Turbutu - Aliabad - 13 agosto
Sotto la punta del pianoro c'è il ponte che porta sulla sinistra della vallata. I primi chilometri sono fra sassi, sabbia e roccia. Poi la valle si allarga e tutto diventa un campo verde. Cominciamo già a scorgere lo sbocco della valle dell'Hunza. Attraversiamo numerosi insediamenti. Acquedotti, Ponticelli, lavatoi pubblici, bambini che giocano. Giovanni compra una piccola ascia. Riattraversiamo il fiume, ancora 3 km ed eccoci a Chalt. Posto scomodissimo per terminare un trek! Potrei dirvi tante cose, ma le trovate scritte sulle guide. Ricordo solo i bimbi che cavalcano gli asinelli mostrando le mazze da polo, il villaggetto polveroso, la centralina elettrica al di là del ponte che attraversa il torrente che scende da Chaprot, una valletta laterale che dicono bella per i suoi frutteti. La casa della NAWO è una costruzione ospitale con i cessi otturati. Sul librone figura che hanno sostato qui i padovani di Billoro. Non c'è il telefono e bisogna andare al Post Office e chiamare le jeep da Gilgit. Sfortunatamente oggi non sono ancora arrivati pulmini od altro per poter raggiungere la Karakorum Highway e fare autostop, così dipendiamo dal PTDC. Nel cortile c'è un po’ di ombra e il tempo scorre lentissimo. Come variante due del gruppo scoprono di avere le pulci forse le hanno presa entrando in qualche capanna. Ci raggiungono i Perino e Lina che a Bar si sono imbattuti in una festa di nozze e così sono gli unici ad aver visto qualcosa di originale. Ma Franco c'era già riuscito l'anno scorso a Lobuche, dove era rimasto solo mentre noi andavamo al campo base Everest. Franco racconta che al villaggio, alcuni uomini raccontavano di ricordare una spedizione italiana. Che sia la Uttar Yoma 73 del CAI Roma al cui seguito c'era il viaggio di quello che divenne il nucleo fondante, il lievito madre di Avventure nel Mondo? Franco racconta che lo spos danzava all'interno del cerchio di uomini ed ognunio degli astanti infilava un rotolino di rupie nel risvolto del basco pashtun. L'equivalente della cravatta tagliata nei nostri matrimoni. Il trek che è finito. Paghiamo i portatori e la guida integrando la Cassa di Vittorio con quella Comune. Ora, senza responsabilità della cassa e con il trek ormai alle spalle, mi sento leggero e sollevato. E finalmente vacanza! Ecco arrivano alla fine due jeep del PTDC. Fortunatamente si riesce a starci tutti, sedendoci sui bagagli. Da Chalt si raggiunge il ponte che sta più a monte, un altro è a valle. Il custode ci apre la sbarra, consegniamo la lista e poi: via! Finalmente su asfalto lungo la Karakorum Highway. L'appuntamento è a Karimabad. Saliamo verso nord lungo l'autostrada con calma, fermandoci talvolta per fotografare il Rakaposhi o perché qualche frana ha interrotto la strada e bisogna rallentare, passando su cumuli di terra. Dopo Chalt la valle dell'Indo ha una stretta ansa e la valle prende una direzione est-ovest. La KKH qui entra nel vecchio regno di Nagar. Si toccano successivamente le oasi di Sikanderabad (lett.: città di Alessandro), Nilt, Thol, Gulmit (santuario di un pir), Yal e Pisan. Numerose vallette laterali scendono dritte dal Rakaposhi la cui vetta ogni tanto è visibile dalla KKH. Con i suoi 7788 metri è la montagna più meridionale di tutto il Karakorum ed è sicuramente la più facile da fotografare. Sempre innevato è un insieme di creste e di seracchi, pareti rocciose che si arrossano al tramonto. Dopo la curva di Chalt, la miglior vista si ha al chilometro 82 quando si passa sotto la valle che scende direttamente dalla sua cascata di ghiaccio. Nei pressi del ponte il Rakaposhi View offre una piacevole sosta. Chi non ha la possibilità di inoltrarsi nelle valli fra la gente, al Km 77 può fermarsi a visitare una serie di sette mulini ad acqua con macina orizzontale. L'acqua, incanalata in un lungo tronco scavato, aziona le pale poste sotto la macina secondo un uso in voga in tutta la catena himalayana. Un contenitore appeso sopra la ruota fornisce i chicchi lasciandoli cadere lentamente con un piccolo meccanismo azionato dalla stessa macina. L'oasi successiva è Minapin (possibilità di trekking risalendo il ghiaccio). Poi la