3.270 - Shoni ovest - 10 agosto
È stata una giornata balorda. Quando leviamo il campo, ci raggiunge il Karakorum 1, saluti e chiacchiere e poi guadiamo il torrente, Proseguiamo sulla sinistra orografica . I cielo è grigio. Passiamo un tratto sassoso, poi ci portiamo su un ripiano erboso dove incontriamo Spennacchino, soprannome affibbiato da Nicola al primario e ed alcuni pastori. Rrimango in coda e passo un buscopan. Ad ogni modo dovrebbe farcela perché mi sembra la stessa difficoltà di Silvio nel varcare il Toro ng-la l'anno scorso quando eravamo in Nepal. Con una buona dormita e un brodino passerà.
Si attraversa un altro ghiaione all'estremità dell'erba e poi si passa su una macchia di neve. A questo punto mi accorgo che siamo su una morena di sassi e ghiaccio. Praticamente ci innalziamo compiendo un'ampia curva. Il fatto più allucinante è incontrare un paio di capanne fra i sassi in prossimità del ghiacciaio. Le ragazze e i pastorelli non sembrano gradire le attenzioni delle nostre macchine fotografiche e vorranno un paio di sassi. Abbandoniamo la petraia ed il sentiero. Proseguendo si va verso il passo Naltar che porta a Pakkor, che si trova in una valletta latrale sulla sinistra orografica del percorso fatto in jeep da Gupis a Gilgit. Il pendio ora strappa e cominciamo ad ansimare un po’. Passiamo un paio di capanne o meglio di sceltar-rifugi pe pastori nel termine inglese usato dalla guida. Ci fermiamo a quota 3800. I più veloci hanno impiegato due ore ad arrivare, i più lenti circa 03h3’0; viene giù una pioggerellina rada e fastidiosa. Ci rifugiamo in una capanna. È uno squallore indescrivibile. Bisogna porre attenzione a non urtare il palo al centro di sostegno perché si provoca la caduta di terriccio dalla volta. Le due guide Asghar per Chiara e Wali per me, chiedono di fermarsi. Poiché dai nostri conti il campo è 400 m più in alto ed è presto, noi vorremmo proseguire, ma i portatori rifiutano. Al limite possono porre il campo appena più in alto di alcune centinaia di metri. Dal basso noi vediamo solo una cresta che scende coprendo il passo alla nostra vista. Tergiversiamo un po’, poi alcuni salgono con due tende, cercheranno di dormire sotto il passo. I campi dei due gruppi sono separati fisicamente da un rigagnolo. I portatori si costruiscono le loro tende usando i loro bastono e dei teli che si sono portati. Mentre gironzolo, inizia la questione capre. I portatori vogliono mezza capra. Sono disposto a dare solo l'equivalente del costo del cibo pattuito per due giorni. Non voglio fare altro prima di affrontare il passo. L'accordo con importatori dell'altro gruppo non viene trovato… mi faccio così la fama di duro di cuore. Le nuvole vanno e vengono. Davanti a noi si scopre per un attimo una di circa 6000 m. Alla sua sinistra vediamo il colle di Naltar che porta a Pakkor ed a Chatorkand. Sulla mappa U502, figura una vetta senza nome di 19.558 piedi (5.961m) poco a nord di una vetta (?) indicata come Kaltar, ma sulla mappa aerea 1501 (successiva e che non abbiamo) nella stessa posizione compare Hari-I-Shani di 19.316 piedi (5.887m). Cala la sera, scatto una foto ed anche Stefano A. che mi è accanto coglie il momento con un portatore controluce (1). Giovanni Antonietta girano per l'alpeggio ed entrano in alcune case. Al calar del sole rapidamente ogni chiacchiera si spegne e ci rifugiamo nelle tende. Pensierino della sera: Schoni (p. Scioni) è un toponimo che abbraccia tutta questa parte alta della vallata.
(1) Qualche anno dopo l'immagine comparirà in nel volume fotografico Free K2 di Mountain Wilderness.
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