Verso le due, timorosi di un temporale in arrivo partiamo. Le precipitazioni devono essere così torrenziali da essere pericolosissime. Anche ieri, i portatori dicevano che in caso di pioggia bisognava rimanere lontani dal guado. Così ora l'autista vuole vedere dove si sfoga il temporale. Se ci fosse pericolo di pioggia - e quindi di frana - non partirà. Ma tutto va bene, dopo alcune peripezie come il grippaggio di un semiasse, riusciamo a tornare a Chitral. Tentiamo di passare anche da ponte Ayun, ma i piloni non sono ancora assestati punto. Mi presento al sovraintendente che se ne sta in un giardino tranquillamente disteso sul letto di corda. Ho la netta impressione che non parli inglese cosa strana perché pensavo fosse un ingegnere. Gorse è solo un'autorità civile. Ad ogni modo ci nega il permesso motivandolo tecnicamente d'altronde, prima di attraversare il ponte, sarebbe dovuto intervenire una ruspa per spostare i cumuli di ghiaia in mezzo alla strada. Ripassiamo così per la strada dell'andata che ormai ben conosciamo e facciamo un incontro indicativo di uno scampato pericolo: sulla strada polverosa arranca il bus del GTS: è Fiat a 30 posti ma credo che trasporti più di sessanta persone. Chi non ha trovato posto in piedi in corridoio è appeso fuori dalla porta o se ne sta sul tetto. Dodici ore su quel mezzo devono essere un'esperienza allucinante! Ce ne torniamo tranquilli al Tirich Mir Hotel. Mentre il Karakorum di Chiara va ad infiammare le papille al ristorante afghano, noi mangiamo la nostra italianissima razione di spaghetti al ragù ed approntiamo gli zaii per il grande reddito mattina. Sarà una prima tutta nostra e speriamo che non diventi una nostra ultima corsa in jeep.
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