KKH valica l'Indo e si porta sulla destra orografica. La valle si stringe, la KKH corre sotto bastionate di roccia che scaricano sassi e terra dopo le piogge. Si passa per Hindi, poi la vallata si riapre, la strada risale una valletta laterale, attraversa su un nuovo ponte il solco vallivo del ghiacciaio Mutsutsil che divide in due l'oasi di Hassan Abad, torna verso l'Indo attraversando un pendio franoso e si entra fra le fattorie degli Hunzakut ad Alliabad. La splendida e verde conca della valle degli Hunzakut è percorsa da due strade. La KKH sul fondovalle posto ad occidente del fiume Hunza e la nuova strada sterrata che inizia prima di entrare in Aliabbad, presso il ponte che valica il fiume per condurre dai Nagari che vivono nella parte orientale della vallata. Risalendo la KKH ad una curva improvvisa ci si affaccia sulla vallata e già in distanza si scorge il castello del Mir. La KKH incontra a destra il bivio per il ponte verso Nagar, poi imbocca una vallata laterale attraversa un torrente, ritorna verso il fiume e, dopo un'ampia curva si porta sul pianoro alluvionale. A sinistra si diparte la strada sterrata per Karimabad che segue in alto ed in costa tutta la valle. Si entra così in Alliabad, la prima delle frazioni che compongono la vallata, incontrando a destra il negozio della Pakistan Mineral Development Corporation, mentre a sinistra avete il posto di controllo della polizia, il Prince Hotel, una serie di negozietti ed il distributore. Il centro islamico patrocinato dall'Aga Khan è riconoscibile per l'entrata dipinta in verde e sormontata da torrette, proseguendo di alcuni chilometri si giunge alle case di Ganesh con la moschea, al posto di blocco ed al ponte sull'Hunza. Se non si è percorsa la strada sterrata in alto, a Ganesh si possono prendere delle jeep che percorrono la ripida salita fino a Karimabad. A Karimabad, all'Hunza hotel non c'è posto. La situazione è un po' confusa: il Karakorum 1 è all'Hotel Rakaposhi, non ci sono stanze e potremmo dormire sul tetto. Contemporaneamente c'è anche un gruppo Indus, incazzato perché crede ancora che qui funzionino le prenotazioni e che Chiara abbia soffiato loro il posto. Volano parolacce. Ad Aliabad (Alīābād; Burushaski/Urdu: علی آباد) l'albergo di Asghar, la guida del HK 1, è pieno. Scendiamo al PTDC, vorremmo piantare le nostre tende, ma il terreno è irrigato e per il momento è un pantano. Lascio guardare per bene alla gente della mia jeep perché immagino che sarà dura trovare una soluzione e non voglio prendere da solo decisioni impopolari. Risaliamo ad un altro albergo dove ci sono due stanzette ed un giardinetto. In cambio il ***** è un ***** e scopro che l'albergo di Asghar, il quale per vergogna ci aveva detto che era pieno in quanto, essendo un albergo Eastern style, non è certo confortevole per i nostri gusti… Ed è un peccato perché con un po' di cura sarebbe un bellissimo posto. Questa situazione di ripiego lascia un po' di malumore, specie nella seconda jeep. Mi dispiace molto, ma la capacità ricettiva di Hunza è veramente limitata, oltre al fatto che siamo circa cinquanta italiani di Avventure nel mondo. Mentre la gente sta in attesa del pranzo o va in giro per le pochissime bottegucce, vado a piedi dalla polizia. Ci sono pochissimi telefoni nella valle e da questo posto di blocco si può comunicare con la frazione di Karimabad. Passo un'oretta chiacchierare con il capo della polizia che fortunatamente parla inglese. Siamo sotto una veranda, controllando chi passa ed ascolto tante storie interessanti. Il suo modo di esprimersi talvolta mi fa sorridere e mi incuriosisce la che ;curiosità sugli italiani è fonte di aneddoti interessanti. È simpatico spiegargli che non esistono due razze italiane gli atei e i cattolici, situazione di cui si era convinto quando qualche turista gli aveva raccontato di non andare in chiesa. Riferisce di un incidente a due escursionisti, ma non mi risulta che siano alcuno di Avventure nel Mondo, del resto non sempre facile è ricostruire il senso dei suoi discorsi. Telefono al PTDC e fisso così due jeep per il giro di domani su tutta la vallata.
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